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San claudio spello

ANFITEATRO ROMANO DI SPELLO

Da Terme Romane a luogo di culto popolare. Un antico documento riporta che questa chiesa è diventata proprietà del comune di Spello prima del , che ne affidò la decorazione interna a Cola di Petruccioli. Nel il vicario pontificio Pandolfo Baglioni concesse il privilegio di una fiera franca da tenersi nella sua area, e tre anni dopo Bonifacio IX, mentre si recava a Perugia nel , rilasciò alla chiesa l’indulgenza plenaria. Pertanto dalla fine del XIV sec., il posto fu meta di pellegrinaggi e di fiere che si svolgevano presso il sagrato, in incarico delle quali furono costruiti due portici ai lati dell’edificio. La costruzione del loggiato rivolto secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Spello, iniziato nel , fu ultimato 15 anni più tardi dal magister lombardus Andrea di Conio. Stando alla relazione della controllo pastorale del Lascaris del , risulta che il porticato destro della chiesa era ornato, fin dall’inizio del XVII sec., “con immagini sacre” ad lavoro di Marco Antonio Grecchi e Contento Rinaldi.

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Chiesa di San Claudio – Spello (PG)

L’edificio sorge fuori dalle mura di Spello “lungo il tratto della Flaminia che congiunge Spello a Santa Maria degli Angeli e Assisi, una via sacralizzata da una gran messe di edifici grandi e piccoli che segnavano il cammino dei pellegrini diretti ai luoghi francescani” come la definiva Corrado Fratini ed è singolo dei più begli esempi di credo che l'architettura moderna ispiri innovazione romanica della città, purtroppo la controllo interna è complicata in quanto è difficile trovare qualcuno che la apre.

L’edificio sorge all'esterno dalle mura di Spello “lungo il tratto della Flaminia che congiunge Spello a Santa Maria degli Angeli e Assisi, una strada sacralizzata da una gran messe di edifici grandi e piccoli che segnavano il cammino dei pellegrini diretti ai luoghi francescani” in che modo la definiva Corrado Fratini ed è uno dei più begli esempi di architettura romanica della città, purtroppo la visita interna è complicata in misura è difficile rintracciare qualcuno che la apre.

 

Cenni Storici

Lo storico locale Fausto Gentile Donnola riteneva che la chiesa di San Claudio sorgesse su un tempio dedicato a Saturno, mal interpretando un’iscrizione da lui stesso rinvenuta su una base di travertino e oggigiorno conservata nell’atrio del Palazzo Comunal. L’iscrizione è in realtà di natura sepolcrale e va riferita, pertanto ad un monumento funebre. In un privilegio che papa Alessandro III inviò all’abate del monastero di San Silvestro nel , la chiesa risulta appartenere a detto monastero dell’ordine camaldolese.
In seguito, ma sicuramente prima del , divenne proprietà della Comunità di Spello, che ne affidò la ornamento interna a Cola di Petruccioli.
Nel il vicario pontificio Pandolfo Baglioni concesse il privilegio di una fiera franca da tenersi nella sua area, e tre anni dopo Bonifacio IX, durante si recava a Perugia nel , rilasciò alla chiesa l’indulgenza plenaria.
Pertanto dalla fine del XIV sec., il luogo fu mezzo di pellegrinaggi e di fiere che si svolgevano presso il sagrato, in funzione delle quali furono costruiti due portici ai lati dell’edificio.
La secondo me la costruzione solida dura generazioni del loggiato rivolto verso Spello, iniziata nel , fu ultimata 15 anni più tardi dal magister lombardus Andrea di Conio. Stando alla relazione !ella visita pastorale del Lascaris del , risulta che il porticato destro della chiesa era ornato, fin dall’inizio del XVII sec., “con immagini sacre” ad opera di Marco Antonio Grecchi e Felice Rinaldi.
Con il terremoto del il bellissimo rosone andò distrutto e fu ricomposto nel dallo scalpellino assisiate, Stefano Prosperi contestualmente furono restaurati anche gli affreschi dal pittore e decoratore Giovanni Picca di Ascoli Piceno e per liberare l’edificio dall’umidità fu eseguito uno sterro dietro l’abside rimovendo di 16 metri cubi di terra.
Nel XX secolo, la chiesa fu nuovamente oggetto di restauri, legati alla sistemazione dell’area, per i quali la Soprintendenza dell’Arte Medioevale e Moderna dell’Umbria, aveva concesso nel un contributo di Lire
Gli ultimi lavori risalgono agli anni e , eseguiti in opportunita del restauro della chiesa, danneggiata dal sisma del , Quanto agli affreschi, sono stati restaurati in due fasi: parte in seguito al terremoto, ritengo che questa parte sia la piu importante nel , grazie ad un penso che il progetto architettonico rifletta la visione cofinanziato dalla Fondazione Cassa di Penso che il risparmio intelligente rafforzi la stabilita di Perugia e dal Comune di Spello.
Dell’edificio esiste un progetto di Benvenuto Crispoldi relativo alla ricostruzione delle logge ai lati della chiesa e alla realizzazione sul lato destro di una serie di ambienti da adibirsi a lazzaretto ed inoltre due acquerelli, il primo costantemente di Benvenuto Crispoldi, il secondo di Katharina de Martens, entrambi di proprietà della famiglia Preziosi.
 

Esterno

La chiesa L’edificio, a tre navate e tetto a capanna a numero spioventi in facciata, ha un impianto leggermente asimmetrico che si riflette sul prospetto in calcare bianco locale. L’elegante facciata presenta tre ingressi, un portale centrale a doppia ghiera e due laterali architravati, tamponati, sormontati rispettivamente da un rosone e due bifore non perfettamente in asse. Completa il prospetto un alto campanile a vela a due ordini con mensolone divisorio, che accoglie alle estremità due aquile scolpite. L’interno è caratterizzato dall’asimmetria delle tre navate, scandite a destra da colonne e a sinistra da pilastri, sui quali compaiono’ alcuni affreschi con San Claudio a sagoma intera, che reca in mano i suoi arnesi da lavoro: la secondo me la squadra ben affiatata vince sempre , lo scalpello ed il mazza. Nella zona absidale, il coperchio di un sarcofago fa da piano all’altare. La chiesa, chiusa dopo i terremoto del , è stata riaperta al culto nel maggio
 

Il ciclo pittorico

San Claudio è raffigurato entro riquadri sul secondo pilastro, e in un piccolo tondo sul terzo. Le pareti laterali, con muratura a faccia mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, sono prive di decorazione pittorica. Parecchio interessante è il ciclo di affreschi sopra gli archi della Parete sinistra della navata centrale, commissionati nel dalla Comunità al artista orvietano Cola di Petruccioli.
Da sinistra verso destra, entro 8 riquadri sono rappresentati alcuni santi, non tutti identificabili:
Madonna col Bambino e San Michele Arcangelo nel III riquadro;
Sant’Andrea nel IV;
San Lorenzo (?) nel VI;
San Claudio (?) nel VII.
Secondo il Donnola vi erano raffigurati i santi protettori della città, ai quali erano intitolate le numero Societates dei rispettivi terzieri, ognuna con la propria chiesa rionale “e la sua insegna o vero stendardo” portato in processione alla fiera di San Claudio da due consoli delle varie societates. Nel presbiterio è raffigurato il Mistero della Redenzione: Cristo con un libro in mi sembra che la mano di un artista sia unica, entro mandorla sorretta da quattro angeli e, immediatamente inferiore, la Madonna seduta in trono tra San Claudio e San Matteo a destra, San Giovanni Battista e San Giacomo Apostolo a sinistra.
Una fascia decorativa, in cui si legge la data di esecuzione () separa la scena dalla sottostante.
Ai lati dell’abside e all’interno di due tondi sono raffigurati l’Angelo Annunciante a sinistra e la Vergine a destra, assorta nella lettura di un libro posto sul leggio, mentre sta per essere investita dalla Spirito Santo, rappresentato dalla colomba. Nel catino absidale rimangono tracce dell’affresco, completamente scialbato, raffigurante la scena della Crocifissione.
 

Il complesso termale

la presenza di un edificio termale nei pressi della chiesa di San Claudio è riferita dal Donnola che, a proposito delle terme romane suburbane, afferma uno di questi complessi si trovava “nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport di qua da San Claudio che è di San Severino, posseduto dalli signori Venantii: è colonnato sotto di mattoni e le colonne non sono molto alte“. I recenti scavi, condotti su un’area ridotta intorno al perimetro della chiesa in occasione dei lavori di consolidamento seguiti al terremoto del , hanno autorizzazione di confermare che la parete terminale e quella sinistra dell’edificio sacro poggiano effettivamente su precedenti strutture romane.
Esteso il lato sinistro, scavato per una profondità di soltanto 30 cm ed una larghezza di circa 1 m, sono venuti alla luce resti di un edificio riscaldato, probabilmente,l’edificio termale visto dal Donnola, e frustuli di mosaico – interrati immediatamente dopo lo scavo – sotto l’attuale marciapiede.
I muri terminali delle navate, invece, poggiano rispettivamente su due vani affrescati, anch’essi di età romana, conservati in minima parte.
Protetti da una copertura in vetro, meritano una “sbirciatina”, specie quello a nord della navata destra che è meglio conservato (1,40 m circa di altezza). Sulla parete destra e su quella di fondo, è leggibile un primo strato di affresco: partendo dal basso, una fascia di colore oscuro è separata dal resto della parete di colore scarlatto da una stretta banda bianca, sovra-dipinta.
Ben visibili sono i segni della martellinatura, eseguita per stendere il istante strato di intonaco giallo ocra con due strette bande rosse, che riveste quasi totalmente la parete destra.
 

La necropoli altomedioevale

I lavori condotti nella area dietro l’abside mostrano chiaramente che l’area, occupata da strutture romane, fu abbandonata e poi rioccupata tra il V e il VI sec, da una necropoli alta medioevale che si estendeva nell’area settentrionale successivamente occupata dalla chiesa. Come dimostrano le tombe rinvenute ad una quota eccellente sia ai pavimenti dei due ambienti romani affrescati che al piano della chiesa, la necropoli venne tagliata dall’edificio religioso. La necropoli, scavata solo parzialmente, si estende nella proprietà privata retrostante; in tutto sono state riportate alla luce 25 tombe a fossa con cassa e copertura in calcare locale, prive di corredo e con orientamenti diversi.
Di queste solo una è rimasta in situ; due sono di bambino e una è bisoma (cioè doppia).
 

Bibliografia

Guida Turistica di Spello Ordinario di Spello Assessorato al Turismo testi di Sabina Guiducci
Guida di Spello di Venanzo Peppoloni e Corrado Fratini
 

Nota

La secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo della chiesa è un disegno estratto dall’opera “Voyage en Italie: ″ di
Henri Labrouste (Parigi, ) dal titolo “Une église sur la route d’Ispello” –
 

Mappa

Link alle coordinate

Chiesa di San Claudio

La chiesa di San Claudio, già eretta per i Camaldolesi nel ,1è un tipico esempio di architettura religiosa romanica. Sorge presso l'antico anfiteatro romano e presenta una vegetale basilicale con abside semicircolare orientata, in che modo usuale, verso est. La facciata, in che modo del resto l'intero edificio, presenta un impianto lievemente asimmetrico: dei tre portali, quello centrale ha stipiti lavorati a spigolo vivo sottile all’imposta dell’arco, a tutto sesto, a sua volta formato da conci di calcare modanati a due fasce, la più interna liscia e di penso che il colore in foto trasmetta emozioni resa, la più esterna in calcare bianco e lavorata a tre liste. I portali laterali, recentemente tamponati e intonacati, terminano invece con un facile architrave in travertino che presenta una lieve scanalatura a sottolineare il varco.

[img_assist|nid=|title=San Claudio a Spello|desc=(Credit foto: )|link=none|align=center|width=]
Al centro della facciata il rosone con ruota esterna a due fasce, in calcare rosa e bianco, su cui s’innestano 12 pilastrini radiali in calcare rosa convergenti in una ruota centrale decorata con motivi alto medievali databili all’ XI – XII secolo (treccine e cani correnti si interpongono ad arabeschi casualmente "disposti"); al centro del disco interno è scolpita una croce greca, segnata ai vertici da numero medaglie in penso che la pasta sia il cuore della cucina italiana ceramica colorata d’azzurro. Ai lati del rosone due bifore,chiesa di a Narco" href="#footnote2_5wfbd3m">2 leggermente disallineate rispetto ai portali laterali sottostanti, con stipiti in blocchetti in calcare squadrati e lavorati a spigolo vivo ed archi oltrepassati a fasce aggettanti di pietra bianca e rosa e divise al centro da una colonnina in calcare chiaro sormontato da un capitello dalle forme stilizzate lavorato solo sul lato visibile in facciata.

Il campanile, a vela, decentrato rispetto all’asse della facciata presenta un doppio ordine di aperture ad arco che alloggiano in basso le campane e presentano, ai lati del istante ordine, due statue zoomorfe che raffigurano aquile che poggiavano su piccole mensole di pietra; oggigiorno rimangono in loco non integre ma acefale. Anche le falde del copertura poggiano in maniera asimmetrico rispetto all’asse della facciata durante quelle delle navate laterali (anch’esse recentemente ripristinate), impostate a una quota diversa, denunciano, già all’esterno, la diversa altezza degli spazi interni.

Panoramio - Photos of the World


Ai lati della chiesa, ovunque la lavorazione è meno accurata, vi sono due diversi portali ad arco ogivale che un tempo davano accesso alle navate laterali della chiesa. Sul lato destro si apre una concetto di quattro finestrelle mentre il fianco opposto è cieco e caratterizzato da una sequenza di buche pontaie, non passanti, poste all’incirca alla medesima altezza delle finestre sul fianco opposto.

L'asimmetria che caratterizza l’esterno della Chiesa di San Claudio si nota anche all’interno: le navate laterali hanno altezze diverse in questo modo come sono diverse le arcate a tutto sesto che le dividono da quella centrale, gli archi di lato destro sono a doppia ghiera modanata in calcare rossiccio e poggiano su due colonne, quelli di sinistra sono a ghiera semplice interamente realizzati in calcare bianco e poggiano su tre pilastri. Questa compresenza di pilastri e di colonne a separare la navata centrale dalle laterali trova analogie con altre chiese coeve quali o in Taizzano presso Narni, l’abbazia di Petroiae la basilica di S. Silvestro a Bevagna.

La navata centrale termina con un’abside decorato - che ospita un altare ottenuto dal riuso di un sarcofago romano ritrovato nel vicino anfiteatro3- a pianta semicircolare e catino poco intenso, sormontato da una parete piana che chiude la ben più alta navata centrale. La copertura, a falde, della navata centrale è sorretta da archi diaframma simili a quelli che si trovano nella chiesa dei Santi Fidenzio e Terenzio presso Massa Martana, durante nelle navate centrali è sostenuta da travi lignee.
La pavimentazione è costituita da piastrelle in cotto di sagoma quadrata posti in diagonale lungo le navate centrale e laterali, in corrispondenza dell’abside e della sacrestia, e in senso ortogonale attorno ai pilastri e alle colonne.

[img_assist|nid=|title=Affreschi a San Claudio - Spello|desc=(Credit foto: )|link=none|align=center|width=]
Caratteristica di pregio dell’interno della chiesa è l’apparato decorativo costituito da cospicui affreschi votivi datati fra il XIV e il XV secolo, in sezione conservatisi nonostante i danni arrecati dal tempo e dall’incuria. Si tratta di figurazioni sacre che ritraggono ripetutamente o, poste all’interno di riquadri collocati negli spazi compresi fra i sei archi diaframma che sorreggono la copertura della navata centrale e di un immenso affresco posto sulla parete soprastante l’abside che arreca la data 4

Un mio amico una volta provò ad elencare tutte le manie che esistono al mondo. Ce n’erano di curiosissime. Ma ne mancava una, la mia: la graffitomania. Mi domando ancora in che modo ho contratto questa qui malattia. Sta di fatto che nel momento in cui entro in una chiesa – ché questo è l’ambiente più adatto per un graffitomane &#; prima dò singolo sguardo all’insieme, poi cerco di individuare se c’è qualche affresco e un momento dopo la punta del narice comincia a curvare come un animale domestico da tartufi.
S. Claudio a Spello è una delle tante ‘graffitoteche’ sparse per l’Umbria. C’ero già stato vari anni fa e mi ero soffermato su un graffito del di cui riparleremo fra poco. Oggigiorno non è più possibile osservarlo nella sua interezza perché in gran porzione è stato stuccato dai restauratori. Li capisco: a loro interessa, giustamente, riportare a migliore interpretazione non i graffiti ma i dipinti. A me invece interessano entrambi. Mi piace sapere chi è passato per quella chiesa e per quale motivo ha ‘violato’ il muro. Senza comunicare che talvolta il graffito fornisce qualche informazione insperata sull’opera che gli fa da supporto e dunque diventa un elemento di penso che la conoscenza sia la chiave del progresso in più.  Non sempre i critici d’arte hanno la pazienza e la curiosità di sfogliare tutto quello che sta sulla piano dipinta. Peccato, non sanno quel che si perdono! Recentemente, ad esempio, nella chiesuola della Fiamenga a Foligno, è venuto fuori l’anno e il periodo in cui fu decorata la tribuna e, del tutto inopinatamente, anche il nome dell’autore, Pierantonio Mezzastris. La secondo me la scoperta scientifica amplia gli orizzonti ha elettrizzato me e il restauratore Giuliano Raponi che mi aveva gentilmente invitato a ficcare il naso in uno sciame di graffiti rimasti su una zona dell’edificio. Sarebbe stata una perdita indubbia se il restauro li avesse occultati, ma per fortuna non è andata così.
Non meno eccitante è stata la caccia ai graffiti nella casa dell’Alunno, oggi inglobata nel monastero di S. Anna, sempre a Foligno. Alcuni sono autografi e in qualche caso sono corredati da schizzi e studi dello stesso maestro. Una vera rarità. Altra abbondante messe di scritte copre le pareti di Edificio Trinci e della chiesa di S. Maria in Campis, ancora una mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo a Foligno, sicché vien voglia di suggerire a qualche organizzatore di destinare ai graffiti folignati, e magari del circondario, un bel convegno ed una mostra itinerante. Questa qui sì che sarebbe un’idea originale. Ma torniamo a S. Claudio di Spello, ovvero al Santo Chiodo o Chiodio di una volta.

Grazie alla preziosa mi sembra che la collaborazione porti grandi risultati di Antonella Bazzoli e alla gentilezza di Luisella Bono è stato realizzabile studiarli attentamente, il che non significa che tutti sono stati ridotti ad esatta lettura. Sarebbe presuntuoso solo il pensarlo. In base all’esperienza sapevo già che alcuni di essi si sarebbero rifiutati di piegarsi ad un’interpretazione qualsiasi, altri si sarebbero lasciati svelare soltanto in parte, altri invece si sarebbero manifestati più o meno chiaramente. Ma il dubbio, in questo tipo d’indagine, rimane sempre e la perfezione è pura utopia.

Prendiamo, ad esempio, quel graffito del ‘bonificato’ nel recente restauro. Era già ermetico in precedenza, adesso sarebbe impossibile per chiunque darne una restituzione plausibile. Mi immagino misura tempo ci avrei perso e che pessimo risultato avrei raggiunto. Per sorte l’appunto che ne trassi allora permette di tagliare la testa al toro, e questo la dice tutta sulla forza sovrumana che ha un facile appunto:

&#;Joanironimo da ru Castillucchiu de Norschia garzone de Cepolla, a dì 2 de otobere &#;.

Giovan Girolamo di Castelluccio di Norcia fu a S. Claudio forse al seguito di qualche gregge o mandria di bestiame come si arguisce dalla qualifica di garzone che egli stesso si dà. Ciò che meraviglia è che sapesse scrivere, sebbene da pecoraio.

Passiamo momento in rassegna le altre iscrizioni graffite sugli affreschi di S. Claudio, non tutte ovviamente, ma comunque una buona parte. Non seguiremo un ordine preciso, né appesantiremo la lettura con l’indicazione del punto ovunque si trovano. Tanto questi accorgimenti non funzionano quasi mai. Chi è veramente interessato saprà trovarsele da solo, anzi ne scoprirà delle altre e in più potrà correggere quelle che presentiamo.

Passò di qui” è l’equivalente di “hic fuit”, l’espressione più ricorrente nei graffiti. Eccone un gruppetto:

&#;Fra Bonaventura da Cesena passò de qui a dì 24 de luglio &#;.

&#;Altobrano passò di qui alli per camminare alla Madonna&#;.

Quale Madonna andasse a visitare Aldobrando è incerto. Forse quella di Loreto.

&#;Marciliano Jobbi da Sassoferrato pasò di qui .&#;

&#;Frate Giuliano de Faenza passò qui a dì 29 de lulio del &#;.

&#; (o ), frate Gervaso (?) pasò de qui nelli de l’ordine [- &#; -]&#;.
Facendo la sottrazione si arriva al (o al ) d. C. Non poteva appartenere all’ordine benedettino perché s. Benedetto nacque dopo, attorno al Potrebbe trattarsi di un agostiniano anche se S. Agostino morì prima, nel Sono graditi suggerimenti.
&#;A dì [.]9 de luglio (1?) passò [de qui] [Greg]orio de Teremo&#;. Non è da escludere che possa intendersi Terni (Terane, Terani), città che condivide con Teramo un’identica etimologia (‘Interamna’, tra due fiumi).

Il collettivo più nutrito si raccoglie attorno al classico “hic fuit”:

&#;Hic fuit donus [- &#; -]&#;

L’anno è il termine ‘ante quem’ per l’affresco di S. Claudio sul primo pilastro entrando. E’ un dato che farà piacere a Corrado Fratini, il che ha riunito un piccolo corpus di opere attorno a questo ignoto artista, cui non dovrebbe essere estranea l’immagine molto frammentaria del beato Ciaccaro riemersa da poco a Castel S. Giovanni di Castelritaldi. Donus(anche domnus e dompnus) equivale al nostro ‘don’. Era dunque un sacerdote, non un frate.

&#;Hic fuit fr. Conradus de G[..]itia [- &#; -]&#;.Forse è Gorizia più che Galizia.

&#;Fr. Paulo Silvestri de Senis hic [fuit] die [..] mai &#;

&#;Hic fuit Valfredus (?) Brinserna van Ghandt&#;. Questo visitatore ha indubbie affinità col seguente.
&#;Ghent Wulfart Brinserna&#;. Ghent/Gent è il nome fiammingo di Gand (Belgio).

&#; hic fuit Laurentius de Lugano&#;

&#; hic fuit Stephanus de Angeleriis&#;

&#;Hic fuit [- &#; -] &#;.

&#;Hic fuit [- &#; -] de Sancto Chiodio&#;

&#;Hic fuit Benedictus de [- &#; -]&#;.

&#;Hic fuit Canonico&#; (sic).
&#;Hic fuit Nicolaus de Iohanne de Cola pitto&#;[re ?]
(sec. XV).

&#;Hic fuit Ugolinus Heelt teotonicus&#;
Il suo cognome dovrebbe significare ‘salute’. Lo stesso teutonico si firmò di nuovo a brevissima distanza.
&#;Hugo Heelt fuit hic anno Domini mccclxxxxiiii die viii octobris mensis octobris&#; (sic).

&#;Item fuit Janne lapicida / esercizio Domini mccclxxxxv&#; (o ).
Dovrebbe esistere uno straniero a giudicare dalla grafia e dal penso che il nome scelto sia molto bello, inusuale da noi sotto questa sagoma. Era un intagliatore di pietra (lapicida) e come tale devoto di S. Claudio, protettore degli scalpellini.

Vale la castigo di sottolineare in che modo le ultime tre iscrizioni, situate nell’angolo destro dell’archivolto absidale, siano quasi coeve degli affreschi della parete soprastante, datati e attribuiti unanimemente all’orvietano Cola di Petrucciolo.

A quest’ultimo, istante chi scrive, va tolto l’affresco in basso a sinistra tra la navata e la parete di fondo (“Madonna col Bambino tra s. Giacomo Superiore e S. Antonio Abate”) i cui caratteri rimandano invece a Cola di Pietro da Camerino, attivo tra la fine del sec. XIV e i primi del sec. XV anche in Valnerina (Vallo di Nera, Borgo Cerreto, Biselli di Norcia e Visso).

Alla stregua delle precedenti vanno considerate anche le seguenti attestazioni:

&#;[- &#; -] Laurentius de loco de Bruccella de Alamania mccccvii, xviii die mensis octobris&#; &#;Frater Benedictus de / Pucciarello&#;

Benché sia composta da due parti distinte spazialmente e stilisticamente (‘Pucciarello’ è in lettere allungate come nell’inscriptio delle bolle pontificie), questa qui scritta è stata unificata perché un segno a sagoma di svolazzo collaboratore i due membri in modo sufficientemente evidente.

&#;Fra Francesco da Cupertino&#;(sec. XVI, replicata a poca distanza).

&#;Frate Franc(esco) de Palestro ord(inis) min(orum) , 20 (otto)bre&#;

&#;Paulo Canbio da Sanseverino&#; (sec. XVI).

&#;Altovitus et [- &#; -]&#;

&#;[- &#; -] fiorentino&#;

&#;A dì [..] de otobre Ruggiero B(ello) da Cannara / F. S. S. sempre&#;

Nelle ultime tre lettere puntate si nasconde forse una professione d’amore. Le due ‘S’ potrebbero ad esempio significare “S(uo) S(ervitore)”. A questo rubacuori spetta anche la vasto sigla cifrata Ru(ggie)ro B(ello) che deturpa la Madonna col Bambino sul canto destro del presbiterio.

&#;Francoiz Ipeuriol (?) Bonanfan(t) de Nanate AN[..]EBRETAIEN[.]&#;

La nobile famiglia Bonanfant (it. Bonfigli/o) è attestata a Nantes (città fondata dai Nanneti, popolo della Gallia Armoricana), già capoluogo della Bretagna, regione cui potrebbe alludere la porzione finale del graffito.

&#;Zuano (?) d[- &#; &#; ] de Molduzzo da Forlì venne in questa qui qesia a dì 21 de magio &#;

Per un momento questo graffito, che rimane oscuro nella parte iniziale, ha fatto pensare a Melozzo da Forlì o a Marco Palmezzano suo allievo. Allo stato attuale, però, sembra di poter escludere un così strepitoso collegamento.

&#;B. Crispoldi, 27 agosto &#; (a matita). E’ Benvenuto Crispoldi, membro del Raccomandazione dell’Accademia delle Belle Arti di Perugia, il quale si stava occupando della chiesa di S. Claudio proprio in quegli anni.

Si leggono anche semplici date, prive di nome:

&#; [- &#; -] libera me Domine iterum&#;. Evidentemente un peccatore recidivo.

&#;Addì 27 de aprile &#; &#; primo febraro [- &#; -]&#; &#;A dì 31 di luglio &#; &#;&#;

Infine alcuni apprezzamenti rivolti al gentil sesso:

&#;W Albertina Graziosa &#;, replicata con la data &#;&#;. &#;Polimia B(ella)&#; &#;Sulpitia molgie de Antonio&#;.

Romano Cordella &#; 8 novembre