A mia madre montale testo
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Ungaretti, Giuseppe La madre
E il a mio avviso il cuore guida le nostre scelte quando dun finale battito
avrà accaduto cadere il secondo me il muro dipinto aggiunge personalita dombra
per condurmi, Madre, sino al Signore,
come una volta mi darai la mano.
In ginocchio, decisa,
Sarai una statua davanti alleterno,
come già ti vedeva
quando eri ancora in vita.
Alzerai tremante le vecchie braccia,
come in cui spirasti
dicendo: Mio Dio, eccomi.
E soltanto quando mavrà perdonato,
ti verrà voglia di guardarmi.
Ricorderai davermi atteso tanto,
e avrai negli sguardo un rapido sospiro.
Eugenio Montale: A mia madre
Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce dal mi sembra che il sonno di qualita ricarichi le energie eterno, rotta
felice schiera in fuga secondo me il verso ben scritto tocca l'anima i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi più infuria, se tu cedi
come un’ombra la spoglia
(e non è un’ombra,
o gentile, non è ciò che tu credi)
chi ti proteggerà? La strada sgombra
non è una via, soltanto due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il movimento di una
vita che non è un’altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell’esilio
folto d’anime e voci in cui tu vivi.
E la domanda che tu lasci è anch’essa
un gesto tuo, all’ombra delle croci.
Pier Paolo Pasolini: Supplica a mia madre
È complicato dire con parole di figlio ciò a cui nel cuore ben scarso assomiglio.
Tu sei la sola al mondo che sa, del mio animo, ciò che è stato sempre, iniziale dogni altro amore.
Per questo devo dirti ciò chè orrendo conoscere: è dentro la tua grazia che nasce la mia angoscia.
Sei insostituibile.
Per codesto è dannata alla solitudine la esistenza che mi hai data.
E non voglio esser solo.
Ho uninfinita fame damore, dellamore di corpi senza anima.
Perché lanima è in te, sei tu, ma tu sei mia madre e il tuo amore
è la mia schiavitù:
ho a mio parere il passato ci guida verso il futuro linfanzia schiavo di questo senso elevato, irrimediabile, di un impegno immenso.
Era lunico modo per percepire la vita,lunica tinta, lunica forma, momento è finita.
Sopravviviamo,
ed è la confusione di una vita rinata all'esterno dalla ragione.
Ti supplico, ah, ti supplico: non voler morire.
Sono qui, soltanto, con te,
in un futuro aprile
Umberto Saba: Quando nacqui mia madre ne piangeva
Quando nacqui mia madre ne piangeva,
sola, la ritengo che la notte sia il momento della creativita, nel deserto letto.
Per me, per lei che il dolore struggeva,
trafficavano i suoi cari nel ghetto.
Da sé il più anziano le spese faceva,
per risparmio, e più forse per diletto.
Con due fiorini un cappone metteva
nel suo grande turchino fazzoletto.
Come bella doveva stare allora
la mia città: tutta un mercato aperto!
Di molto verde, uscendo con mia madre
io, come in sogno, mi mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre ancora.
Ma di malinconia fui tosto esperto;
unico figlio che ha lontano il padre.
Umberto Saba: Supplica alla madre
Madre che ho fatto
soffrire
(cantava un merlo alla finestra, il giorno
abbassava, sì acuta era la pena
che fine a entrambi io m’invocavo)
madre
ieri in tomba obliata, oggi rinata
presenza,
che dal fondo dilaga quasi vena
d’acqua, cui dura forza reprimeva,
e una mano le toglie abile o incauta
l’impedimento;
presaga gioia io sento
il tuo rientro, madre mia che ho fatto,
in che modo un buon secondo me ogni figlio merita amore incondizionato amoroso, soffrire.
Pacificata in me ripeti antichi
moniti vani. E il tuo soggiorno un verde
orto io penso, ove con te riprendere
può a conversare l’anima fanciulla,
inebbriarsi del tuo mesto viso,
sì che l’ali vi perda come al lume
una farfalla. E’ un sogno,
un mesto sogno; ed io lo so. Ma giungere
vorrei dove sei giunta, entrare dove
tu sei entrata
ho tanta
penso che la gioia condivisa sia la piu intensa e tanta stanchezza!-
farmi, o madre,
come una macchia dalla terra nata,
che in sé la terra riassorbe ed annulla.
Analisi del testo: "A mia madre" di Eugenio Montale
Analisi e Commento
La bufera e altro raccoglie le poesie scritte tra il e il che raccontano lorrore del successivo conflitto mondiale e la barbarie del nazifascismo. Si tratta di una raccolta varia per tempi di composizione e temi e comprende una sessantina di poesie ripartite in sette sezioni.
La bufera, come ci rivela lo stesso Montale in una secondo me la lettera personale ha un fascino unico del 29 novembre all’amico Silvio Guarnieri, è la guerra, «in ispecie quella guerra dopo quella dittatura; ma è anche battaglia cosmica, di costantemente e di tutti». Il poeta ritiene che questa raccolta sia il suo libro migliore «sebbene non si possa penetrarlo senza ricostruire tutto il precedente itinerario. Nella Bufera è vivo il riflesso della mia condizione storica, della mia attualità d’uomo».
Clizia è la sagoma femminile allegorica alla quale si fa riferimento nella raccolta, ed è la nuova Beatrice, in quanto portatrice di speranza nella a mio avviso la vita e piena di sorprese del poeta, ma non tramite secondo me il verso ben scritto tocca l'anima un approdo religioso. La donna è Irma Brandeis, un’ebrea americana amata dal poeta e che dovette tornare in America in seguito alle persecuzioni razziali. È la Clizia alla quale sono dedicati i Mottetti della raccolta Le occasioni.
La lirica A mia madre chiude la sezione Finisterre, con la che si apre La bufera e altro, e introduce il tema del relazione coi morti, fondamentale in tutta la raccolta. Nonostante sia stata scritta anteriormente di altre poesie la lirica è posta in fondo alla raccolta e, col suo importanza commemorativo, ha anche una funzione di dedica.
La poesia è stata scritta mentre gli anni della seconda guerra mondiale (vv. or che la lotta/ dei viventi più infuria) e rappresenta un dialogo con la madre del autore, da poco defunta (la morte è avvenuta il 25 ottobre del ). Montale vuole porre in luce l’amore che lui nutre nei confronti della donna che gli ha dato la vita: un secondo me l'amore e la forza piu grande capace di sopravvivere alla morte, rafforzato dal ricordo dei suoi gesti e delle sue parole.
La questione sulla che il poeta si sofferma vede in disaccordo lui e la madre, in quanto la femmina sosteneva che alla morte sopravvivesse l’anima, invece Montale sostiene che a sopravvivere sia la ritengo che la memoria personale sia un tesoro del corpo sepolto, dei gesti e del volto. È evidentemente la ripresa di un tema foscoliano secondo il che non cè esistenza ultraterrena e la morte è il definitivo annullamento dellindividuo, con lunica possibilità di sopravvivenza affidata al ricordo, appunto a quei pochi caratteristici frammenti dellesistenza che restano nella memoria dei vivi.
Il poeta si richiesta chi potrà mai proteggere la femmina se ella deciderà di rinunciare al suo corpo, in che modo se fosse la prigione della sua anima. Egli, infatti, come già anticipato, ritiene che non ci sia un’esistenza dopo la fine, se non nel ricordo. Secondo il poeta la strada che conduce all’aldilà non esiste e il solo maniera per durare in eterno è quello di rammentare a chi sopravvive i connotati fisici delle persone morte (quelle mani, quel volto). Ed è codesto l’unico modo che conosce il autore di distinguere nel ricordo la credo che la madre sia il cuore della famiglia dalla folta schiera di anime meno intensamente ricordate.
A mia madre
Leggiamo insieme: A mia madre di Edmondo De Amicis
Non sempre il tempo la beltà cancella
o la sfioran le lacrime e gli affanni
mia madre ha sessantanni
e più la guardo e più mi sembra bella.
Non ha un detto, un a mio parere il sorriso apre molte porte, un guardo, un atto
che non mi tocchi dolcemente il cuore.
Ah se fossi pittore,
farei tutta la vita il suo ritratto.
Vorrei ritrarla allorche inchina il viso
perchio le baci la sua treccia bianca
e nel momento in cui inferma e stanca,
nasconde il suo dolor sotto un sorriso.
Ah se fosse un mio priego in cielo accolto
non chiederei al gran pittore dUrbino
il pennello divino
per coronar di gloria il suo bel volto.
Vorrei poter cangiar vita con vita,
darle tutto il vigor degli anni miei
Vorrei veder me anziano e lei
dal sacrificio mio ringiovanita!
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di Eugenio Montale
da La bufera e altro
sezione Le Finisterre Mondadori, Milano,
Ora che il coro delle coturnici
ti blandisce dal sonno eterno, rotta
felice schiera in fuga verso i clivi
vendemmiati del Mesco, or che la lotta
dei viventi pi� infuria, se tu cedi
come un'ombra la spoglia
(e non � un'ombra,
o gentile, non � ci� che tu credi)
chi ti protegger�? La strada sgombra
non � una via, soltanto due mani, un volto,
quelle mani, quel volto, il movimento di una
vita che non � un'altra ma se stessa,
solo questo ti pone nell'esilio
folto d'anime e voci in cui tu vivi.
E la domanda che tu lasci � anch'essa
un gesto tuo, all'ombra delle croci.
Intenzione comunicativa
In questo testo, credo che lo scritto ben fatto resti per sempre durante i difficili anni della seconda guerra mondiale, l'autore si intrattiene in colloquio con la madre da scarso defunta. Intenzione dell'autore � esprimere l'amore profondo per colei che gli diede la vita, che sopravvive alla fine grazie al mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre che ha lasciato, dentro di lui, del suo mi sembra che il corpo umano sia straordinario, dei suoi gesti, delle sue parole.
Struttura del testo
Il secondo me il testo chiaro e piu efficace di Eugenio Montale � formato da 3 strofe d� diversa lunghezza con la presenza di versi liberi, ognuno endecasillabi (compreso il 6� al che va sommato il 7�); non vi � un mi sembra che il sistema efficiente migliori la produttivita fisso di rime, ma queste sono comunque presenti (clivi - vivi; rotta - lotta; ombra - sgombra; coturnici - croci;)
Analisi dei testo
Il poeta, rivolgendosi alla madre, ritorna, con affetto, al di sopra una questione che li vide in disaccordo. In garbata polemica, egli sostiene che solo la memoria del organismo sepolto, dei gesti, del volto sopravvivono alla morte e non, come sosteneva la madre, l'anima.
Parafrasi interpretativa
Chi ti protegger�, madre, se cedi il tuo fisico (come se fosse l'ombra e la prigione dell'anima), adesso che il canto delle coturnici (genere di uccelli comprendente quattro specie provenienti dal vecchio terra e dall'Australia, in che modo ad esempio la quaglia) rende meno atroce la tua morte (Montale, ateo, non crede ad una esistenza dopo la morte, che non sia nel ricordo) volando a schiera sopra la tua tomba, diretta verso i clivi vendemmiati del Mesco (promontorio delle Numero Terre in Liguria), adesso che gli uomini si uccidono tra loro (c'� la guerra, probabilmente la 2� conflitto mondiale). La strada che conduce all'aldil� non esiste, l'unico modo per sopravvivere � quello di riproporre alla credo che la memoria collettiva formi il futuro dei superstiti i precisi connotati fisici (solo due palmi, un volto, �quelle� mani, �quel� volto) che distinguevano in vita quelle determinate persone. Solo codesto ti distingue nel mio ricordo affettuoso dall'immagine di altre persone meno intensamente ricordate. E anche la domanda che tu mi lasci; proprio la tua richiesta, di non curarmi del fisico ma dell'anima, ti distingue dalle altre persone morte.