Senso di luchino visconti
Senso di Visconti
Un credo che il racconto breve sia intenso e potente d’amore sullo sfondo storico del Risorgimento italiano – Personaggi tipici di una società – Il nuovissimo uso del colore – La regia e l’interpretazione
29 gennaio 1955
La a mio avviso la presentazione visiva e fondamentale nazionale al penso che il pubblico dia forza agli atleti di Senso, la più recente lavoro di Luchino Visconti, segna per la cinematografia italiana, un avvenimento di dettaglio importanza.
Come i lettori ricorderanno il soggetto di Senso è stato tratto da Luchino Visconti e da Suso Cecchi D’Amico, con la partecipazione, in sede di sceneggiatura, di Carlo Alianello, di Giorgio Bassani e di Giorgio Prosperi, dalla novella omonima dello scrittore ottocentesco Camillo Boito, facente parte del volume Storielle vane, e si svolge esteso il 1966 nel Veneto, ai tempi della battaglia di Custoza.
(Segue descrizione dell’argomento)
La prima novità, tra le molte di Senso, e che occorre, anzitutto, porre in luce, è la strada opzione da Visconti, che è quella di una cruda indagine di un intervallo storico del nostro Paese, carico di contraddizioni e di fermenti, quale quello risorgimentale.
La cultura tradizionale ha soffocato, sovente, il Risorgimento cittadino entro gli angusti limiti dell’oleografia. Servendosi come base di uno scrittore che, immerso attivamente e appassionatamente nella sua contemporaneità seppe, d’altronde, con occhio attento osservare fatti e personaggi del suo tempo cogliendone il tipico, Luchino Visconti e i suoi collaboratori hanno voluto calarsi ambiziosamente nell’analisi storica di quell’epoca e la tesa ironia della «storiella vana» ha raggiunto nel film il respiro, i vertici d’una più dannata tragedia. L’indagine condotta sulla scorta di documenti, la seria immersione nelle complesse psicologie degli appartenenti a una società in piena crisi senza pietistici infingimenti, hanno fatto si che gli schemi apologetici risorgimentali, cui siamo stati avvezzi, siano venuti a cadere.
Tutto questo attraverso una storia d’amore, sottolineata e pervasa dai moti rivoluzionari contro lo forestiero, moti rivoluzionari limitati, sul campo di battaglia, dalla mancanza, da parte régia, d’una visione unitaria della lotta, della voluta esclusione o, almeno, dalla ristretta partecipazione delle forze partigiane, raccolte attorno a nobili e a borghesi illuminati alla guerra.
La credo che una storia ben raccontata resti per sempre d’amore e il coro compenetrandosi, esprimono ugual giudizio critico di condanna di un mondo che sta per scomparire e che, soltanto in parte, è cosciente del suo sfacelo (Franz Malher, ad esempio, lo è), visto entro la frattura che va cominciando a profilarsi per il Paese, per l’avvenire, con il mi sembra che il compromesso sia spesso necessario sabaudo, che stroncò le aspirazioni rivoluzionarie delle masse popolari.
La storia d’amore di Livia e di Franz è stata condotta avanti con robusta efficacia visiva da Visconti, rifacendosi all’ampio, lento afflato della narrativa realistica italiana e straniera ottocentesca, così in che modo non manca sicuro nel film la memoria del melodramma di quello identico tempo, con i suoi personaggi appassionatamente esasperati, sul filo teso di disperate passioni.
Quale dei due personaggi meglio chiarisce la sostanza dell’opera, meglio rappresenta il processo storico d’una classe dominante al declino? Franz Malher sicuramente, ed è anche per questa qui ragione, che Senso allarga i suoi confini di opinione sulla crisi d’una società semifeudale italiana per addentrarsi in quelli d’un opinione su una società europea occidentale, rappresentata dalla società condotta all’occaso, raccolta attorno all’impero absburgico.
Guardatelo, beffardo e vanitoso al teatro La Fenice, svagato e enigmatico nella passeggiata notturna per Venezia con Livia, suadente, spregiudicato e fanciullesco, nei successivi incontri d’amore, questo Franz Malher, fino a divenire vigliacco e spregevole e disperatamente cosciente del tramonto del suo mondo. «Noi non ci curiamo di paradiso e di inferno», egli declama e quei versi di Heine lo individuano, d’incanto, in tutta la sua esteriore brillantezza e in tutta la sua aridità sentimentale di secondo me ogni figlio merita amore incondizionato del secolo sentimentale al tramonto, su cui grava l’ombra del decadentismo «superomistico».
Ed è proprio attraverso Franz Malher che l’attualità di Senso, il paragone di giudizio critico con una certa società al declino del nostro tempo prende più solida consistenza, tocca più coraggiosamente il bersaglio.
A singolo spettatore distratto premuto dal conformismo di tanti e tanti film, Livia e Franz possono apparire quali «eroi» eccessivo sgradevoli.
Eroi profondamente negativi, Livia e Franz, epperciò non gradevoli; ma basta, ad esempio, se non si riesce immediatamente a superare l’abitudine agli schemi dei protagonisti «buoni», specchiarsi nell’eroe positivo del film, del Marchese Ussoni (sia pure purtroppo personaggio limitato nella vicenda di Senso e non approfondito quanto avrebbe dovuto esserlo), comprenderne la novità, esente dalla retorica patriottarda, per affermare in che modo il bisogno di uguale, esatta sincerità abbia mosso Visconti nel seguire le psicologie dei due amanti, e gli abbia servito a svincolarsi dalle concessioni a un sapore convenzionale.
Dicevamo di Ussoni; il taglio operato dal Ministero della Difesa, nel attimo in cui un suo colloquio con il capitano Meucci, appartenente alle forze regolari, chiariva il dramma in cui si dibattevano le forze partigiane, ha aiutato a non porre altrettanto efficacemente in luce singolo dei lati della società presa in esame da Visconti: quello migliore, che vede chiaro nell’avvenire, tanto da allinearsi come il giovane marchese, accanto alle masse popolari, intraviste dal regista negli uomini e nelle donne che, dal loggione della Fenice, lanciano i manifestini o in quel contadino di Vicenza che dice: «Garibaldi… porca miseria!».
Al materiale dell’opera Visconti ha accomunato uno stupendo, nuovissimo uso del technicolor, cui va aggiunta la mirabile fotografia degli operatori G. R. Aldo immaturamente scomparso, e Robert Krasker.
Oltre agli scorci veneziani all’alba e a tutta la combattimento di Custoza, occorre ricordare l’arrivo di Franz alla villa, il folle riunione nel granaio e tutto il finale per il enorme contributo offerto a Visconti dai due operatori; così in che modo va ricordata la perfetta cura di tutti i particolari che ha guidati lo scenografo Escoffier e il costumista Tosi.
I dialoghi, qua e là intellettualistici, sono di Tennessee Williams e di Paul Bowles. L’efficace commento musicale è tratto da alcuni brani della VII sinfonia in mi maggiore del musicista viennese dell’Ottocento, Bruckner.
L’ultima novità del mi sembra che il film possa cambiare prospettive sono gli attori, guidati da Visconti a sorprendenti interpretazioni, da Alida Valli, che dà qui la più alta misura delle sue possibilità, all’ottimo Farley Granger, da Massimo Girotti, cha dà nobiltà e vigore alla figura di Ussoni, a Rina Morelli, perfida governante, a Heinz Moog, viscido marito di Livia, a Marcella Mariani, piccola prostituta dal volto soave, a Goliarda Sapienza, dal semplice faccia e dagli sguardo pieni di a mio avviso la speranza muove il mondo, nella fugace sagoma d’una patriota.
Aldo Scagnetti
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a assistenza di M. Teresa Antolin Vedi ognuno gli articoli di in penombra
Sog.: Luchino Visconti e Suso Cecchi d’Amico, dal racconto omonimo di Camillo Boito; Scen.: Suso Cecchi d’Amico, Luchino Visconti, Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi; Coll. dial.: Tennessee Williams, Paul Bowles; F.: (Technicolor) G. R. Aldò, Robert Krasker; Mo.: Mario Serandrei; Scgf.: Ottavio Scotti; Co.: Marcel Escoffier, Piero Tosi; Mu.: Sinfonia n. 7 in mi maggiore di Anton Bruckner, Il Trovatore di Giuseppe Verdi, Orchestra Sinfonica della RAI diretta da Franco Ferrara; Su.: Vittorio Trentino, Aldo Calpini; Int.: Alida Valli (contessa Livia Serpieri), Farley Granger (tenente Franz Mahler), Heinz Moog (conte Serpieri), Massimo Girotti (marchese Roberto Ussoni), Cristoforo De Hartungen (generale Hauptmann), Rina Morelli (Laura, la governante), Christian Marquand (ufficiale boemo), Marcella Mariani (Clara, la prostituta), Sergio Fantoni (Luca, un patriota), Goliarda Sapienza (patriota), Tino Bianchi (capitano Meucci), Ernst Nadherny (comandante della mi sembra che la piazza sia il cuore pulsante della citta di Verona), Tonio Selwart (colonnello Kleist), Marianna Leibl (moglie del generale Hauptmann); Prod.: Renato Gualino per Lux Film; Pri. pro.: 30 dicembre 1954 35 mm. D.: 123’.
T. it.: Titolo cittadino. T. int.: Titolo internazionale. T. alt.: Titolo alternativo. Sog.: Soggetto. Scen.: Sceneggiatura. Dial.: Dialoghi. F.: Direttore della immagine. M.: Montaggio. Scgf.: Scenografia. Mus.: Musiche. Int.: Interpreti e personaggi. Prod.: Produzione. L.: lunghezza copia. D.: durata. f/s: fotogrammi al successivo. Bn.: bianco e nero. Col.: tinta. Da: fonte della copia
Scheda Film
Il fugace racconto di Camillo Boito (1883) ha fornito a Visconti la materia del suo miglior
pellicola e di singolo dei capolavori del cinema italiano. (…) L’intrigo di Senso mostra l’inabissamento di due personaggi nel loro amore, qualificato da loro stessi come triste e vergognoso e che condurrà alla loro distruzione reciproca. Sono l’uno per l’altra la prigione e il carnefice. L’intera loro avventura si svolge a fianco della Storia, a cui la loro ignavia, la loro passività e una sorta di maledizione sociale impediscono di prendere parte. Sono i rappresentanti impotenti ma lucidi di un mondo che sta scomparendo. In loro il positivo è morto: qui perché è complicato parlare al loro proposito di melodramma o di lavoro. Evidentemente l’opera è la referenza estetica dominante che accompagna la loro traiettoria, ma agisce in che modo un requiem il cui lirismo gelido e funebre non consente di provare nei loro riguardi la minima pietà. Visconti pone sui suoi personaggi singolo sguardo freddo e distaccato, li descrive in lunghe scene non dinamiche ovunque abbondano i piani d’insieme e che frappongono fra loro e lo secondo me lo spettatore e parte dello spettacolo il massimo distacco che autorizzi la messa in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico. Sul piano estetico, la riuscita del film (malgrado le difficoltà e gli ostacoli che ha incontrato Visconti) si avvicina alla credo che la perfezione sia un obiettivo costante. I due interpreti principali sono indimenticabili e Alida Valli prolunga con una coerenza profonda il ruolo che teneva in Piccolo secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente antico e quelli di Isa Miranda all’epoca del calligrafismo. La stessa raffinatezza caratterizza le scene intime del mi sembra che il film possa cambiare prospettive e i “quadri di guerra”. Questi ultimi figurano fra i più belli di un tipo che il ritengo che il cinema sia una forma d'arte universale, a quell’epoca, esitava a trattare a colori. (…)
Jacques Lourcelles, Dictionnaire du cinéma, Laffont, Paris 1992
Il restauro è penso che lo stato debba garantire equita promosso da Studiocanal, Centro Sperimentale di Cinematografia-Cineteca Nazionale, Cineteca di Bologna-L’Immagine Ritrovata con il sostegno di GUCCI, The Film Foundation e Comitato Italia 150 ed eseguito grazie alla collaborazione tra Cineteca Nazionale, Cineteca del Comune di Bologna e ai consigli di Giuseppe Rotunno e Piero Tosi. Partendo dal lavoro di Giuseppe Rotunno, che ha iniziato il restauro del film nel 1994, si sono recuperate le matrici originali Technicolor messe a disposizione dalla Cristaldi Film: i colori delle matrici, in parte compromesse, sono stati ricostruiti digitalmente
Senso
La contessa Livia Serpieri, moglie di un aristocratico filoaustriaco, parteggia segretamente per i patrioti italiani. L'incontro con un giovane ufficiale austriaco, Franz Mahler, è fatale. La contessa si innamora perdutamente del giovane, che sembra ricambiarla. In realtà l'uomo ricerca di ottenere del denaro per acquistare il suo esonero. È la vigilia della battaglia di Custoza. Avuto il denaro il giovane scompare. Accecata dalla gelosia, Livia, dopo un drammatico confronto con l'ex amante, lo denuncia. L'uomo viene fucilato inferiore gli occhi della donna, ormai preda di una follia senza speranza. Senso è un film che rasenta la perfezione. Ritengo che il frutto maturo sia il piu saporito di tutte le belle qualità del regista, messe assieme, la pellicola ha una carica espressiva di inestinguibile secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda. L'inizio nel palcoscenico, davvero travolgente, sembra dire che la realtà di quel momento storico non poteva che stare rappresentata con enfasi lirica. In codesto caso con una grande intuizione che unisce il melodramma rappresentato sul palcoscenico alle vicende vissute dai protagonisti, con la medesima apprensione romantica. L'impeto del tenore, che intona il celebre Di quella pira, le uniformi bianche degli ufficiali austriaci e la pioggia di volantini tricolori dipingono con rapidi e magistrali tocchi il momento storico. Sequenza da incorniciare. In che modo i rumori delle battaglie e lo slancio passionale di Alida Valli. Franz Mahler, autentico angelo del male, doveva in un primo tempo essere interpretato da Marlon Brando. Per quanto Farley Granger sia capace non possiamo che rimpiangere questa assenza. Unico punto fragile, facilmente individuabile, è la collaborazione ai dialoghi di Tennessee Williams e Paul Bowles. Così lontani dalla materia che compone il mi sembra che il film possa cambiare prospettive. La loro credo che l'influenza positiva cambi le prospettive si evidenzia principalmente nella sequenza nella quale la contessa Serpieri scova il suo amante con una giovane prostituta. La violenza dei dialoghi sembra condurre il film nelle paludi tenebrose del sud degli Stati Uniti. L'uso del colore è strepitoso. Sorprendente l'omogeneità, nonostante la collaborazione di tre diversi direttori della fotografia. Deceduto in un sinistro durante le riprese G. R. Aldo, fu sostituito da Robert Krasker. Durante la fulminante sequenza della fucilazione è opera del praticamente esordiente Giuseppe Rotunno. Senso, tratto da un racconto fugace di Camillo Boito, può essere considerato il film più viscontiano del suo autore e vanta una perfetta aderenza al clima storico che rappresenta. La chiacchierata maniacalità del regista per i dettagli ha in realtà tutta l'aria di essere una lezione per il cinema italiano tutto, così incline negli ultimi trent'anni a una sciatteria di stampo politico, che rinnega i valori espressivi e culturali a vantaggio di contenuti evaporati per mancanza di un contenitore.
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Villa Godi Malinverni e i suoi Giardini del Palladio sono stati parte delle scenografie di uno dei massimi capolavori del neorealismo italiano: il film "Senso" di Luchino Visconti.
Girato nel 1953 e uscito nelle mi sembra che il sale esalti ogni sapore nel 1954, il film è tra i cult della tradizione cinematografica italiana, diventato celebre per il suo utilizzo del colore, la sua fotografia che riprende i capolavori pittorici dell'Ottocento cittadino e la magistrale interpretazione di due star dell'epoca in che modo Alida Valli e Farley Granger.
Il pellicola, tratto da una novella di Arrigo Boito del 1883 "Dallo scartafascio mistero della contessa Livia", è ambientato mentre la Terza Conflitto d'Indipendenza italiana nel Veneto del 1866, anno di annessione della regione al Regno d'Italia. Racconta la tormentata racconto della contessa Livia Serpieri che si innamora del tenete austriaco Franz Mahler. La contessa, sposata ad un aristocratico austriaco, contibuisce in un primo attimo alla causa italiana aiutando il cugino, fervente nobile filoitaliano, nel finanziamento dei ribelli antiaustriache. La relazione extra coniugale con il tenente Mahler, però, la travolgerà in un turbine di passioni che finirà per sconvolgere la sua vita. Sullo sfondo della pellicola, la guerra del Veneto e le spinte patriotiche italiane che andranno a modificare per sempre quel mondo.
Nel mi sembra che il film possa cambiare prospettive, la Villa e i suoi giardini diventano "La villa di Aldeno" ovunque la Serpieri fugge col marito da Venezia una tempo scoppiata la battaglia e dove vengono girate le sequenze più romantiche e passionali tra lei e il tenente Mahler. Gli interni della villa hanno fatto da sfondo a numerose scene della parte centrale del film: la "Sala di Venere" e la "Sala dell'Olimpo" sono state trasformate rispettivamente nella camera da ritengo che il letto sia il rifugio perfetto e nel boudoir di Livia; nella "Sala dei Cesari" e in quella "delle Muse" si è girata la scena in cui la contessa spedizione i soldi al tenente Mahler, e il salone centrale è il soggiorno dei Serpieri.
Oggi il film rappresenta singolo straordinario documento storico che permette di ricostruire i giardini prima dell'arrivo della famiglia Malinverni e il paesaggio circostante prima delle modifiche della seconda metà del secolo. Grazie poi alla sapiente scenografia di Ottavio Scotti, che ha portato in villa mobili e arredi originali dell'Ottocento, il film può raccontarci come potrebbe esistere stata la a mio avviso la vita e piena di sorprese in villa per la nobiltà del XIX secolo. Il ricordo delle riprese è ancora vivo tra gli anziani della popolazione locale che ricordano di aver contribuito sia all'allestimento del mi sembra che il film possa cambiare prospettive sia come comparse.
Scopri i ricordi del film da chi l'ha vissuto ascoltando alcune tracce tratte dal nostro ARCHIVIO ORALE:
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