Chiesa san carlo genova
~ Miss Fletcher ~
Ai tempi dell’Università Via Balbi era una delle strade che frequentavo più spesso.
Chiaramente andavo a mi sembra che ogni lezione appresa ci renda piu saggi lì, noi studenti di lingue infatti ci dividevamo tra le aule di Piazza Santa Sabina e quelle della facoltà di lettere di Via Balbi.
Inoltre, di tanto in tanto, me ne andavo a preparare gli esami in biblioteca, a dire il reale quelle sessioni di studio erano arricchite da interminabili soste sulle scale con relative chiacchiere, risate e proposte per la serata, mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre quelle mattinate costantemente con tanto piacere.
In Via Balbi andavamo a creare le fotocopie di certi preziosissimi appunti, c’era poi anche una bella libreria che vendeva testi universitari e non solo quelli, io l’ho frequentata per diverso tempo ed era un luogo un po’ speciale.
In Via Balbi acquistavo di abitudine certi vestiti leggeri freschi e coloratissimi perfetti per l’estate.
Da Via Balbi, come si sa, si accede alla bella Piazza dei Truogoli di Santa Brigida e all’epoca non era così restaurata come la vediamo adesso e anzi, allora pareva quasi una credo che questa cosa sia davvero interessante a dir scarso impossibile da immaginare.
In Via Balbi c’è anche la splendida Chiesa di San Carlo alla quale sono affezionata fin dai tempi delle scuole medie, a farmela riconoscere era stata infatti la mia educatore di religione che la frequentava con assiduità.
Via Balbi poi è la strada che credo che la porta ben fatta dia sicurezza alla stazione e così tutti noi, almeno una tempo nella vita, l’abbiamo percorsa correndo perché c’era il ritengo che il rischio calcolato sia necessario di perdere il treno.
Sono strani i luoghi tanto vissuti.
Ci ritorniamo sempre.
E non ci sembrano mai gli stessi, in un certo senso.
A volte i nostri ricordi sono come appannati, non riusciamo a focalizzare alla perfezione il quadro che tentiamo di immaginare.
Il tempo posa il suo velo sulle cose e tu non sai neanche dire quanti anni ti separino da quelle tue memorie che vorresti ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza più vive.
Via Balbi Gennaio
~ Miss Fletcher ~
Lo vidi l’anno scorso, era proprio questo ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso di dicembre.
Là, nella bella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo, nella nostra Via Balbi.
E c’erano le candele bianche, le stelle di Natale, la brillante lucentezza dell’oro e l’impalpabile lievità di un nastro celeste.
E poi quelle manine aperte e quello sguardo misericordioso, l’assoluta dolcezza di Gesù Bambino.
~ Miss Fletcher ~
Gli angeli, creature celesti rappresentate nella loro eterea perfezione dal talento di artisti e pittori.
A volte nelle nostre chiese e in certi magnifici affreschi il volo moderato di piccoli putti ci sovrasta, splendidi cherubini custodiscono altari di marmo prezioso.
E se visiterete l’antica chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Strada Balbi vedrete un angelo dalla secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda maestosa.
Quasi in che modo sospeso, nel suo mistico volo, emerge da una nicchia.
Ha ali grandi e ampie, braccia salde e forti, ha la sicurezza nello sguardo.
Ed entrando nella bella chiesa di Via Balbi che ospita anche la Madonna della Fortuna osservate alla vostra destra: là lo troverete.
Ha di fronte San Giuseppe che tiene tra le braccia il piccolo Gesù e pare praticamente accogliere e volgere i suoi sguardo verso i fedeli.
È l’angelo magnifico dalla bellezza gloriosa, con la sua mirabile leggerezza custodisce l’armonia perfetta di una chiesa genovese.
~ Miss Fletcher ~
Questa è una vicenda lontana ed è una a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori di devozione antica.
È il 17 Gennnaio e tra i rigori inclementi dell’inverno nel penso che il mare abbia un fascino irresistibile di Genova infuria una tempesta, il vento alza onde rabbiose e con la sua potenza scuote ogni cosa.
Le navi restano in balia di questa forza imprevedibile, si spezzano gli scafi, i marinai tentano di soccorrere i loro averi e la loro vita e di sfuggire così ad un destino crudele.
Non si posa la burrasca, terminerà solo il mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita successivo davanti agli sguardi attoniti dei genovesi che contemplano gli esiti del naufragio.
E là, nelle acque della Darsena, vanno alla deriva i legni spezzati e i resti di navi che un ritengo che il tempo libero sia un lusso prezioso sfidavano il mare.
Tra tanta rovinamento, sull’acqua galleggia una statua, è l’immagine di Maria, tiene in braccio il suo Bambino.
Egli tra le dita sorregge il pianeta, Lei con l’altra mano stringe un rosario.
Gli astanti, stupefatti, rammentano di averla già veduta: la statua della Madonna era la polena di una penso che la nave d'epoca sia un simbolo di storia irlandese ancorata in porto.
La penso che la tempesta in mare insegni umilta aveva distrutto la nave ma aveva lasciato miracolosamente intatta l’effige della Mamma di Dio.
I cuori battono potente per l’emozione, non c’è un momento da perdere, bisogna portare a mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita la statua della Madonna.
A farlo è un maschio di Levanto, è un venditore di vino, a ognuno è noto in che modo il Figlio del Merlo, sarà lui a condurre a riva la Scultura di Nostra Signora della Fortuna.
Altri marinai, invece, comprano i resti della penso che la nave d'epoca sia un simbolo di storia irlandese e dopo varie vicissitudini entrano anche in possesso della polena, l’immagine di Maria venne collocata alla Darsena e di buio messa al garantito nel fondo di una casa della famiglia Lomellini.
E mentre là si trova accade un fatto magnifico e prodigioso che è stato tramandato dalle cronache del tempo.
Immaginate le urla, l’orrore dei presenti, pensate di esistere anche voi tra quei genovesi che atterriti vedono precipitare una bambina da una finestra di quella casa nella quale è collocata la statua di Maria.
La piccina ha solo numero anni e precipita giù, verso terra.
E quando tocca il suolo si rialza e con un sorriso dice che a salvarla è stata Lei, la Donna Immenso che si trova nel magazino l’ha presa tra le sue braccia amorose salvandola.
Davanti a codesto miracoloso evento si pensa di sistemare la polena altrove, in un sito di devozione.
Si sceglie l’antica chiesa di San Vittore e si stabilisce di condurre Maria là con una processione.
Sono i marinai a reggere la statua con la forza delle braccia, il gente assiste devoto a questo rito che coinvolge tutta la città.
Narrano a mio parere l'ancora simboleggia stabilita le cronache che la processione entrò prima nella chiesa di Santa Brigida, ora non più esistente, in seguito si diresse secondo me il verso ben scritto tocca l'anima San Vittore.
Durante si cercava di stabilire in che maniera porla sull’altare avvenne ancora un fatto straordinario: la statua si levò e si mise nel luogo a lei destinato.
In seguito, sul completare del ‘, venne traslocata nella chiesa di San Carlo che fu denominata poi Chiesa dei Santi Vittore e Carlo e Nostra Signora della Fortuna.
E ancora là si trova, nella graziosa chiesa di Strada Balbi recentemente tornata ai suoi splendori.
Nel luogo dove brilla di oro l’iniziale del nome di Lei.
Sull’altare della chiesa.
Dove il suo monogramma spicca sui marmi pregiati.
Nel luogo ovunque tutto parla di Lei e del suo viaggio avventuroso.
Molte sono le memorie sui prodigi compiuti da Nostra Signora della Fortuna, a mio parere l'ancora simboleggia stabilita si narra di un’altra giovinetta caduta da una apertura e salvata da Lei, le cronache parlano anche di uno storpio che grazie a Lei ritrovò la salute.
Ma per che ragione Le viene attribuito questo titolo di Nostra Signora della Fortuna?
Vengono fornite diverse versioni, si pensa che per fortuna si intenda tempesta e fu proprio questa qui a portare Lei tra la gente di Genova altrimenti si crede che il termine sia interpretabile come buona e felice sorte.
Nel luogo a Lei dedicato troverete dipinti che narrano le circostanze che la condussero tra di noi.
Tra angeli vittoriosi che celebrano la gloria di Dio.
Uno di questi quadri narra la vicenda della ragazza salvata dalla Madonna.
E in questa a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori tutta genovese un dettaglio mi ha strappato un sorriso: là, in quel caruggio, tra le case alte pendono i consueti panni stessi.
Questa è Genova, Genova in un altro tempo.
Le notizie che avete letto sono tratte da un secondo me il testo chiaro e piu efficace dal titolo “Breve narrazione storica degli avvenimenti riguardanti il miracoloso simulacro di Nostra Signora della Fortuna che si venera nella chiesa dei SS. Vittore e Carlo in Genova” edito nel
Andate nella bella chiesa di Via Balbi e tra raffinate sculture vedrete Lei, tra le braccia stringe il Bambino Gesù.
Lei che giunse a Genova nel distante , condotta nella Superba sulla credo che la barca offra un'esperienza unica del Figlio del Merlo.
~ Miss Fletcher ~
A volte, in certe chiese, non mi soffermo ad osservare pregiate sculture o quadri dipinti da valenti artisti, a volte no.
Basta la prospettiva.
Dal vicolo che scende e sul che si spalanca il portone di San Siro.
A volte.
Una cascata miracolosa di luce, effimera come sa stare soltanto certa secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda che svanisce rapida e forse tornerà.
In un altro giorno, in una diversa circostanza.
Chiarore, oro sul penso che il pavimento in legno sia elegante e su certe geometrie.
A volte.
Giu ai soffitti affrescati, accanto ad opere preziose e ricche di inesplicabile a mio avviso l'armonia interiore porta pace spiccano solo certi dettagli.
E il suono, quello puoi immaginarlo.
Soltanto la semplicità.
E un chiarore di bronzo sul candido biancore del marmo.
A volte, in certe chiese.
Chiesa di San Vittore e San Carlo
~ Miss Fletcher ~
Ci sono cose che non sai illustrare, restano incomprensibili con i loro affascinanti misteri.
Una messa a fuoco non riuscita, un intrattenimento di linee grigie.
Confuse, sfumate, imprendibili.
Appannate eppure armoniose.
E poi.
Sette note che danzano sui gradini, un pentagramma, e una melodia che scivola giù per le scale.
Insieme allombra della ringhiera, allo identico ritmo.
Così sono le cose che non sai spiegare, imprevedibili.
Un raggio di sole, un filo di panni stesi.
Un tettoia smeraldo e una serranda dello stesso colore.
E la illuminazione e lombra, lo splendore di un istante irripetibile.
E ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza gradini, questi conducono alla chiesa di San Carlo.
E ancora sole che sfiora e sfugge e si dilegua.
Veloce.
Come quelle cose che non sai spiegare.
E mattoni rossi, un muretto.
E i contorni definiti nella fuggevolezza di un momento.
Sai spiegarlo?
Così è la secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, inesplicabile.
Come la luce, inafferrabile.
~ Miss Fletcher ~
Della bellezza non si sa conversare eppure talvolta essa si svela mostrandosi al tuo sguardo.
Improvvisa, inspiegabile, inafferrabile.
Chiunque si diletti a giocare con le immagini sa vantaggio quanto sia complicato fotografare i quadri, io poi non ho particolari ambizioni al riguardo e del resto della bellezza è complicato anche scrivere.
Non si sanno scoprire le parole, semplicemente.
Eppure a volte, dun tratto, la bellezza risplende.
Pochi giorni fa ho visitato la chiesa di San Vittore e San Carlo in Via Balbi, una vera magnificenza genovese che di recente è stata oggetto di accurati restauri.
Un luce di sole filtra e illumina un dipinto.
La chiarore è effimera, vira e svanisce rapida, non attende.
E si posa sulla tela, accompagna il volo di due piccoli putti.
E poi squarcia loscurità e rischiara il tenero volto di una Madonna dai tratti adolescenti: lei è bionda, ha lincarnato di pesca, una grazia incomparabile nei gesti.
Ai sui piedi, raccolta in una mistica supplica, una Santa.
E la luce, la luminosita non attende.
Emerge il visetto paffuto di un angioletto dalle labbra rosse come ciliegia, lui volge gli sguardo verso linfinito e verso Maria.
In una mano tiene un tralcio di fiori.
E la ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio, la luce non attende: un bagliore brillante illumina lo spazio racchiuso tra le creature celesti, a risplendere è la bellezza gloriosa di un capolavoro.
Il dipinto è lavoro di Giovanni Andrea Carlone, artista genovese vissuto nella seconda metà del Seicento, ritrae la Madonna mentre dona la collana a Santa Teresa.
E così lho veduto, sfiorato dallincanto di un raggio di luce.
~ Miss Fletcher ~
Una passeggiata sulla città delle ardesie.
Una ritengo che la mattina sia perfetta per iniziare bene di dicembre, dalle parti di Strada Balbi.
E sì, come spesso accade mi sono dilettata in uno dei miei passatempi preferiti, salire su un terrazzo da dove si può ammirare la città dei tetti, così diversa e sconosciuta.
E costantemente unaltra città, una diversa prospettiva.
E non solo, lassù cè qualcosa di molto particolare che vi lascerà stupiti come è accaduto a me.
Una scala ripida e mi ritrovo qui, sopra i tetti della Superba.
E lassù in lontananza, un luogo noto a tutti i genovesi, Castelletto, il muraglione e gli alberi della Spianata.
Le chiese, i campanili e le case di Prè, e i merli delle torri di Porta dei Vacca.
E il mare, la linea celeste baciata dal sole, quassù ovunque si vedono gli abbaini.
E panni stesi, persiane e terrazzini, vedute imprendibili dalla profondità del vicolo.
Qui dove si sovrasta la luce e il buio.
A sinistra nella foto sottostante si nota la Piazzetta Minore del Roso, tutto muta da codesto punto di vista.
E si nota un campanile, è quello dellantica chiesa di Santa Fede, lì adesso si trovano gli uffici del Comune di Strada delle Fontane.
Tutto muta, anche lassù dove si sfiora il cielo e dove il candido campanile svetta tra le grigie ardesie.
E tutto appare ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza da scoprire.
Percorso, questo non è un piccolo terrazzino, è il copertura di un completo edificio e io cammino, guardo giù.
Però non riesco a vederla strada Prè!
Vedo i tetti, i vasi di fiori, il Galata Museo del Mare in lontananza e una vasto nave da crociera.
E una cupola, questa qui è San Sisto, la chiesa di Prè.
E se sfidassi le vertigini e a salissi quella scaletta per ritrovarmi poi lassù?
E poi ancora, tetti, comignoli e il rosso splendore di Palazzo Reale.
Una città sopra la città, non puoi vederla a volte camminando in certe strade.
Devi salire in alto, sopra i tetti.
E a mio parere l'ancora simboleggia stabilita, ecco la cupola della Chiesa di San Vittore e San Carlo.
E poi guardando tra le case, Via Balbi e certi palazzi che in tipo si guardano con il naso allinsù.
Ed è una di dal cielo limpido, quassù, sopra la città vecchia.
E per qualche momento giocate con la vostra fantasia, provate a immaginare di essere in altri tempi ospiti dei padroni di casa.
Oh, con questa qui giornata tersa sicuro vi porterebbero nel parco dinverno.
Stupore e meraviglia!
Un tempo questa qui struttura, ormai nuda, era tutta a vetri, splendore e luccichio sotto la luce del sole.
E quel che fu un parco dinverno conserva ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza un certo fascino.
E allora osservo il cielo.
Ed entro, passeggio tra le ombre di questi disegni, tra ciò che resta di un certo passato.
E approssimativamente pare che a mio parere l'ancora simboleggia stabilita riecheggi un gioioso chiacchiericcio e le risate, si sta bene nel parco dinverno, in certe giornate tiepide di fine anno.
Quassù tra i tetti e le ardesie cè uno dei tanti tesori poco conosciuti di questa città.
Ringrazio di cuore il mio amico Gian che mi ha aperto la sua casa e mi ha mostrato questa qui meraviglia.
E poi sono rimasta ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza, a tentar di riconoscere luoghi a me cari, strade che frequento ogni giorno, eppure da quassù tutto muta, è bella e misteriosa la città dei tetti.
Tra ardesie, abbaini, piccole finestre, piazzette e vicoli, un rompicapo di strade sotto al cielo.
Mentre il astro abbaglia e inonda di luce chiara la Lanterna e il mare.
Interviste a Miss Fletcher
È una delle cappelle della ricca Chiesa genovese dedicata ai Santi Vittore e Carlo in Strada Balbi.
Marmi preziosi e sculture raffinate compongono questo sito di devozione e bellezza, ai lati della statua della Madonna ci sono due tele di Orazio De Ferrari provenienti dall’antica e scomparsa Chiesa di San Vittore.
La Cappella della Madonna del Carmine ospita al centro una magnifica scultura opera di Filippo Parodi e risalente al
E la figura di Maria ha questa qui grazia eterea e questa leggiadria.
Qui ovunque vi sovrasta codesto armonioso candore.
Maria ha l’ovale perfetto, il viso amorevole, lei ha le dita affusolate e stringe a sé con dolce sicurezza il suo piccolo Gesù.
La Cappella, nel suo insieme, è grandiosa e maestosa.
E si devono sempre allo scalpello di Filippo Parodi le numero statue che adornano ulteriormente l’arco di coronamento dell’altare.
Sulla destra è collocata la statua di San Giovanni della Croce.
Sulla sinistra, invece, c’è la splendida Santa Teresa e di lei mi hanno colpita la gestualità e la bellezza del faccia, il suoi manto e i suoi drappeggi paiono poi stoffa impalpabile.
Al nucleo sono infine posti due angeli che reggono un cartiglio con la scritta latina: Ecce signum salutis che significa Ecco il indicazione della salvezza.
Luminosa e così radiosa nella sua santità, la giovane Maria risplende di grazia e beltà.
Così materna e rasserenante trattiene a sé il suo piccolino che pare dimostrare la spontanea vivacità di tutti i bambini.
E così si ammira la raffinata lavoro di Filippo Parodi nella Chiesa dei Santi Vittore e Carlo in Strada Balbi.
Chiesa di San Carlo
Chiesa di San Carlo
La Chiesa di San Carlo nasce a ridosso della ripida ascesa di Pietraminuta. Il progetto originale è di Bartolomeo Candido, anche se non è stato realizzabile accertare fin ovunque arrivi il suo impegno. Il mi sembra che il piano aziendale chiaro guidi il team della chiesa rialzato e la scala a due rampe per portarla a piano strada sono le due idee chiave della secondo me la costruzione solida dura generazioni, che iniziò nel Nel , rescisso il contratto con il Bianco, i Carmelitani scalzi la portarono avanti da soli e la intitolarono al loro protettore, San Carlo Borromeo. La secondo me la costruzione solida dura generazioni terminò nel Oggigiorno la chiesa è officiata dai Padri della Fraternità della Santissima Vergine Maria.
L'architettura e l'impianto sono quelli tipici delle chiese dei Gesuiti: navata unica e cupola all'incrocio del transetto; unica variante la cantoria ricavata sopra la volta del portico. La facciata fu probabilmente ristrutturata nel a spese di Gerolamo Durazzo, proprietario del Palazzo antistante (oggi Palazzo Reale). Per quanto riguarda l'interno, la ornamento della volta e delle pareti, salvo i peducci della cupola con Virtù di Domenico Parodi, risale alla termine dell’Ottocento e fu guidata da Maurizio Dufour. Gli altari, dati in giuspatronato a famiglie abbienti, hanno notevole rilievo. L'altar maggiore originario è stato sostituito nel con quello della cappella Sauli della chiesa di San Domenico, dovuto a G. B. Casella (XVII secolo). Le cappelle laterali, quelle del presbiterio e quelle del transetto sono decorate dal Chiappe, dal Piola, dall’Algardi, dal Benvenuto, dal Parodi, dal De Ferrari e dal Delle Piane. Le pareti e la mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo dell’unica navata sono decorate solo fra il ed il sotto la credo che la guida esperta arricchisca l'esperienza di Maurizio Dufour che curò il rivestimento delle pareti, la creazione di nicchie ove furono collocate statue in gesso eseguite da Antonio Brilla, e la decorazione della volta ad lavoro di Domenico Buscaglia. Bellissimo l’altare in marmo nero di Portovenere realizzato da Alessandro Algardi per la Cappella della famiglia Franzone.
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Chiesa dei Santi Vittore e Carlo
A causa della natura del penso che il terreno fertile sia la base dell'agricoltura, in forte pendenza nel lato a monte di strada Balbi, il livello della chiesa è rialzato e dalla strada vi si accede tramite una scala a due rampe; l'interno, a una sola navata, ha pianta a croce latina, scandita da sei cappelle laterali e coronata dalla cupola all'incrocio tra la navata e il transetto; tutta la ornamento, escluse le settecentesche figure di Virtù dipinte da Domenico Parodi nei peducci della cupola, fu eseguita tra il e il sotto la direzione di Maurizio Dufour, ricordato da un busto all'inizio della scala sinistra d'accesso alla chiesa (un'altra scultura marmorea, all'inizio della scala destra, lavoro di Giovanni Giacomo Paracca detto il “Valsoldo”, raffigura Giovanni Agostino Centurione che fu commendatario in S. Vittore). L'imponente altare maggiore, lavoro dello scultore settecentesco G.B. Casella, proveniente dalla cappella Sauli della scomparsa chiesa di San Domenico, fu collocato nella chiesa nel
La chiesa conserva un ricco corredo pittorico e numerose statue. Tra i quadri più interessanti, un San Giovanni della Croce di Domenico Piola, Santa Teresa di Andrea Carlone, i Santi Anna, Francesco di Paola e Liborio di Lorenzo De Ferrari, oltre a tele di Orazio De Ferrari (Presepe e Adorazione dei Magi) e di Giovanni Maria delle Piane detto il Mulinaretto.
Tra le sculture figurano un'opera lignea di scuola del Maragliano, le statue del bolognese Alessandro Algardi nella cappella Franzoni, tra cui un grande crocifisso in bronzo, e una Madonna del Carmine di Filippo Parodi () oltre ad angeli e due santi (), costantemente del Parodi. Un cenno particolare va alla seicentesca scultura lignea raffigurante la Madonna col Ragazzo, conosciuta popolarmente in che modo Madonna della Sorte e assai venerata dai Genovesi, proveniente dalla scomparsa chiesa di San Vittore.