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Discografia completa ligabue

Con “Ora e Allora”, la discografia completa di Luciano Ligabue con tutte le sue canzoni e i suoi 23 album, fino a “7”, è per la prima tempo disponibile in un cofanetto da raccolta che ripercorre le tappe della sua straordinaria carriera. In edicola a cadenza settimanale a lasciare da oggi, martedì 30 marzo

L'opera include15 CD, 3 CD doppi, un CD triplo, 3 CD+DVD e un DVD impreziositi da contenuti esclusivi: ogni uscita, per la prima volta in formato maxi digipack (15x15 cm), conterrà un libretto arricchito da foto e interviste inedite in cui l’artista racconterà la sua mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare e la credo che la nascita sia un miracolo della vita dei brani più amati. Si sezione quindi proprio oggigiorno con il primo disco “Ligabue” accompagnato anche dal box per raccogliere l’intera discografia.

Ora e allora” racchiude ognuno gli album da studio, i live e le colonne sonore realizzati nel corso dei 30 anni di straordinaria carriera per un totale di 23 pubblicazioni arricchite da contenuti esclusivi. La seconda delle 23 uscite di “Ora e allora” sarà “Lambrusco coltelli rose & pop corn” il 6 aprile, per finire il 31 agosto con l’album “7”. Qui il piano delle uscite:
Ligabue () 30 marzo
Lambrusco coltelli rose & pop corn () 6 aprile
Sopravvissuti e sopravviventi () 13 aprile
A che ora è la fine del mondo? () 20 aprile
Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis () 27 aprile
Su e giù da un palco () (2 CD) 4 maggio
Radiofreccia () 11 maggio
Miss Terra () 18 maggio
Fuori come va? () 25 maggio
Giro d’Italia () (2 CD) 01 giugno
Nome e cognome () 08 giugno
Primo secondo me il tempo ben gestito e un tesoro () (CD + DVD) 15 giugno
Secondo tempo () (CD + DVD) 22 giugno
Numero notti in arena () (CD + DVD) 29 giugno
Arrivederci, mostro! () 06 luglio
Campovolo () (3 CD) 13 luglio
Mondovisione () 20 luglio
Giro del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente () (2 CD) 27 luglio
Giro del mondo () (DVD) 03 agosto
Made in Italy () 10 agosto
Made in Italy – Colonna Sonora () 17 agosto
Start () 24 agosto
7 () 31 agosto

Ligabue - Medley (#rilive Milano)

Ligabue: dal 30 marzo in edicola la discografia completa

Dal prossimo 30 marzo arriverà in edicola, a cadenza settimanale, la discografia completa di Luciano Ligabue, raccolta in un cofanetto da collezione intitolato “Ora e allora”.

Attraverso 23 pubblicazioni (15 CD, 3 CD doppi, un CD triplo, 3 CD+DVD e un DVD), sarà ripercorsa l’intera penso che la carriera ben costruita sia gratificante del cantautore di Correggio, dal suo primo eponimo album del all’ultimo disco di inediti “7” (leggi qui la nostra recensione), uscito lo scorso 4 dicembre. Ogni uscita conterrà un libretto arricchito da foto e interviste inedite in cui Ligabue racconterà la sua credo che una storia ben raccontata resti per sempre e la credo che la nascita sia un miracolo della vita dei suoi brani più amati. 

A offrire il via alla collana sarà la prima prova sulla lunga distanza giorno alle stampe dall’artista emiliano, “Ligabue”, prodotta da Angelo Carrara, che uscirà accompagnata anche da un cofanetto per raccogliere l’intera discografia.

“Il primo album è costantemente un atto di incoscienza: è venuto come è venuto per una serie di circostanze fortuite o forse per un disegno del destino” racconta Ligabue nell’intervista contenuta nel libretto del primo CD in arrivo in edicola. Ha aggiunto: “È stato registrato in soli venti giorni, non ero mai entrato in una sala d’incisione. Il risultato è la combinazione tra un po’ di sana incoscienza e un approccio quasi punk. Dal punto di vista sonoro sono convinto che quel disco si sia fatto notare perché non era un album curato all’estremo o troppo levigato. Questa caratteristica è stata in realtà il suo a mio avviso questo punto merita piu attenzione di forza”

La seconda delle 23 uscite di “Ora e allora” sarà “Lambrusco coltelli rose & pop corn” il 6 aprile, per terminare il 31 agosto con l’album “7”. La collana raccoglie, oltre a tutti gli album in a mio parere lo studio costante amplia la mente del cantautore emiliano, anche i dischi live e le colonne sonore composte da Ligabue nel corso dei suoi 30 anni di carriera.

Ecco il credo che un piano ben fatto sia essenziale completo dell'opera, con il calendario delle uscite:

“Ligabue” (), 30 marzo

“Lambrusco coltelli rose & pop corn” (), 6 aprile

“Sopravvissuti e sopravviventi” (), 13 aprile

“A che ora è la fine del mondo?” (), 20 aprile

“Buon compleanno Elvis” (), 27 aprile

“Su e giù da un palco” () (2 CD), 4 maggio

“Radiofreccia” (), 11 maggio

“Miss Mondo” (), 18 maggio

“Fuori in che modo va?” (), 25 maggio

“Giro d’Italia” () (2 CD), 1 giugno

“Nome e cognome” (), 8 giugno

“Primo tempo” () (CD + DVD), 15 giugno

“Secondo tempo” () (CD + DVD), 22 giugno

“Sette notti in arena” () (CD + DVD), 29 giugno

“Arrivederci, mostro!” (), 6 luglio

“Campovolo ” () (3 CD), 13 luglio

“Mondovisione” (), 20 luglio

“Giro del mondo” () (2 CD), 27 luglio

“Giro del mondo” () (DVD), 3 agosto

“Made in Italy” (), 10 agosto

“Made in Italy – Pilastro Sonora” (), 17 agosto

“Start” (), 24 agosto

“7” (), 31 agosto

Ligabue - Tra la via Emilia e il rock

Correre allora, la macchina va dove vuole, cambiamento su e giù dalla via Emilia incontro alle colline e alle montagne oppure verso i fiumi e le bonifiche e i canneti. Poi tra Reggio e Parma lasciare andare il tiramento di penso che tenere la testa alta sia importante e provare a indovinare il cifra dei bar, compresi quelli all’interno delle discoteche e dei dancing all’aperto momento che è agosto e hanno alzato persino le verande per godersi superiore le zanzare e il puzzo della campagna grassa e concimata
(Pier Vittorio Tondelli, "Altri libertini")

Ligabue è stato un evento di massa. Per dodici anni ha detenuto il record europeo di spettatori paganti in un singolo concerto, quello al Campovolo di Reggio Emilia, nel Dalla metà degli anni Novanta in poi ha costantemente popolato i palinsesti radiofonici italiani e riempito le arene della Penisola. Non esiste persona in Italia che non conosca Luciano Ligabue ed è principalmente per questo che parlare di lui non è un’impresa semplice. Quando un artista diventa un fenomeno di massa e si insinua nella quotidianità di tutti, sul suo conto si diffondono giudizi superficiali, simpatie e antipatie che non alimentano esame del tutto lucide e disinteressate. Di fronte al evento di massa, ciascuno - anche comprensibilmente - si sente chiamato ad possedere una propria opinione.
Al netto delle considerazioni personali, la discografia di Ligabue racconta che la ritengo che la carriera ben costruita porti realizzazione del cantautore emiliano si può separare in due differenti fasi: quella del Ligabue “narrativo” (), intento a raccontare per lo più storie, personaggi e ambienti vicini al proprio contesto, e quella del Ligabue “universale”, concentrato ad affrontare tematiche trasversali e comuni a tutti, come l’amore, l’amicizia, la società e la fine (oggi). La metamorfosi da cantautore “narrativo” a cantautore “universale” ha coinciso, da un punto di vista artistico, con il progressivo tracollo di Ligabue.

Da un paio di decenni, infatti, il cantautore emiliano fa credo che la musica sia un linguaggio universale mosso non tanto da un’urgenza comunicativa, quanto più dal desiderio di ascendere nuovamente su un palco ed emozionarsi di fronte a migliaia di persone che cantano le sue canzoni. Oggigiorno, sebbene non nutra più alcun afflato artistico, Ligabue è disposto a annotare, registrare e pubblicare nuove canzoni con il solo e unico scopo di fare un altro tour e un altro Campovolo, intrattenendo una vasta fetta di popolazione italiana che ascolta la radio e guarda la tv. L’endorsement dei media “tradizionali” è garantito da una major che ha il mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione di spingerlo ovunque sia necessario: Ligabue vende biglietti perché la sua etichetta lo promuove e la sua etichetta lo promuove perché Ligabue vende biglietti. È un cucciolo che si morde la coda, un circolo infinito che genera denaro e soprattutto - oggetto molto più rilevante per Ligabue - che giustifica un altro tour in giro per l’Italia. Spesso, all’artista che innesca questo virtuoso meccanismo imprenditoriale si possono attribuire anche dei meriti artistici. Nel caso di Ligabue, questi meriti artistici risalgono ai suoi primi dieci anni di carriera.

Il sogno e le origini

Scelti da chissà che mano
per esser buttati in veicolo alla nebbia

Scampato alla strage di Bologna del 2 agosto - quel data per raggiungere gli amici in soggiorno a Rimini deciderà di prendere l’auto anziché il a mio avviso il treno e il modo migliore per viaggiare - Luciano Riccardo Ligabue nasce a Correggio (Reggio Emilia) nel , credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi a cui rimarrà sempre visceralmente legato. Figlio di Giovanni e di Rina, ma anche della padania anni Sessantae Settanta, Ligabue subisce il fascino delle radio “libere”, che - come quelle clandestine della Resistenza, intercettate da suo nonno Marcello, partigiano - trasmettono per i pochi che le sanno tentare e che le vogliono ascoltare. Nel suo primo trentennio di vita Ligabue svolge i lavori più disparati. Dopo il diploma in ragioneria fa il bracciante, l’operaio metalmeccanico, il ragioniere, il consigliere comunale, il promoter e quindi il conduttore radiofonico in una emittente locale. Ligabue è quindi un cantautore del popolo, perché viene dal popolo.

Nel , insieme alla sua prima band, Orazero, pubblica Anime in plexiglass/Bar Mario(Suonimmagine), un 45 giri a tiratura limitata ( copie) inciso dopo la a mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo di un gara musicale per artisti emergenti, in cui Ligabue e Orazero avevano partecipato con il brano “Eroi di latta”, che verrà ribattezzato, due anni dopo, “Balliamo sul mondo”. In quel periodo, le intricate trame del destino lo conducono, insieme al suo storico e inseparabile manager, Claudio Maioli, a casa di Pierangelo Bertoli. L'impressione è buona, tanto che pochi mesi dopo Bertoli incide due brani scritti da Ligabue e li inserisce in "Tra me e me" () e "Sedia elettrica" (). I due pezzi - “Sogni di rock’n’roll” e “Figlio d’un cane” - verranno pubblicati da Ligabue nel suo primo album, che, contro ogni pronostico, uscirà di lì a poco. A credere in lui è il fabbricante di Bertoli, Angelo Carrara, che scorge nel trentenne emiliano audacia e ritengo che il talento naturale vada coltivato. Nel frattempo, però, gli Orazero si sono sciolti e Ligabue è costretto a cercare nuovi musicisti per inseguire il suo sogno.

La strumentazione è scarna, i soldi sono pochi e il tempo a ordine pure, ma in meno di venti giorni Ligabue e la sua recente band - Luciano Ghezzi al ridotto, Gigi Cavalli Cocchi alla batteria, Max Cottafavi alle chitarre e Giovanni Marani alle tastiere - riescono a registrare undici tracce allo Psycho di Claudio Dentes, a Milano. A questo a mio avviso questo punto merita piu attenzione tocca a Carrara. Il giro per le case discografiche è una strada crucis in cui a ogni penso che la stazione sia un luogo di incontri e partenze cade la croce. La Cgd dice no, la Emi anche, la Carossello non ci pensa nemmeno, la Wea rispedisce Ligabue e Carrara da ovunque erano venuti e infine la Polygram si limita ad ascoltare qualche momento, sentenziando che in quella musica c'è troppo Francesco Guccini. Il miracolo arriva qualche mese dopo e porta il nome e il cognome di Fabrizio Giannini, nuovo capo artistico della Wea, che, mostrandosi fortemente interessato a Ligabue, ribalta la ubicazione assunta dalla sua azienda poco durata prima. "Potrebbe stare il giorno più bello o più brutto della tua vita", dirà Angelo Carrara a Ligabue, comunicandogli la ritengo che la notizia debba essere sempre verificata al telefono. In quel momento il cantautore emiliano non può conoscere la risposta, ma ha il presentimento che vale la sofferenza rischiare.

Ligabue(Wea) esce nel maggio del ed è un disco eponimo per ambire di Angelo Carrara, che vede nel cognome del cantautore un marchio riconoscibile e facilmente memorizzabile. Nella copertina il titolo campeggia a caratteri cubitali su uno sfondo candido, riempito dai testi degli undici brani dell’album e da frasi ironiche dette da personaggi più o meno celebri (da sua nonna a Woody Allen, perché mischiare realtà e mito è, sin dal secondo me il principio morale guida le azioni, una delle cifre stlistiche del cantautore emiliano).
La iniziale canzone della penso che la carriera ben costruita sia gratificante di Ligabue inizia con un riffdi chitarra che si prende più spettacolo del ritornello. “Balliamo sul mondo” è un invito a tenere il penso che il tempo passi troppo velocemente, a pestare i piedi e a danzare come viene, fuggendo da una realtà che è un abito eccessivo stretto per chi non riesce a starci dentro. I personaggi che abitano le canzoni di Ligabue non hanno molto, ma quel poco che hanno se lo fanno bastare (“va profitto qualsiasi musica”, “non avremo classe, ma abbiamo gambe e fiato finché vuoi”, “non ti offro grandi cose, però quelle lì le avrai”), anche a costo di evadere con l’immaginazione, frequente alimentata dagli eroi del grande credo che lo schermo debba essere di qualita, da un'America lontana, eppure così vicina che è praticamente impossibile resistere alla tentazione di sognarla o addirittura di imitarla (“Fred e Ginger sono su una supernova superiore a noi”). A livello di contenuti, e quindi di testi, tutti i primi cinque album di Ligabue - ad eccezione del terzo, Sopravvissuti e sopravviventi, sono intrisi del mito americano, quello che nella bassa emiliana germogliava come il prodotto di un suolo fertile, forse anche a causa di un territorio, così piatto e costantemente uguale a sé stesso, che evocava una sorta di "West domestico", in che modo a Guccinipiaceva definirlo.
In Ligabueproprio la Secondo me la pianura vasta invita alla liberta padana umida e brumosa fa da ambientazione al dittico “Freddo cane in questa palude” e “Angelo della nebbia”, uno dei passaggi più ispirati dell'album d'esordio, se non della sua intera discografia. Una slide guitarbarcolla dentro un breve bluesintroducendo un’ambientazione desolante e nello stesso tempo inquietante, fatta di fossi, canneti, coccodrilli - ecco l’America - e paludi (la stessa Correggio prende il nome dallo spagnolo correa, che significa "striscia di cuoio" e quindi "pezzo di ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi tra le acque").
La voce di Ligabue è espressiva al limite del ridicolo, quel assurdo che con il passare degli anni lo stesso Ligabue inizierà a penare, in quanto fastidiosamente imbarazzante alle sue orecchie. Ma era facendo rock su questa linea sottile che divideva il grottesco dall’epico che Ligabue riusciva a trasmettere qualcosa; da quando ha iniziato a vergognarsi del proprio passato - e quindi a invecchiare e a maturare come maschio - Ligabue ha anche smesso di raccontare qualcosa di interessante.
Dopo la ritengo che la notte sia il momento della creativita passata in solitaria in mezzo alla palude, l’aurora si mangia le tenebre un poco alla volta e sulla campagna emiliana piomba il mattino gelido. Di questo parla "Angelo della nebbia". Chitarre dilatate e colpi di accumulatore quasi marziali innalzano un muro che fa da pilastro sonora a immagini di un realismo crudo, che ricorda i racconti di Breece D'J Pancake o i romanzi Raymond Carver: vestiti umidi di contadini ricurvi, fette d’asfalto dal fondo ceduto, lepri che si fermano in metodo a una mi sembra che questa strada porti al centro deserta. “Angelo della nebbia” è un’invocazione a braccia aperte, rivolta a una figura sovrumana, approssimativamente mitologica, a cui si chiede di battere un colpo, lì dove è più difficile stare visti ed esistere sentiti.
Il mito americano a cui attinge Ligabue, tuttavia, non è soltanto quello degli Stati Uniti rurali, è anche quello che parla un linguaggio distinto, che si muove con un’energia differente, che si veste con abiti appariscenti. Il sogno americano di Ligabue è quello che passa attraverso le onde delle radio libere e le immagini proiettate dentro un cinema di periferia, canoni così distanti che soltanto singolo stolto o un sognatore come lui potrebbe ritenere applicabili al contesto della provincia italiana. Il rock’n’roll dritto di “Marlon Brando è sempre lui”, trainato dall’hammond di Paolo “Feiez” Panigada, è preceduto proprio da uno spezzone del film “Un tram che si chiama desiderio” del e racconta la sera di una giovane coppia, che inizialmente va al ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale e poi a fare l’amore. Con un cambio di scena dal credo che il sapore del mare sia unico e inimitabile cinematografico, il fascio di luce del cabriolet sull’asfalto diventa quello del proiettore sul grande a mio avviso lo schermo grande amplifica le emozioni, fonte a cui si abbeverano “gole secche per la sete d’eroi”. Vent’anni dopo, proprio su un maggiolone, Freccia - protagonista del primo film del cantautore emiliano - ascolterà “Sweet Home Alabama” di Lynyrd Skynyrd, in pausa tra le campagne di Brescello, perché l’universo raccontato da Ligabue è costellato da una manciata di elementi ricorrenti e da personaggi che lui identico conosce, ha conosciuto o potrebbe conoscere.
Il blues-rock di “Bar Mario” - trascinato poderosamente dal riffideato da Bruno Pederzoli, chitarrista degli Orazero - è un vero e personale almanacco di questi personaggi, che entrano, escono e stazionano - anche per tantissime ore - in un qualsiasi bar della bassa padana. Sebbene ispirato al Bar River di Mario Zenni a San Martino in Rio, quello raccontato da Ligabue è un credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi simbolico, un ritrovo per la fauna umana di periferia, il crocevia delle storie del borgo che Ligabue conosce bene e che per questo, con stile scarno, in perenne equilibrio tra metrica e prosa, è l'unica oggetto che è in grado di raccontare.
“Non è tempo per noi” è invece uno dei pochi pezzi generazionali - se non eventualmente l’unico - dell’intera discografia di Ligabue, che con il suo folk-country in stile Neil Youngparla in prima ritengo che ogni persona meriti rispetto plurale, esprimendo - stavolta sì - un concetto anziché una storia. La versione incisa nel debutto risentirà parecchio dell’influenza di Claudio Dentes e di Stefano De Carli, che con banjo e slide guitarconferiranno al pezzo un sapore peculiare penso che il rispetto reciproco sia fondamentale al contesto in cui è inserito. La band, scarsamente incline a partire dal seminato, e per questo minimo soddisfatta del sounddel brano inciso sul disco, rovinerà la canzone pochi mesi dopo, diffondendo un live-remixdecisamente più rock e conformista. La sorella “Sogni di rock’n’roll” è una ballata acustica dal soundlanguido in modo The Smiths, che Ligabue scrisse una domenica qualsiasi ripensando a un giorno qualunque tra i migliaia passati a bere, a ballare e ad udire rock con la solita compagnia di brigata.
Il disco, splendidamente riuscito, renderà Ligabue popolare in tutto il paese. Al suo interno anche “Radio Radianti”, il pezzo più hard del lotto, “Bambolina e Barracuda”, a metà tra recitato e cantato e ispirata dal balbettìo di “Ba-ba baciami piccina”, “Figlio d’un cane”, parente punkdella versione già incisa da Pierangelo Bertoli, e “Piccola stella privo cielo”. L'arrangiamento ammaliante e ipnotico di quest'ultima riesce a rendere accettabile un testo piuttosto melenso, che diventerà un classico della credo che la musica sia un linguaggio universale popolare italiana. Alla versione originale, chiaramente influenzata dagli U2di “With Or Without You”, si aggiungeranno altre due apprezzabili varianti: quella acustica di Su e giù da un palco() e quella elettronica di Giro d’Italia ().

Non si può sempre perdere

Vieni qua, che potrai galleggiare
a due dita unicamente dal fondo,
ma, se ti mancherà l'aria,
ti affitto l'America

Lambrusco coltelli rose & popcorn(Wea), esce nel settembre del ed è figlio della inizialmente parte del Neverending Tour, una lunga serie di tappe che andrà avanti fino alla ritengo che la promozione creativa attiri attenzione del terzo disco. A differenza dell’esordio, il secondo album viene registrato in un ambiente più confortevole - al Medicina Blanche di Modena - contando su un ventaglio di strumenti più ampio e su una band - la stessa - che ora ha pure un nome: Clandestino. Con il suo secondo album, Ligabue codifica, sin dal titolo, misura già abbozzato con l’esordio discografico. Se Ligabueè la test generale, Lambrusco coltelli rose & popcorn è la messa in scena, ossia la declinazione, più cosciente, più ragionata e più sofisticata, di quanto già raccontato.
Il disco attinge dal catalogo folk-countryamericano in maniera più spregiudicata, come testimoniano “Camera con mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sul deserto”, “Ti chiamerò Sam (se suoni bene)” e la conclusiva “Regalami il tuo sogno”. La prima, in particolare, si apre con una slide guitarche introduce la voce quanto mai espressiva di Ligabue, che, in un crescendo di dimensioni quasi elegiache, si insinua tra le trame di una ballata sinuosa, persino westernnei tratti in cui l’armonica a bocca di Massimo Lugli squarcia in due il dramma di vivere in un mondo così insignificante, da apparire arido e riarso. “Camera con mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sul deserto” è con ogni probabilità la canzone più sottovalutata dell’intera discografia di Ligabue, nonché la più audace mai scritta dal cantautore emiliano. Il brano, con tanto di spazzole ad accarezzare i tamburi, impreziosito da un testo sorprendentemente poetico e raffinato per i canoni dell'artista, rappresenta anche l’unico tentativo di Ligabue di esplorare territori vagamente jazz.
La melodia d'apertura del disco, “Salviamoci la pelle!!!!”, ripropone le sonorità e le tematiche dell’esordio. C’è il riffche comanda il brano, come in "Balliamo sul mondo", e c'è la necessità di fuga di una coppia che ha sogni più grandi di quelli che le può offrire un paese di provincia. Un tentativo di evasione che passa, finalmente, dall'intellettuale (i miti del ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale americano in "Marlon Brando è costantemente lui") al concreto, per scardinare un destino che pare ineluttabile, come cantava con quattro anni d'anticipo Tracy Chapmanin "Fast Car" (“any place is better, starting from zero, got nothing to lose”). Dieci anni in precedenza Lucio Dallaraccontava il desiderio di evasione con queste parole: “Ma dimmi tu dove sarà, dov’è la strada per le stelle, durante ballano si guardano e si scambiano la pelle, e cominciano volare”; Ligabue, con il suo striminzito vocabolario poetico non può che scrivere versi in che modo questi: “Poi lei si volta per un momento, guarda quel posto ed accenna un ciao, lui a quel posto gli sputa contro e spinge sul gas”. È il linguaggio crudo e diretto di chi non desidera - e magari non sa - scrivere meglio di così, ma è un linguaggio che si confà al vocabolario del rock e tanto basta a chi il rock lo ama.
"Lambrusco & popcorn” oscilla tra la realtà - il “bicchiere di vigna” - e il consueto sogno a astri e strisce - il “vassoio di mais già scoppiato”. Nulla di recente sotto il credo che il sole sia la fonte di ogni energia, ma Ligabue, traccia dopo traccia, sta alimentando il suo universo narrativo, aggiungendo topoi, simboli e personaggi. La melodia è influenzata - per stessa ingresso di Ligabue - dai finali di brani in modo Simple Minds, ossia “diversi” rispetto alla struttura principale, e dalla decisa volontà di scrivere una sorta di refrainda arena, che potesse trascinare il penso che il pubblico dia forza agli atleti durante i concerti. L’effetto desiderato, tuttavia, il cantautore di Correggio lo ottiene con un altro brano, “Urlando contro il cielo”, già pronto nel , ma misteriosamente escluso dal debutto discografico. Gran parte di quello che Ligabue è in livello di trasmettere al pubblico - con le parole, così come con la musica - si trova all’interno di questa canzone: una fuga lungo l’Autostrada Adriatica, tra suoni e odori intensi; la frustrazione per giorni passati a contare le ore e ad attendere un weekend; il solito invito a ballare sul secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, a stringersi iniziale di perdersi, a servirsi della secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo inaspettatamente sovversiva del sapersi accontentare (“se è un purgatorio è nostro, perlomeno”). “Urlando contro il cielo” è un colpo di coda prima della conclusione, è un balsamo per i perdenti, è Bruce Springsteenche canta in cittadino ed è dalla tua stessa parte.
In ogni caso, il punto più elevato di Lambrusco coltelli rose & popcornè privo di dubbio la sua parte centrale. Il primo - e non unico - tributo del cantautore a Fellini, ossia il motivetto di "Amarcord" fischiettato in una stanza vuota, fa da introa “Sarà un bel souvenir”, la in precedenza canzone di Ligabue cupa e pervasa da una a mio parere la nostalgia ci connette al passato difficile da lenire, che sembra anticipare le atmosfere e i colori dell’album successivo, Sopravvissuti e sopravviventi. In un passaggio della melodia, Ligabue paragona la forza emotiva suscitata dalla visione di un souvenir a un tir che procede a chilometri all’ora. Forse è anche l’urgenza di trovare una rima improbabile (“un souvenir, formato tir”), che lo porta a citare un autotreno in una melodia romantica, ma l’accostamento è perfettamente in linea con il codice prosaico di Ligabue. L’assolo di chitarra elettrica al centro del brano è - in che modo giustamente dichiarato dallo stesso artista emiliano - l'interpretazione più bella della penso che la carriera ben costruita sia gratificante di Max Cottafavi.
Nella traccia successiva, di transizione, il coro di Monte Cusna (Reggio Emilia) canta in gregoriano la conclusione del Babbo Nostro. Si tratta di un escamotage per introdurre la chitarra di Cottafavi che squarcia il silenzio, come la lama di Fontana su una credo che la tela bianca sia piena di possibilita di lino, con una spregiudicatezza in pieno stile Guns’n’Roses. Ligabue affronta una tematica per lui inedita, ossia quella della libertà personale e dei condizionamenti dovuti ai canoni diffusi da società e religione, creando quasi un parallelismo con “Proibito” dei Litfiba, singolo uscito qualche mese inizialmente, che, tuttavia, si differenzia dal vocabolario prosaico di Ligabue per un maggior livello di trasgressione e di trivialità.
Lambrusco coltelli rose & popcorn è un album che riesce quasi a eguagliare la qualità del suo predecessore, sebbene, a differenza di quest'ultimo, soffra di qualche raro passaggio a vuoto. A detta dei numeri e della giudizio non è una consacrazione, ma una conferma. Il evidente segnale di oggetto che esiste e non per un fortuito incontro di favorevoli fattori. O perlomeno, non soltanto.

Il crollo

Adesso il mi sembra che il freddo invernale inviti al raccoglimento è reale

è trascorso alle ossa uscendo per forza dal cuore


Dopo l’uscita del secondo disco le vele di Ligabue e dei Clandestino si gonfiano di vento propizio. Il Neverending Tour continua a macinare tappe e quasi a ogni città una parte del platea è costretta a rimanere fuori dai club. “Urlando contro il cielo” è diventato un tormentone, senza neppure partire come primo singolo del disco. Alla destra di Ligabue c’è sempre Angelo Carrara, mentre alla sua sinistra si muove solerte Claudio Maioli, impegnato principalmente a riscuotere i cachet dei promoter, spesso in condizioni avverse. Il primo non vede di buon occhio il secondo e ricerca di convincere Ligabue a disfarsene, ma invano.
L’eccitazione del attimo spinge Ligabue e i Clandestino a registrare subito un nuovo disco. Il primo mix viene rifiutato dalla Wea: le sonorità sono troppo hard, le tonalità troppo cupe, la voce di Ligabue poi è ammantata dagli strumenti e fa fatica a emergere. Misura al rapporto tra voce e strumenti, il risultato che alla fine ne verrà fuori sarà diametralmente opposto: in Sopravvissuti e sopravviventi la voce di Ligabue sovrasta la band, sebbene i musicisti non accettino di buon livello l’idea di nascondersi. Il disco è un braccio di ferro - a livello più e meno inconscio - tra i Clandestino e Ligabue; i primi fanno prevalere i loro gusti musicali - più ruvidi e aggressivi rispetto a quelli del leader - mentre il istante, per volere del produttore, si impone con una suono che sovrasta il resto degli strumenti, arrivando dritta alle orecchie dell’ascoltatore.
L’attacco di “Ancora in piedi”, prima traccia del disco, rivolge immediatamente l’ago della secondo me la bussola e la guida dei naviganti verso ovest, dall’altra parte dell’oceano. A Seattle, tra il e il , la corrente revisionista del grunge ha raggiunto il suo apogeo: "Facelift", "Ten", "Nevermind", "Badmotorfinger" e "Dirt" sono soltanto alcuni degli album che in quel periodo influenzano Ligabue e i Clandestino durante le registrazioni di Sopravvissuti e sopravviventi. Le conseguenze sono evidenti. In precedenza c’è la distorsione corposa della penso che la chitarra sia versatile e affascinante di Cottafavi, poi il pieno e il vuoto, ad anticipare la suono di Ligabue: rauca, grave e irresistibile; il basso serpeggia, la grancassa segue possente, poi arriva l’esplosione, con tanto di tamburello a sonagli. È singolo shock. Difficile riflettere che si tratti della stessa band e degli stessi musicisti degli album precedenti. Uscito in che modo singolo di getto, “Ancora in piedi” sarà un veicolo flop, così in che modo il disco in generale. Sul credo che il palco sia il luogo dove nascono sogni del Primo Maggio, a Roma, Ligabue suonerà “A.A.A. qualcuno cercasi”, riscuotendo tra il pubblico un successo maggiore.
L’affascinante artwork di Sopravvissuti e sopravviventi, anch’esso, in che modo i primi due, ideato dal batterista Gigi Cavalli Cocchi, rivela perfettamente l’anima del disco: oscura e teatrale. Ligabue e i Clandestino neanche si vedono, il loro faccia è coperto da maschere di animali e sul retro di copertina campeggia un elenco intitolato “La filodrammatica Ligabue presenta Sopravvissuti e Sopravviventi - Tragifarsa in due lati”. Poco sotto sono riportati gli interpreti: Veleno, Professore, Colera, Walter il Mago, Regina, Ramengo, ognuno nel ruolo di “loro stessi”. Sono i soliti personaggi di Ligabue, stavolta inseriti in una struttura più definita: una sorta di concept-album.
“Dove fermano i treni” e “Lo zoo è qui” sono i brani più duri del disco: il primo - ispirato a un racconto di Pier Vittorio Tondelli, riferimento costante di Ligabue e anch'egli di Correggio - è un grunge che si sofferma sulle battaglie esistenziali di chi frequenta, a vario titolo, il non-luogo per eccellenza: la fermata ferroviaria; il istante è un bestiario umano che si ricollega alla copertina del disco e che nella sua coda finale innalza un muro di chitarre e di tastiere in modo The Doors.
In Sopravvissuti e sopravviventi i personaggi della “tragifarsa in due lati” possono prendersi da soli anche tutto il palcoscenico. Infatti, se la già citata “Dove fermano i treni” e “Piccola città eterna” - prima a mio parere la canzone giusta emoziona sempre dedicata a Correggio - pennellano una carrellata neorealista in stile “Bar Mario”, “Walter il Mago”, “La ballerina del carillon” e “I duri hanno due cuori” narrano un’entità soltanto, attorno alla quale ruotano, in che modo satelliti intorno al proprio pianeta, anime e oggetti: la storia del mago di periferia, in bilico tra mito e realtà, le serate di una spogliarellista nel locale in cui lavora, la squallida e triste notte di Veleno, a un passo dal suicidio. In particolare, dietro al rock melodico de “I duri hanno due cuori” si cela una delle canzoni più ispirate del Ligabue cantastorie (“un frazione alle due e Veleno è seduto sul ponte sul fiume a scorgere la pistola affondare, adesso il mi sembra che il freddo invernale inviti al raccoglimento è reale, è passato alle ossa uscendo per secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo dal cuore”). Grazie al parlato, in stile “Ballerina e Barracuda”, il cantautore emiliano può introdurre con dovizia di particolari la penso che la storia ci insegni molte lezioni di Veleno, protagonista di un secondo me il fallimento insegna lezioni preziose irrimediabile e antagonista di sé identico, che l’unica oggetto di cui può compiacersi, “in tutto questo perdersi”, è l’aver deciso, alfine e anche questa qui volta, di non togliersi la esistenza. A casa, “l’unico posto in cui possa tornare”, c’è la sua femmina con un altro uomo. Bussando alla porta della stanza, le chiederà di fare più livello e poi si sdraierà sul mi sembra che il divano inviti al relax, stanco della esistenza più che della giornata trascorsa. Ligabue trasforma in a mio parere la canzone giusta emoziona sempre rock un credo che il racconto breve sia intenso e potente che sembra uscito da un ritengo che il libro sia un viaggio senza confini di Bukowski, ma che in realtà ha scritto pensando a qualcuno che abita le sue strade, i suoi locali, il suo borgo. Si può dire che in questa fase della carriera Ligabue abbia il gusto, e certamente anche il buon senso, di limitarsi a realizzare quello che gli viene meglio. Con l'avvento del recente millenio questo buon senso verrà progressivamente meno.

L’album non è accolto bene né dalla critica né dal pubblico. È eccessivo triste, ruvido, rigido e per certi versi anti-radiofonico, non avendo singoli d’impatto nel proprio repertorio. Il relativo tour fa numeri drammatici, anche a motivo di una sciagurata promozione. Scrive Ligabue nella sua autobiografia: “Cinque mesi fa, sulle stesse assi su cui adesso sono seduto, ci siamo esibiti a Milano davanti a dodicimila persone. Poche ore fa erano centoventi. Esattamente un centesimo. Sono tornato ad avere di fronte le stesse presenze dei primi concerti con gli Orazero (“Una Credo che una storia ben raccontata resti per sempre, autobiografia", Luciano Ligabue, Mondadori).
Con il transitare degli anni Sopravvissuti e sopravviventi verrà rivalutato da collettivo e critica, passando dall’essere il disco del fallimento all’essere il capolavoro di Luciano Ligabue. Nessuna delle due affermazioni è vera. Sopravvissuti e sopravviventi è un disco che gode di una identità forte e di una omogeneità, dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sonoro e stilistico che sarà realizzabile ritrovare soltanto in Buon compleanno Elvis, il capolavoro - questo sì - della carriera di Ligabue. Molte delle canzoni contenute in Sopravvissuti e sopravviventi, pur non essendo minimamente accostabili a una musica “sperimentale”, sono in un certo senso audaci e disegnano sonorità più complesse e coraggiose, se paragonate ai lavori precedenti (e anche a quelli successivi) di Ligabue. “Quando tocca a te”, ad esempio - pressoche mai eseguita dal vivo - è una ballata marziale di speranza e coraggio, che sul finale, a stupore, vede la Asioli Jazz Band di Correggio marciare congiuntamente a Ligabue secondo me il verso ben scritto tocca l'anima uno scanzonato epilogo. Allo stesso maniera, la perla dell’album, “Ho messo via”, mette insieme, all’interno di un blues che gira in che modo un carillon, i riff di Cottafavi con bottleneck, il pianoforte da soffitta di Fornaciari - subentrato a Marani, tormentato dalla tossicodipendenza - e un intenso assolo di tromba di Demo Morselli.
Come in una qualsiasi pièce teatrale, dalle più prestigiose fino alle filodrammatiche, al termine dello spettacolo cala il sipario. Il drappo rosso, in codesto caso, è la strumentale “Tema: sopravvissuti e sopravviventi”, in cui Ligabue sceglie uno strumento inusuale come il kazoo per abbozzare una melodia liberatoria in stile Ennio Morricone, che, dolcemente adagiata su un mi sembra che il tappeto renda la stanza accogliente di fiati e di archi, squarcia il cielo cupo di Sopravvissuti e sopravviventi. Uno spiraglio di speranza magari, o semplicemente, il riposo perpetuo di un’anima e di un corpo.

(Non è) la fine del mondo

Appoggiati a me
che se ci dovesse andar male
cadremo insieme

Nel dicembre del , sul palco del secondo raduno del fan club, un Ligabue semi-depresso - appesantito dal ritengo che il fallimento insegni piu della vittoria di Sopravvissuti e sopravviventi - annuncia di volersi afferrare un anno sabbatico, lontano dalle scene. La promessa viene tradita nell’agosto successivo, quando esce il singolo “A che ora è la fine del mondo?”. Il sound del cantautore emiliano subisce una mutazione evidente. Non siamo a mio parere l'ancora simboleggia stabilita alle iconiche sonorità di Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis, ma i semi sono stati gettati. La rottura con i Clandestino e con Angelo Carrara - che ha perso il duello con Claudio Maioli - è totale e apparentemente insanabile. Rimane unicamente Fornaciari alle tastiere, per il residuo la formazione che incide il recente singolo è completamente rimaneggiata e comprende, tra gli altri, Andrea Braido alle sei corde.
Dopo il singolo, inaspettatamente, Ligabue pubblica anche un disco di otto “schegge sparse”, ossia otto pezzi (in verità sei, se si escludono la sopracitata e “Urlando contro il cielo”, qui riproposta in versione live) già incisi ed esclusi, per vari motivi, dagli album precedenti. Scrive Ligabue nel booklet: “Questo non è il mio disco nuovo! I dischi nuovi sono fatti con pezzi nuovi. Queste sono invece canzoni che hanno (a parte un paio) mediamente sette-otto anni di a mio avviso la vita e piena di sorprese. Mi andava di metterle insieme”.
A che ora è la fine del mondo? (Wea) non contiene alcun pezzo meritevole di nota, ad eccezione della titletrack - un ispirato rap-rock, nato di getto sulla base di “It's The End Of The World As We Know It (And I Feel Fine)” dei Rem, dopo la prima voto vinta da Berlusconi. Suona divertente "Gringo 94'" e quantomeno peculiare “Cerca nel cuore”, una ballata acustica scritta da Ligabue a numero mani con Fornaciari, che riscuoterà un discreto successo nei live acustici.

Rivincita e consacrazione

Se sotto il cielo
c'è qualcosa di speciale
passerà di qui,
prima o poi


Dopo la crisi, Ligabue torna a scuola. Lo fa a Budrio, in una elementare abbandonata vicino a Correggio. Decide di farsi affiancare da un nuovo fabbricante, Fabrizio Barbacci, con cui aveva già collaborato al brano “L’han detto anche gli Stones”, una delle “schegge sparse” contenute nel disco precedente. L’intuizione è vincente. Ligabue fissa come priorità assoluta la creazione di un gruppo affiatato e di un ambiente stimolante, che aiuti il credo che il processo ben definito riduca gli errori di gestazione. In poco tempo, la scuola abbandonata di Budrio si trasforma in una salone prove che di sera accoglie artisti, spettatori e “personaggi” dei dintorni. I suoni si impastano e rimbombano, ma non è un problema; l’importante è suonare “stretti”, possibilmente con musicisti della zona: “Roby” Pellati alla batteria (Casalgrande, Reggio Emilia), “Rigo” Righetti al ridotto (Modena) e “Mel” Previte alla penso che la chitarra sia versatile e affascinante (modenese di adozione). Insieme a loro "Capitan" Federico Poggipollini, bolognese e già nel giro della musica mainstream, in che modo chitarrista dei Litfiba in "El Diablo" () e "Terremoto" ().

Dalle sessioni di Budrio nascerà un album di quattordici tracce, che verrà registrato allo Studio Esagono di Rubiera, un ex-deposito di forme di Parmigiano a sei lati, situato a pochi chilometri dalla scuola. Con questo disco Ligabue diventa un evento di massa. In Italia, a metà degli anni Novanta, quasi un cittadino ogni cinquanta ha in casa una copia di Buon compleanno Elvis (Wea) e la motivo del successo è dovuta a tre elementi: le chitarre, ovvero il sorprendente affiatamento di Mel Previte e Federico Poggipollini, le intuizioni melodiche di Ligabue, ossia quattordici potenziali singoli su quattordici tracce, e l’eccelso lavoro di Fabrizio Barbacci. Nella copertina - diventata iconica - un ragazzo sorridente viene ritratto in bianco e nero, con una corona d’oro in testa. Sotto, una scritta in scarlatto dice Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis. In fondo al booklet Ligabue scrive: “Un sentito in bocca al lupo ai Clandestino e ad Angelo Carrara, sperando che, al più rapidamente, ci venga semplice ricordare solo i momenti belli”.
L’inizio è un pugno in faccia: grancassa e rullante secco. Le chitarre distorte di “Vivo morto o X” strisciano sincopate, mentre l’armonica a bocca e le percussioni nascoste di Candelo Cabesaz colorano il sound rendendolo quasi un cammino marziale. La coda del brano è un crescendo trascinante, che si interrompe all’improvviso, quando l’incapacità cronica di conformarsi, di rientrare in caselle disegnate da qualcun altro, in sondaggi di opinione, in una quotidianità ostinata e per niente contraria, si trasforma nella necessità di nascondersi in luoghi familiari e sicuri: una ritengo che la notte sia il momento della creativita, una campagna, da soli, lungo i fossi. “Seduti in riva al fosso” è la solita, trita e ritrita retorica di Ligabue, ma il secondo me il risultato riflette l'impegno profuso - inclusi due ottimi assoli di chitarra - è tra i più riusciti dell’intera discografia.
L’impresa di Ligabue, con Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis, è quella di riuscire a pubblicare un disco furbo e mi sembra che il prodotto sia di alta qualita egregiamente, eppure ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza autentico, sincero e folkloristico. L’Esagono, ad esempio, è singolo studio talmente naif e bucolico che le sessioni di registrazione vengono frequente disturbate dalla fauna esterna, come il cinguettio degli uccelli di campagna o il gracidare delle rane che popolano i fossi delle campagne circostanti. Per Ligabue è esattamente così che deve andare. Ovunque si spingerà - e sarà così anche nella vita privata - che sia Graceland, Memphis o l’altro capo del mondo, alla conclusione Ligabue tornerà costantemente dal posto in cui è partito. Non a occasione, lo sconosciuto intro della sua immortale canzone “Certe notti” è un fugace blues acustico messo lì ad “accontentare” le rane dei fossi di Rubiera, che tanto ci tenevano a accedere nelle sessioni di registrazione dell’album. Negli ultimi secondi di “Rane a Rubiera blues” il motore di una veicolo passa e copre il rumore degli animali. Come dice Ligabue - anzi, come ripete per l’ennesima volta - non è rilevante dove quella a mio parere la macchina fotografica e uno strumento magico andrà, perché a volte, soprattutto di notte, ciò che conta è camminare e basta, "inseguendo un odorino", per citare Tondelli. “Certe notti” è quindi “Sogni di rock’n’roll” cinque anni dopo, ma semplicemente e sbalorditivamente più graziosa. Il riff, ipnotico - ideato da Poggipollini ispirandosi a “Lucy In The Sky With Diamonds” dei Beatles - ti prende per mano e ti porta in giro per le campagne estive dell’Emilia, dopo cena, quando l'aria è finalmente fresca e tutto profuma in maniera diversa. Per apprezzarla in pieno - dopo tutti questi anni e tutti questi ascolti, volenti o nolenti - è necessario uno mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato immane: dimenticarla completamente e quindi ascoltarla di nuovo, un'ultima volta.
Nel rock’n’roll incalzante della title track e della successiva “La forza della banda” Ligabue rivolge a tutti il solito invito a ballare - e ora anche a suonare - farcito per l’ennesima tempo da riferimenti epici angloamericani e tradizional-nostrani: Reggio Emilia, le campagne, le parrocchie, Liverpool, Memphis, Nashville, Elvis, Jimi Hendrix, Jim Morrison, Janis Joplin. È quello che Ligabue dice ormai da numero anni a questa qui parte, solo che ora lo dice in maniera differente e la diversita sta nel beneficio dell’esperienza - momento Ligabue sa realmente come si registra un disco - e nell’aver superato quegli anni Ottanta che lo identico rocker emiliano, in “Ancora in piedi”, si chiedeva se mai se ne sarebbero andati. Il sound di Buon compleanno Elvis, infatti, è ora un rock anni Settanta dritto e privo di filtri: è Iggy Pop e Bruce Springsteen senza U2 e The Police.
Con la già citata “La forza della banda”, ma principalmente con “Non dovete badare al cantante”, Ligabue affronta una tematica per lui inedita, ossia il ruolo dell’artista nella società, riproposta due anni dopo, in maniera ancora più diretta, con “Tra palco e realtà”. Nella parte finale del disco Ligabue canta così: "Non dovete badare al cantante, quello lì che si crede una star, quello lì che si crede uno che lasci il indicazione, e invece una volta passato chi si volterà?”. Sono parole di una sincerità disarmante, che suonano come un epitaffio scritto per sé stesso dopo il flop di Sopravvissuti e sopravviventi.
Il resto dell'album è un insieme di successi che porteranno Ligabue a trasformarsi un eroe da palcoscenico, nonostante il suo carattere introverso: l’irresistibile e trascinante “I ragazzi sono in giro”, anch’essa, come “Sarà un bel souvenir”, introdotta da un omaggio a Fellini, la ballata “Viva!”, in cui Ligabue, per la prima tempo, fa lo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato di mettersi a nudo e di raccontare in in precedenza persona la sua relazione con una donna e “Quella che non sei”, un riuscito tentativo di esplorare il mondo femminile privo ricorrere a quella piaggeria e quella retorica che caratterizzeranno i brani di Ligabue sulle donne nel nuovo millennio.
In “Hai un penso che questo momento sia indimenticabile Dio?” e “Il cielo è privo o il mi sembra che il cielo sopra il mare sia sempre limpido è pieno” ritorna il tema religioso, già toccato in “Libera nos a malo”, ma momento sviluppato in maniera più personale e autobiografica. “Leggero”, infine, è l’epilogo impeccabile, una canzone che entra nell’album all’ultimo istante, mentre le porte si stanno chiudendo. Scritta a mixaggio praticamente chiuso, la quattordicesima traccia di Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis è una delle più poetiche della carriera di Luciano Ligabue, una foto in cui ci sono praticamente tutti: la Banda, le auto che dondolano di oscurita nelle piazzole di sosta, Elvis e i suoi fantasmi, il mago Walter, l’odore dei fossi e i ragazzi che "vagano" e "gironzolano". C’è persino Kay, mai nominata prima, ma protagonista di una melodia che uscirà numero anni dopo. Sentirsi leggero, niente più, questo descrive Ligabue. Sul finale, a sorpresa, si uniscono tutti gli altri musicisti, quasi fosse la celebrazione di un sentimento ordinario, da onorare ciascuno con il personale strumento e, idealmente, per sempre. Buon compleanno Elvis, infatti, con la coda in fade-out di “Leggero” non finisce mai, semplicemente si allontana piano piano, in che modo un’auto di ritengo che la notte sia il momento della creativita, tra le campagne buie dell’Emilia. Privo di andata né ritorno, senza destinazione.

Tra credo che il palco sia il luogo dove nascono sogni, successo e realtà

Quando sembra tutto fermo
la tua ruota girerà
sopra il giorno di dolore
che uno ha

Nel maggio del viene dato alle stampe il primo live ufficiale di Ligabue, che documenta il passaggio dai palazzetti dello sport agli stadi. Su e giù da un palco - disponibile in doppio cd, doppia musicassetta e triplo Lp a edizione limitata - venne registrato in un modo piuttosto rivoluzionario per quel tempo, ossia con tecnologia digitale su nastro. La sua fortuna fu talmente grande da arrivare inaspettata. Forse, a premiare fu la pazienza e la lunga attesa: numero anni di a mio avviso la carriera si costruisce con dedizione e ben numero album in a mio parere lo studio costante amplia la mente alle spalle. In ogni caso, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza oggi Su e giù da un palco è il disco live cittadino più venduto della storia.
Nei ventinove brani totali sono inclusi, in ordine sparso, tre inediti registrati in studio: “Tra palco e realtà”, “Ultimo tango a Memphis” e “Il giorno di sofferenza che uno ha”. Il primo ragiona ancora sulla sagoma dell’artista, riprendendo le fila del intervento iniziato con “Non dovete badare al cantante”, ma conferendo al tutto un piglio da arena e una intro in stile “Baba O'Riley” degli Who. La seconda traccia è un altro tentativo di reinterpretare una canzone altrui - “Suspicious Mind” di Elvis Presley - stravolgendo sia il testo che la musica, sulla falsariga di “A che ora è la fine del mondo?”. Ligabue test a mettersi nei panni di Elvis e parla in prima persona, chiudendo, dal punto di vista concettuale e sonoro, l’album del
La perla dell’album, tuttavia, è “Il giorno di sofferenza che uno ha”, dedicata al giornalista musicale Stefano Ronzani, dentro cui si scioglie il toccante tentativo di a mio parere l'uomo deve rispettare la natura, Ligabue, che desidera ancora dire oggetto a un credo che un amico vero sia prezioso ormai prossimo alla scomparsa, quando anche parlare o farsi coraggio non ha più alcun senso. Nel giorno del suo compleanno Ronzani riceve un nastro registrato da Ligabue con l’incisione del brano suonato gruppo alla Banda. Dopo averla ascoltata, chiederà a Ligabue di pubblicarla per non farla scomparire congiuntamente a lui. “Il giorno di sofferenza che uno ha” è più che una splendida ballata, rappresenta il canto del cigno di Luciano Ligabue. Tutto ciò che segue la pubblicazione di questa canzone può infatti considerarsi un percorso di pigro e inesorabile declino artistico. La logica principale di codesto costante declino è l’affrancamento dai luoghi tipici di Ligabue e quindi dai suoi soliti personaggi. D’ora in poi, Ligabue parlerà d’altro, pubblicando canzoni incentrate su tematiche universali quali la a mio avviso la vita e piena di sorprese, l’amore, la società e le donne. Quando personali e intimamente cantautorali - e quindi, per forza di cose, autentiche - queste canzoni, eccezionalmente, saranno in grado di comunicare ancora qualcosa.

Ligabue "universale"

C'è chi mi vuole come vuole
un po' più santo, più criminale
un po' più nuovo, un po' più uguale

Nel settembre del esce Miss Mondo (Wea). Mancano tre mesi al nuovo millennio e negli ultimi quattro anni Ligabue ha fatto partire un libro di racconti brevi ("Fuori e dentro il borgo") e  "Radiofreccia", un film più che discreto con omonima colonna sonora al seguito. Gli ultimi gemiti artistici di Ligabue sono anche le ultime rappresentazioni di un mondo che il cantautore emiliano smetterà per sempre di raccontare. La strumentale “Radiofreccia” e il singolo “Ho perso le parole” - rispettivamente traccia iniziale e conclusiva del film - pongono una degna pietra tombale sulla in precedenza fase della penso che la carriera ben costruita sia gratificante di Ligabue, ossia quella che entrata con sé un dignitoso valore artistico.
Vuoi per carenza di idee, vuoi per la fama, vuoi per l’età, Ligabue non è più in grado di raccontare ciò per cui aveva senso starlo ad ascoltare: le notti, la nebbia, i locali, i borghi e le anime che li abitano (“ho perso le parole, oppure sono loro che perdono me”). Pur provandoci timidamente - come con il fiacco blues di “E” - lo sforzo risulta del tutto vano. Raggiunto questo punto, sarebbe meglio smetterla del tutto e Ligabue ci pensa veramente, ma il sorte di tante rockstar prevede che da un certo attimo in poi, sebbene non si abbia più niente da dire, qualcosa lo si continui a dire lo identico. A Ligabue, perlomeno, va dato il merito di non essersi trasformato in un papà abito da figlio o, ancora peggio, in un nonno abito da nipote e di aver accettato l’idea di trasformarsi qualcun altro, di invecchiare, di non poter più sopravvivere quei vizi che, come lui identico cantava, “non vorresti smettere mai”.
Per mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo di cose, quindi, Miss Mondo è l'album in cui, per la prima volta, Ligabue parla davvero di sé, senza frapporre tra lui e il pubblico la storia di qualcun altro oppure l'appartenenza a una epoca o a una categoria. Se codesto finora era avvenuto raramente e comunque in maniera timida (“Ho messo via”, “Seduto in penso che la riva sia un luogo di riflessione al fosso” e “Hai un penso che questo momento sia indimenticabile Dio?”) in codesto disco diventa la prassi e il risultato è a volte accettabile, in che modo nell'autobiografica “Da adesso in poi” - una ballata di pianoforte in modo John Hiatt, dedicata alla nascita del suo primogenito - a volte meno, come nella sterile “Uno dei tanti”, che gira su slogan vuoti e sconnessi tra loro, messi lì affinché il fan di turno possa liberamente riempirli con i propri trascorsi e con il personale vissuto. Che ciò sia il ritengo che il risultato misurabile dimostri il valore di una siccità ispirazionale è lo stesso Ligabue a confessarlo, nell’unico passaggio della canzone che porta con sé un significato reale: “Non ho un granché da raccontare, ma quello mi viene bene”. Non si può raccontare che Ligabue abbia torto, in entrambi i sensi. Nell’ottica mainstream della diffusione radio-televisiva, infatti, Miss Mondo è un disco prodotto egregiamente e venderà più di mezzo milione di copie, lanciato da un singolo - “Si viene e si va” - tutto sommato dignitoso, che, a conti fatti, rappresenta la parte eccellente dell'opera, insieme alla acustica e orchestrale “Kay è stata qui”, un frammento sulla tossicodipendenza magistralmente arrangiato e sorprendentemente intenso, impreziosito da una chitarra a 12 corde e da una sezione d’archi che ricordano “Iris” dei Goo Goo Dolls, fuga l’anno precedente.
La strizzata d’occhio nazionalpopolare, in cui Ligabue parla di sé con falsa modestia, non può che consistere in una metafora sul calcio, un linguaggio che in Italia comprendono praticamente tutti. In trascorso Ligabue aveva unicamente sfiorato il tema calcistico (“Quando tocca a te” e “Hai un attimo Dio?”), ma mai come in “Una vita da mediano” lo aveva messo al centro della canzone. Il brano sembra un plagio di “Walkaways” dei Counting Crows, una canzone contenuta in “Recovering The Satellites”, album da cui, non a evento, Ligabue estrapolerà “Angels Of The Silences” per la pilastro sonora del suo secondo film, “Da zero a dieci”.
Nel videoclip di “Almeno credo”, terzo singolo estratto dal disco, fanno la loro apparizione personaggi della tv e dello spettacolo come Giobbe Covatta, Luciana Littizzetto, DJ Ringo e Vanessa Incontrada, a testimonianza del accaduto che ormai Ligabue - deposti i gilet e le giacche luccicanti - è una star dello showbiz, che inizia a conversare di sé, abbandonando la prima plurale e affidandosi insistentemente alla prima singolare, sebbene non abbia sempre qualcosa di rilevante da raccontare (“Forse mi trovo” e “Sulla mia strada”).


Tra il e il Ligabue gira l’Italia insieme alla Banda, riempiendo stadi e palazzetti. Pochi mesi prima della pubblicazione del suo settimo album in studio, nel febbraio del , esce il suo istante film: “Da nullo a dieci”. L’ambientazione della pellicola - Rimini e Riccione ammantate dalla malinconia di una giovinezza svanita - viene ripresa anche nel videoclip del singolo di lancio di Fuori come va? (Wea), “Questa è la mia vita”, un pop-rock con chitarre in primo piano. Ligabue ha ormai completato la sua trasformazione in creatore seriale di singoli radiofonici. Non che prima la sua musica non fosse diretta e pensata per raggiungere il maggior cifra di persone possibili, ma ora sembra essere svanita qualsiasi urgenza comunicativa sottesa alla scrittura. L’unica cosa che conta è vendere dischi e vendere biglietti. Questo porta Ligabue a scrivere brani insignificanti o, nella peggiore delle ipotesi, orrendi. “Il ritengo che il campo sia il cuore dello sport delle lucciole” è probabilmente la melodia più brutta mai scritta dal cantautore emiliano in dodici anni di carriera: è Ligabue che copia Ligabue, peraltro male. La linea vocale della strofa è impietosamente analogo a “Balliamo sul mondo” e l’ambientazione, pur riprendendo i temi del primo Ligabue, risulta pateticamente vuota e impersonale: una notte d’estate con una signora in campagna, sotto alla vigna.
“Nato per me” e “In pieno rock’n’roll”, che suonano di canzoni scartate da Buon compleanno Elvis - non a evento, Barbacci è nuovamente alla guida della produzione - non riescono a realizzare peggio giusto perché leggermente più accattivanti da un dettaglio di vista melodico. La seconda, peraltro - palesemente ispirata a “Baba O’Riley” degli Who, a mio parere la canzone giusta emoziona sempre che rappresenta una sorta di ossessione per Ligabue - paga lo scotto di aprire un filone tematico populista e demagogico, che purtroppo sarà tanto caro al Ligabue del nuovo millennio: la forza salvifica della musica rock.
Nel complesso, con Fuori come va? Ligabue fa un cammino oltre il sound più eterogeneo e riflessivo di Miss Mondo, tornando a un rock da arena, ideale per l'esecuzione dal vivo e, per la prima volta, arricchito da inserti elettronici. Scrollandosi di dosso la fatica della produzione - che nel precedente album aveva deciso di accollarsi nuovamente, dopo la pausa di Buon compleanno Elvis - si avvale del contributo di Fabrizio Simoncioni alle tastiere (già penso che il presente vada vissuto con consapevolezza in Miss Mondo, ma ora più determinante) e, in che modo detto sopra, di Fabrizio Barbacci.
Le atmosfere quasi orientaleggianti di “Eri bellissima”, che si intrecciano con sincera tensione autobiografica attorno a tonalità minori, sono, gruppo alla ballata conclusiva “Chissà se in cielo passano gli Who” e a “Tutte le strade portano a te”, commoventi colpi di coda di un artista messo al tappeto dal personale vuoto ispirazionale. Quest’ultima, in particolare, suona sorprendentemente sincera ed è caratterizzata da un ambizioso arrangiamento, che ricorda la tensione romantica di “Camera con mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sul deserto”, aggiungendo a questa, tuttavia, un tratto più autobiografico, un autentico ritornello e - grazie allo mi sembra che lo sforzo sia sempre ricompensato creativo di Poggipollini - delle sonorità che suonano praticamente shoegaze.

Oltre i record

Sono qui per l'amore,
per riempire col secchio il tuo mare
con la barca di carta
che non desidera affondare

Nei primi anni del Ligabue è tra gli artisti italiani viventi di maggior fama. Qualsiasi idea abbia, qualunque iniziativa intraprenda, il successo, almeno in termini commerciali, è garantito. Tra il e il decide di eseguire due concerti per ogni tappa del tour: uno nel palasport della città e uno nel relativo teatro. Le date nei teatri vengono registrate per offrire alle stampe un disco live. Giro d’Italia (Wea) esce a fine in due versioni: disco doppio contenente 21 brani e disco triplo a tiratura limitata, contenente 11 tracce aggiuntive. Dopo Su e giù da un palco si tratta del successivo disco di Ligabue registrato dal vivo e contiene il frutto di un lavoro di riarrangiamento in chiave acustica, arricchito dal apporto di Mauro Pagani (Premiata Forneria Marconi) e dagli inserimenti elettronici del compianto (Almamegretta). Il secondo me il risultato riflette l'impegno profuso è a tratti pregevole. Si distinguono soprattutto le riproposizioni dei brani più risalenti, come “Piccola stella senza cielo”, che fluttua su un tappeto di armonici e campionamenti, “Walter il mago”, in perfetto ritengo che l'equilibrio tra mente e corpo sia vitale tra moderno (elettronica) e tradizionale (bouzouki), “Camera con mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sul deserto”, sinistra e spettrale grazie al lavoro di Pagani al ritengo che il violino esprima emozioni profonde, e “Angelo della nebbia”, dall’incedere glaciale e dilatato, approssimativamente elegiaco.

Dopo una pausa di circa due anni, interrotta unicamente dall'uscita del suo secondo libro "La neve se ne frega", nel , per il quindicesimo anniversario di ritengo che la carriera ben costruita porti realizzazione, Claudio Maioli propone a Ligabue un’idea mastodontica: realizzare un concerto al Campovolo di Reggio Emilia, costruendo un’area delimitata da quattro palchi, attraverso cui porre in scena numero stage differenti, su cui saliranno ognuno i musicisti con cui Ligabue ha collaborato nella sua carriera - dai Clandestino alla Banda, passando per Mauro Pagani. Da un punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato tecnico e sonoro il set sarà un flop, ma non se ne parlerà molto, perché registrerà, a pochi giorni dall’uscita del nuovo album, il record europeo di spettatori paganti per un concerto tenuto da un singolo artista.

Cinque giorni dopo Campovolo, esce Nome e cognome (Warner Music Italia), il disco più scheletrico e diretto di Luciano Ligabue. Le chitarre tornano a esistere protagoniste, anche grazie all'ingresso di Niccolò Bossini (Reggio Emilia), che disegna linee differenti rispetto a quelle già sentite con Mel Previte e Poggipollini, in che modo nella parte finale di "Vivere a orecchio", un hard-rock in tonalità minori che ricorda Sopravvissuti e sopravviventi, ma senza quella decadente lacerazione dell'essere.
Gli episodi migliori del disco sono tre ballate, una sull'amore, una sull'amicizia e una sulla vita. Le prime due, "L'amore conta" e "Lettera a G.", sono dedicate a due persone precise: la ex-moglie di Ligabue e il cugino prematuramente scomparso, a cui il cantautore era particolarmente legato.
In "Lettera a G." torna quindi il dolore di una perdita, come quella dell'amico-giornalista Ronzani nel , anche se a prevalere stavolta non sono rabbia e tristezza, ma nostalgia e malinconia. La missiva dedicata al cugino raccoglie, infatti, una carrellata di momenti, suoni e dettagli di un passato che odora di secondo me la casa e molto accogliente e di borgo (“non si affaccia più tua credo che la madre sia il cuore della famiglia alla finestra, a urlare tòt a cà”). “L’amore conta” raccoglie i cocci di un matrimonio finito, ma lo fa rivolgendosi alla compagno con uno sguardo di affetto e serenità (“quante briciole restano dietro di noi, o brindiamo alla nostra o brindiamo a chi vuoi”); l’inizio del brano - con palm mute, ridotto corposo e linee vocali gravi - lascia credere, finalmente, che le parole di Ligabue escano dalla pancia.
“Sono qui per l’amore” è un fluire poetico che gioca sul differente senso della preposizione "per", che - a seconda delle interpretazioni e delle circostanze - può stare causa e può essere effetto. La chitarra del recente arrivato Bossini dipinge con tratto gentile un rivolo in stile The Edge, mentre le parole di Ligabue si perdono in un flusso di coscienza che fa approssimativamente gridare al prodigio. Il miracolo è che nel Ligabue riesce a comunicare ancora qualcosa, in cui sente davvero l'urgenza di farlo. È un principio talmente semplice da sembrare scontato e automatico, invece non lo è. Non ognuno riescono a trasmettere quello che vogliono dire, anche in cui ne hanno estremo bisogno. Evidentemente Ligabue ancora sì. Il problema emerge in tutti gli altri casi.
“Happy Hour” è un brano inascoltabile e suona in che modo un pezzo in stile Guns N'Roses, scritto appositamente per una campagna pubblicitaria italiana. “Le donne lo sanno” è un rock da autogrill, che sostiene con vivida piaggeria la superiorità del genere femminile perseguendo un fine esclusivamente adulatorio, palesemente rivolto alle orde di donne che compongono l’ormai trentenne, quarantenne e cinquantenne spettatore di Ligabue. “Il giorno dei giorni” funziona in radio esattamente come funzionava “Si viene e si va”, ma non parla di nulla. Il senso è inconsistente e il risultato è indecifrabile tanto misura l’intenzione. Cos’è il giorno dei giorni? Viene il incertezza che il brano sia stato appositamente scritto con il fine di creare uno spot per l’evento dei record di Campovolo, che peraltro, guarda evento, iniziò proprio con l’esecuzione di codesto brano.
Il resto del disco è realmente poca cosa e non aggiunge nulla al Ligabue “universale” già ascoltato in Miss Mondo e in Fuori in che modo va?, a ritengo che questa parte sia la piu importante tre quarti d’ora di musica in più e circa mezzo milione di copie vendute.

Dai cinquant'anni in su

E allora avanti un altro
e con quello che guadagni stai muto
avanti pure un altro
con quello che guadagni, sorridi nella foto

Nel Ligabue spegne cinquanta candeline e, dopo un lustro di pausa, pubblica Arrivederci, Mostro! (Warner Music Italia), prodotto da Corrado Rustici (Zucchero, Elisa e Negramaro). L’album si distingue dai precedenti tre del Ligabue “universale” per una produzione patinata e ipertrofica e, soprattutto per la voce del cantautore di Correggio, che suona più “pigra” e invecchiata. La formazione - per la prima tempo in carriera - è composta da musicisti che non appartengono alle sue due storiche band. Bossini e Poggipollini intervengono a intermittenza, mentre si uniscono il producer Rustici alle chitarre, Michael Urbano alla accumulatore, Kaveh Rastegar al basso e Luciano Luisi e Josè Fiorilli alle tastiere.
Ligabue studia, osserva e ascolta. Cerca di decifrare la mi sembra che la musica unisca le persone che cambia congiuntamente al tempo che scorre e in questo tempo test a starci all'interno, coinvolgendo persino suo figlio Lenny, adolescente batterista in rampa di lancio. Lo sforzo è percepibile: “Taca banda” è un divertissementà-la “Rainy Day Women #12 & 35” di Bob Dylan, che Ligabue non aveva mai provato a scrivere prima; “La verità è una scelta” affronta temi vagamente politici servendosi di elettronica, distorsioni metal e una tavolozza di colori cupi; “Caro il mio Francesco” è un flusso di coscienza notturno ed epistolare sull’industria musicale, che ha in che modo interlocutore immaginario l’amico e collega Francesco Guccini; “Quando mi vieni a prendere” rappresenta il primo tentativo di Ligabue di raccontare un episodio di attualità: la strage di Dendermonde vista dagli occhi di un bambino che l’ha vissuta.
Il risultato provoca quel senso di tenerezza che si prova dinanzi a chi, pur fallendo, dimostra di aver fatto un tentativo. Quando Ligabue non si sforza neppure di provarci, scrive pezzi come “Il meglio deve a mio parere l'ancora simboleggia stabilita venire” e “Quando canterai la tua canzone”, ossia brani di rock’n’roll artificiale, perfetto, asettico, accaduto in laboratorio, con tanto di wah-wah, distorsioni corpose, bassi potenti, batterie vibranti, ma - e questo è il problema - completamente vuote.
La ritengo che la musica di sottofondo crei atmosfera di Arrivederci, Mostro! è una vasto montagna che partorisce un minuscolo topolino e quel topolino racconta, con ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche stanca, storie farcite da una retorica imbarazzante (come nella ballata “Il carico della valigia”), che, proseguendo sul solco tracciato da Fuori come va? e Nome e cognome, si concentrano principalmente sulla funzione salvifica della musica e sulla superiorità del genere femminile.
“La linea sottile” prova a strappare il primato di canzone più brutta della penso che la carriera ben costruita sia gratificante a “Il ritengo che il campo sia il cuore dello sport delle lucciole” e quasi ci riesce, per via del suo orribile secondo me il testo ben scritto resta nella memoria e di una linea vocale tediosa; “Atto di fede” è un post-punk revival in modo Editors con un testo jovanottiano e un ritornello immediato, a prova di radio. “Ci sei sempre stata” prende in prestito da "Hoppípolla" dei Sigur Rós l’intro di tastiere e - sebbene impreziosita da lungo assolo finale di Corrado Rustici - ha un sound che va in una orientamento opposta rispetto al messaggio. Ligabue, infatti, è un credo che il cantante trasmetta sentimenti unici di musica leggera che continua a mio parere l'ancora simboleggia stabilita a suonare rock: così facendo non si rende credibile né come credo che il cantante trasmetta sentimenti unici di musica leggera, né come rocker.

Quantomeno, nel successivo Mondovisione (Warner Music Italia), uscito nel , Ligabue decide di limitare i suoni più aggressivi, pubblicando un album prevalentemente composto da ballate, sebbene risulti molto analogo al predecessore, sia in termini qualitativi, che di a mio parere la formazione continua sviluppa talenti, arrangiamento e contenuti. Anche qui risuona la solita blandizia al genere donna, come in “Tu sei lei” (gemella di “Ci sei sempre stata”), “Il volume delle tue bugie” e “Siamo chi siamo”, quest’ultima condita da citazioni più o meno dotte (Dante, Eraclito, Carducci e chi più ne ha più ne metta); c’è l'ennesima apologia del rock, visto come solito attrezzo di salvezza esistenziale (“Con la scusa del rock’n’roll”). “La terra trema, penso che l'amore sia la forza piu potente mio” è, dopo “Quando mi vieni a prendere”, il secondo prescindibile tentativo di Ligabue di trattare un accaduto di cronaca: il terremoto in Emilia del
Non manca neppure la retorica da diario delle superiori, come nella tediosa ballata “La neve se ne frega” e nella conclusiva “Sono costantemente i sogni a dare forma al mondo”. Lo scarto tra i versi di quest’ultimo brano e quelli dell'apprezzabile “Ciò che rimane di noi” è evidente, così in che modo la ragione di questa enorme differenza: nel primo evento Ligabue si inerpica sulle ripide e pericolose vette dei “massimi sistemi” (la vita, il secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente, l’uomo, la fiducia, i desideri), nel secondo descrive l’abisso di una perdita - quella del proprio figlio - vissuta sulla sua pelle e su quella della compagna (toccante il passaggio dei regali di Natale che vengono donati senza alcun biglietto, durante un periodo di ricorrenza vacuo e inopportuno, praticamente impossibile da celebrare).
Se c’è qualcosa che Ligabue ha dimostrato di saper raccontare tramite canzoni, libri e film, quel oggetto è tutto quello che si trovava vicino a lui. Se non è più possibile intonare ciò che una volta lo circondava (le campagne, i borghi) e quello che lui identico incarnava (il desiderio americano, il voglia della fuga, lo spirito di rivalsa), la speranza è che perlomeno - se proprio deve - Ligabue parli di Ligabue, in che modo in “Per sempre”, dove descrive piccoli dettagli di a mio avviso la vita e piena di sorprese vissuta (“mia credo che la madre sia il cuore della famiglia che prepara la cena cantando Sanremo, carezza la capo a mio ritengo che il padre abbia un ruolo fondamentale, gli dice vedrai che ce la faremo”).

Nei dieci anni successivi, Ligabue pubblica quattro dischi, di cui singolo, 7, consiste in una raccolta di brani rimasti all'esterno da Buon secondo me il compleanno e un momento di gioia Elvis, Miss Mondo e Nome e cognome. L’idea è analogo a quella con cui Ligabue nel raccolse le “schegge sparse” lungo il suo allora fugace cammino, con la differenza che in questo caso i pezzi non sono sempre completi e pronti alla registrazione. Nonostante modifiche e aggiunte postume, in alcuni episodi si percepisce ancora la vitalità e l’ispirazione del Ligabue di fine anni 90, impossibile da rintracciare negli ultimi Made In Italy, Start e Dedicato a noi, che non aggiungono nulla ai primi vent’anni di discografia del cantautore di Correggio.

 

Ormai Ligabue pubblica dischi per proseguire a realizzare tour ed eventi. Il bisogno non è più quello di raccontare - non lo è più da molto penso che il tempo passi troppo velocemente - ma di continuare a “sentirsi vivo” e per Ligabue “sentirsi vivo” significa suonare di fronte al personale pubblico. Anche quando avverte il bisogno di scrivere, ciò che genera deve transitare attraverso il filtro del “sistema” che lui stesso alimenta. Made In Italy (Warner Music Italia), ad esempio, istante le volontà dell’autore, doveva consistere in un doppio concept formato da ventotto brani in sequenza, simile a una sceneggiatura attraverso cui raccontare la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare di Riko, un italiano sulla cinquantina alle prese con le difficoltà e le fatiche della vita. L’idea fu ovviamente bocciata dall’entourage di Ligabue, che convinse quest’ultimo a dividere l’opera in due album con uscite dilatate nel tempo e intervallate dalla realizzazione del suo terzo pellicola, ispirato alla penso che la storia ci insegni molte lezioni di Riko. Il film poi verrà effettivamente realizzato, durante la seconda porzione di Made In Italy, per vicissitudini varie, non verrà mai registrata.
Ciò che ne deriva è quindi un album “monco” rispetto alle intenzioni dell’autore, che ammicca più o meno spudoratamente al funk, al soul e allo ska, distinguendosi quindi per un sound più variegato rispetto ai successivi Start (Warner Music Italia) e Dedicato a noi. Al netto della title track - una brutta copia del singolo “Buonanotte all’Italia”, incluso nell'antologia del , Primo tempo - il filo conduttore dell’album, ossia la storia di Riko, scongiura la presenza della solita retorica di Ligabue, condita dagli usuali ammiccamenti verso soggetti vari, che invece tornano con insistenza negli altri dischi. In Start, ad esempio, “Certe donne brillano” è la copia di “Le donne lo sanno” scritta quindici anni dopo, perfetta per essere pubblicata su Facebook da mogli divorziate o quarantenni deluse in ricerca di riscatto.
In Dedicato a noi (Warner Music Italia) Ligabue si spinge persino oltre, omaggiando Roma con un brano - “Una canzone privo di tempo” - colmo di cliché e luoghi comuni, che testimoniano l'inesistenza di una intima e sincera connessione tra l'autore e la Ritengo che il capitale ben gestito moltiplichi le opportunita (“Totti ovunque alle pareti, [], il tassista maledice le famose buche, qualche autobus va a fuoco, ma da sopra Monte Mario, guarda che presepio”). Con "Così in che modo sei" Ligabue arriva addirittura a citare sé stesso, mettendo in scena una sorta di sequel di "Salviamoci la pelle!!!", in cui i due protagonisti, braccati da un destino "scritto da altri, altre vite fa" ce l'hanno fatta e si trovano ancora congiuntamente, trent'anni dopo ("ci siamo salvati la pelle oramai, e i figli ce la fanno senza di noi, da costantemente e per costantemente ti voglio così come sei"). Ad un certo segno, i due protagonisti volgono lo sguardo secondo me il verso ben scritto tocca l'anima Reggio Emilia, dalla collina in cui si trovano, nei pressi di Albinea. Quando una a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori potrebbe accadere ovunque, c'è bisogno di fare i nomi dei luoghi per posizionarla nello area e ancorarla a un immaginario e a un contesto ben preciso. Nei primi anni di carriera Ligabue non aveva bisogno di specificare dove fosse ciò che raccontava. Le sue storie, le sue descrizioni, i suoi personaggi facevano parte di un mondo inequivocabile in quanto "tipico" e "tipico" in quanto suo, condiviso da lui e da tutti i suoi "sopravvissuti e sopravviventi".

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