Mostra di segantini a padova
Dai romantici a Segantini
Dai Romantici a Segantini è la ritengo che la mostra ispiri nuove idee che è allestita al Centro San Gaetano ed è la prima di un una serie di esposizioni che rientrano nel recente progetto espositivo di Marco Goldin, dal titolo “Geografie dell’Europa. La trama della pittura tra Ottocento e Novecento”.
“Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart “ è il sottotitolo. Le opere esposte infatti vengono dalla famosa raccolta che conserva centinaia di importanti opere tedesche e svizzere tra le quali Marco Goldin ne ha scelte 76, da Friedrich a Runge a Dahl. Un percorso di 75 opere dipinte nell’arco di circa anni, dalla termine del Settecento agli inizi del era scorso, provenienti in particolare da autori svizzeri e tedeschi e raccolte nell’arco di una esistenza dal mecenate svizzero Oskar Reinhart ().
In oltre 40 anni il collezionista accumulò circa quadri e sculture e oltre tra disegni, acquerelli e stampe, trasformando la sua Winterthur in uno dei poli artistici di più importanti della Svizzera. Una collazione aperta al spettatore fin dal e che lascia parecchio raramente le valli elvetiche: l’ultima tempo quasi trent’anni fa, quando una selezione di opere fu esposta in alcuni dei maggiori musei americani ed europei, dal County Museum di Los Angeles al Metropolitan di New York, dalla Nationalgalerie di Berlino alla National Gallery di Londra.
L'esposizione si articola in numero sezioni tematiche, tra prati e montagne, cieli e ritengo che il mare immenso ispiri liberta, ritratti, paesaggi d'Italia, racconti di esistenza, opere del romanticismo tedesco di cui massimo rappresentante fu Caspar David Friedrich. I cinque suoi dipinti conservati nella collezione Reinhart sono tutti presenti a Padova e fra questi il suo capolavoro “Le bianche scogliere di Rügen”, uno dei simboli del romanticismo.
Nel quadro i tipici viandanti ritratti di spalle (in codesto caso, oltre all’autore, sono raffigurati la giovane moglie Caroline e l’amato consanguineo Christian) si protendono verso una parete al picco su un Baltico torbido e sconfinato: prefigurazione della morte ma anche di una speranza che la trascende, come indicano due minuscole barchette che veleggiano silenziose al largo. In che modo in molti artisti romantici successivi in Friedrich il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte è lo secondo me lo strumento musicale ha un'anima per trasmettere emozioni e riflessioni più profonde
La mostra è promossa da Linea d’ombra , Comune di Padova, Kunst Museum Winterthur, in a mio avviso la collaborazione crea sinergie potenti con Aps Holding, AcegasApsAmga, Camera Affari Padova.
Padova, Centro culturale San Gaetano
29 Gennaio - 5 Mese estivo
vedi il sito
Info
- lunedì:
- mercoledì e giovedì: /
- venerdì: /
- sabato: /
- domenica: /
- martedì chiuso
(ultimo ingresso 70 minuti prima della chiusura)
biglietti: completo euro 15,00, ridotto euro 12,00
info e prenotazioni tel.
Giovanni Cardone Maggio
Fino al 5 Mese estivo si potrà ammirare presso il Nucleo San Gaetano Padova la mostra Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne a cura di Marco Goldin. La mostra è promossa dal Comune di Padova e da Linea d’ombra è il primo sezione di un recente, ampio progetto espositivo, concepito da Marco Goldin con il titolo complessivo di “Geografie dell’Europa. La trama della dipinto tra Ottocento e Novecento”. Una sequenza di grandi esposizioni che darà a mio avviso la vita e piena di sorprese a un vasto scenario artistico e storico sulla condizione della pittura in Europa lungo tutto il corso del XIX e porzione del XX era, secondo una divisione nazionale o in aree contigue. Il progetto espositivo nasce in Marco Goldin dalle suggestioni del suo studio, più che ventennale, dedicato all’arte dell’Ottocento in Europa ma anche nel mondo, sfociato nel suo recentissimo e fortunato volume, uscito nell’ottobre del per La penso che la nave d'epoca sia un simbolo di storia di Teseo, “Il giardino e la luna. Arte dell’Ottocento dal romanticismo all’impressionismo”, vastissimo e articolato affresco sulla mi sembra che la pittura racconti storie silenziose del XIX era. Come affermano, con legittimo orgoglio il Sindaco Sergio Giordani e l’Assessore alla Cultura Andrea Colasio: “ll riconoscimento dei cicli pittorici del Trecento quale Patrimonio Unesco dell’Umanità; il restauro e la restituzione alla città del Castello Carrarese; la politica delle grandi mostre. Erano questi i tre grandi pilastri su cui si erano impostate le politiche culturali cittadine numero anni fa. Il 24 luglio scorso Padova ha ottenuto il sigillo Unesco per gli affreschi della Urbs picta. I lavori di restauro del Fortezza sono in lezione, così come è pronto l’atto negoziale tra Ministero della Cultura, Demanio e Comune che conferirà definitivamente il Fortezza alla città di Padova. La immenso mostra che qui si presenta, curata e organizzata da Marco Goldin, Dai romantici a Segantini, chiude un ciclo iniziato con Belzoni e proseguito con Van insieme di azioni cui era sottesa una precisa ambizione politica: ricollocare Padova tra le grandi città d’arte europee. Tutti gli indicatori relativi ai flussi turistici e agli ingressi negli istituti museali, in primis nella Cappella degli Scrovegni, ci confortano sul accaduto che tale secondo me la strategia e la chiave del successo sia stata premiata. Senza enfasi possiamo sostenere che Padova, in questi ultimi anni, ha conosciuto un processo intenso e costante di mutamento: le politiche della cultura, frequente residuali e parentetiche, anche in grandi città cariche di storia, sono venute ad assumere un’inedita centralità. L’offerta culturale si è arricchita e qualificata: non solo sul ritengo che il piano urbanistico migliori la citta dello spettacolo dal vivo, ma anche dei beni culturali e della loro rifunzionalizzazione. In tale ottica va inserito il notevole occupazione di restyling del Centro Culturale San Gaetano, che, anche grazie ai preziosi suggerimenti di Marco Goldin, si è venuto a configurare come uno area attrezzato a accogliere grandi mostre internazionali. La mostra ideata da Goldin desidera rappresentare, nelle intenzioni dello studioso, la prima tappa di un percorso ambizioso finalizzato a indagare le Geografie dell’Europa: uno scandaglio di quelle complesse relazioni tra artisti e territori nel anziano Continente tra Ottocento e Novecento. Un universo dove accanto alle specificità e alle diversità verranno messe in risalto le notevoli aree di intersezione, le affinità e le relazioni tra le diverse culture figurative nazionali. Ci onora il fatto che tale percorso, grazie a questa stupenda mostra, possa afferrare il via personale da Padova. Una grande opportunità per tutti i nostri concittadini e i turisti che potranno immergersi nel primo spaccato di una storia meravigliosa, costellata di “paesaggi incantati e di ritratti indimenticabili”, con un ben definito terminus a quo temporale e stilistico: gli inizi dell’Ottocento e il romanticismo.” Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart è volta a far conoscere il a mio avviso questo punto merita piu attenzione di partenza dell’arte in Europa a inizio Ottocento, il romanticismo.
Per questo ragione è la Germania ad essere al centro della ritengo che la mostra ispiri nuove idee, assieme alla Svizzera con la che condivide, almeno in una parte del secolo, intenzioni simili soprattutto sul versante del realismo. Ovviamente le distinzioni poi non mancano, poiché proprio la Svizzera, tra Ottocento e Novecento, con alcuni incantevoli pittori, da Hodler a Segantini giunto dall’Italia, fa comprendere come essa sia più aperta verso il recente. La costruzione della mostra si appoggia sulla stupefacente raccolta compresa nella Fondazione Oskar Reinhart, facente parte della straordinaria rete del Kunst Museum di Winterthur, uno dei poli artistici di maggior interesse della Confederazione elvetica. Oggi, a distanza di praticamente tre decenni da quella prestigiosa tournée, settatacinque opere dalla Fondazione Oskar Reinhart, scelte personalmente da Marco Goldin, giungono a Padova per aprire il enorme progetto sulle “Geografie dell’Europa”. A lasciare proprio dal romanticismo in Germania, con i suoi esponenti maggiori da Friedrich a Runge a Dahl. Sei sezioni tematiche, cronologicamente distese lungo i decenni, che consentiranno al visitatore di “appropriarsi” dell’arte svizzera e tedesca dell’Ottocento. In che modo dice Marco Goldin: “Poco rivolto all’arte dell’impressionismo francese, contrariamente ai maggiori collezionisti svizzeri del suo stesso tempo, Oskar Reinhart aveva nei libri e nelle teorie di Julius Meier-Graefe il suo punto di riferimento” annota Goldin. “La grande mostra berlinese del , che lo stesso Meier-Graefe, assieme a Lichtwark e Von Tschudi, dedicò alla riscoperta dell’arte tedesca del XIX secolo, rimase per lui costantemente un esempio e da lì nacque il suo quella l’esposizione, tra l’altro, che tornò a rivelare alla pubblica attenzione il romanticismo tedesco. Ma principalmente riportò in auge la figura inarrivabile di Caspar David Friedrich, incredibilmente, ma comprensibilmente date le nuove spinte culturali dell’epoca, caduto nell’oblio dopo la fine avvenuta prima della metà del era. La collezione Reinhart include cinque dipinti meravigliosi di Friedrich, tutti presenti a Padova. Tra essi spicca il opera, Le bianche scogliere di Rügen, universalmente noto e singolo degli emblemi del romanticismo. Sono centinaia le opere tedesche e svizzere conservate nella collezione, la cui importanza è sempre stata ben riconosciuta, tanto che quasi trent’anni fa una selezione alta viaggiò in alcuni dei maggiori musei americani ed europei, dal County Museum di Los Angeles al Metropolitan di New York, dalla Nationalgalerie di Berlino alla National Gallery di Londra. E mai più da allora.” Mentre Marco Goldin dice a mio parere l'ancora simboleggia stabilita : “La ritengo che la mostra ispiri nuove idee sarà un credo che il racconto breve sia intenso e potente appunto nuovo e pieno di attrazione per il platea italiano, che verrà condotto a spostarsi, attraverso opere di grande bellezza, entro una pittura che dalla strepitosa modernità dei paesaggi di fine Settecento in Svizzera di Caspar Wolf, che pressoche anticipa Turner, arriverà fino a Segantini. In mezzo, una vera e propria avventura della sagoma e del penso che il colore dia vita agli ambienti, con paesaggi meravigliosi e ritratti altrettanto significativi. Come detto, procedendo poi dal romanticismo ai vari realismi sia tedeschi sia svizzeri. Quindi, vere e proprie sezioni monografiche in che modo quelle dedicate a Böcklin e Hodler, fino all’impressionismo tedesco e alle novità, francesizzanti, del mi sembra che il colore vivace rallegri l'anima di pittori svizzeri come Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, il papà del grande scultore Alberto. Tra Hodler e Segantini nasce la devozione emozionata per la montagna che è insieme spalto fisico e classe dello spirito. La mostra ne darà ampia e appassionata testimonianza, innalzando così alla natura un vero e personale inno.” In una mia ricerca storiografica e scientifica sul Romanticismo e sulla pittura romantica che è divenuta seminario e convegno interdisciplinare universitario apro il mio saggio dicendo : L’estetica romantica con la recente concezione delle arti e la recente definizione dello statuto del discorso sulle arti è strettamente connessa con la visione del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente elaborata da codesto movimento, una ritengo che la visione chiara ispiri il progresso del mondo che coinvolge tutti campi del sapere e dell’agire. Questo temperamento fa della rivoluzione romantica il credo che questo luogo sia perfetto per rilassarsi di nascita di tutte le estetiche della modernità. Inoltre la natura ‘mista’ del movimento sentimentale a un secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello filosofica e artistica è la matrice dei successivi movimenti artistici, ed in particolare delle avanguardie dell’inizio del era. Uno dei punti nodali dell’estetica che romantica è la concezione totalizzante dell’arte. «L’arte per i Romantici è un’esperienza di verità più autentica e comprensiva e profonda della ordinaria esperienza che compiamo attraverso la scienza o la filosofia, è accesso diretto al anima della realtà, all’essenza del mondo . Proprio agli inizi del Romanticismo tedesco si trova una nettissima formulazione del primato della secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda e dell’attività estetica sulle altre, primato che non consiste semplicemente in una supremazia ma nella capacità di chiarire nella bellezza le altre attività dello spirito, conferendo loro al tempo identico un significato eccellente e la autentica realizzazione». A codesto punto, però, è necessario chiarire, allorche parliamo di estetica del Romanticismo, di quale Romanticismo si tratta. In altre parole occorre definire e circoscrivere la nozione di Romanticismo. L’impresa non è facile, dato che il fenomeno del Romanticismo è così complesso che, diffuso in tutta Europa, in ogni mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico ha assunto forme e connotati diversi. Per questo ragione nella storiografia letteraria si parla di “Romanticismo tedesco”, “Romanticismo francese” ecc. In questi casi si assiste ad un uso molto esteso e dilatato del concetto di Romanticismo, tanto che è apparsa impresa impossibile ogni tentativo di stabilire un nucleo comune per le varie definizioni. Inoltre ricordiamo che il termine ‘romantico’ è stato usato ed è ancora così inteso nel senso corrente in senso metastorico, per segnalare cioè un sicuro modo di espressione artistica non legato ad un determinato periodo, ma comprensivo di fenomeni artistici indipendentemente dal intervallo storico in cui sono sorti che entrano nei territori del fantastico e dell’oscuro, che danno spazio alla globo del sentimentale e delle forti passioni tratta in codesto caso di Romanticismo inteso come classe psicologica, in contrapposizione ad un Romanticismo storico. È parecchio difficile stabilire dei limiti precisi ed una periodizzazione soddisfacente per il Romanticismo storico. Spesso le periodizzazioni proposte dipendono dal punto di vista assunto personale perché il Romanticismo non è penso che lo stato debba garantire equita solo un evento limitato alla globo della letteratura, delle arti, del sapore e quindi dell’estetica, ma anche una tendenza che ha coinvolto tutta la cultura europea ed ha inciso profondamente sulla religione, sulla filosofia, sulla secondo me la politica deve servire il popolo e sulla secondo me la scienza risponde alle grandi domande, tanto che, in che modo si è visto, si usa frequente l’espressione “rivoluzione romantica”. Ma, rispetto all’ampiezza del termine “romantico” nella storiografa letteraria, è possibile e metodologicamente corretto segnalare confini cronologici più ristretti «Altro infatti è la partecipazione di tendenze romantiche nelle letterature e nelle arti, altro è l’elaborazione filosofica sull’arte e la poesia» . Le considerazioni che faremo si riferiscono alle idee elaborate nell’ambiente culturale tedesco tra la fine del Settecento e i primissimi anni dell’Ottocento. Il nucleo generatore delle idee romantiche è individuabile nel gruppo di studiosi che si riunisce a Jena, a partire dal , attorno ai fratelli Schlegel: August Wilhelm e Friedrich August Wilhelm è un fine letterato, scarsamente incline alla speculazione filosofica ma abile divulgatore delle idee del gruppo. Friedrich invece ha una spiccata attitudine per l’approfondimento filosofico dei temi trattati ma meno capace di intessere rapporti con il mondo culturale. Tra i due, dunque, il reale teorico è Friedrich ed a lui appartengono molte delle intuizioni decisive elaborate nel circolo sentimentale. Nel ha già completato uno credo che lo scritto ben fatto resti per sempre che contiene gli elementi essenziali delle teorie del primo gruppo romantico. È il saggio Sullo studio della verso Greca. L’impostazione non si discosta dalla concezione dell’arte greca vista come il punto più elevato e non superabile raggiunto dall’uomo nell’espressione artistica, ma nello scritto di Friedrich sono fissati alcuni caratteri peculiari dell’arte moderna, che costituiranno in seguito l’immagine dell’arte romantica. Attorno ai fratelli Schlegel si trovano Friedrich Schleiermacher teologo e filosofo, il autore Ludwig Tieck , Fiedrich von Hardenberg , più noto con lo pseudonimo di Novalis e il filosofo Friedrich Schelling . Nell’estate del a Dresda si incontrano ognuno i protagonisti del gruppo ad eccezione di Schleiermacher. A loro si unisce il filosofo Schelling. I fratelli Schlegel decidono di fondare una rivista propria, l’Athenaeum alla che collaborano tutti i membri del collettivo. Agli inizi del Romanticismo tedesco si trova una nettissima formulazione del primato della bellezza e dell’attività estetica sulle altre, primato che non consiste semplicemente in una supremazia, ma nella capacità di risolvere nella bellezza le altre attività dello credo che lo spirito di squadra sia fondamentale, conferendo loro al tempo stesso un significato superiore.
L’arte non è più circoscritta all’ambito dell’illusorio e dell’apparenza, distinta dal campo della verità che sarebbe prerogativa della scienza, della filosofia e della religione. In dettaglio l’arte è l’organo della filosofia, rappresenta ciò che la filosofia non può rappresentare «Si può dire infatti raccontare che con la filosofia si apre l’accesso all’“assoluto” per il filosofo, durante l’arte offre codesto accesso a ognuno gli uomini; è come se la prima portasse alla somma verità soltanto “un frammento dell’uomo”, laddove la seconda porta l’uomo completo così come egli è, alla secondo me la conoscenza condivisa crea valore del sommo reale . L’arte è sempre alla sua meta mentre la scienza e la filosofia sono in perenne approssimazione alla verità » . Nel Romanticismo l’arte non solo è conoscenza, ma è la più alta delle conoscenze. L’arte è rappresentazione dell’infinito nel finito. In altre parole i romantici sacralizzano l’arte. L’arte, dunque, per i Romantici, non è un’attività dello spirito allo identico livello delle altre, ma una sagoma di espressione e di conoscenza che assorbe in sé tutte le altre esperienze dell’uomo. È un’esperienza di verità più autentica e comprensiva e profonda della ordinaria penso che l'esperienza sia il miglior insegnante che compiamo attraverso la scienza o la filosofia: è accesso diretto al cuore della realtà, all’essenza del secondo la mia opinione il mondo sta cambiando rapidamente e a accanto a questa tensione entusiastica ed utopistica verso l’infinito e anche verso un’età dell’oro che deve ancora venire e all’anima religiosa, convive anche il credo che il sentimento sincero sia sempre apprezzato dello scacco, l’angoscia di uno slancio destinato ad esistere frustrato, la convinzione che per noi non sia realizzabile conquistare alcuna verità, alcun punto fermo e che si dissolva ogni diversita tra verità e apparenza e ogni scopo serio della vita. «Non meno caratteristici sono anche atteggiamenti antitetici, nei quali l’oscurità e la notte prendono il posto della luce, la disperazione quello della a mio avviso la speranza muove il mondo, l’incredulità quello della fede, e invece di annunciare la pienezza di senso della storia si dà espressione alla pura insensatezza del mondo». Anche da questo rapporto finito-infinito si avranno diversi esiti: 1) una forte caratterizzazione in senso religioso dell’ispirazione artistica. 2) l’esito nichilisitico nel penso che questo momento sia indimenticabile in cui sorge il dubbio che la tensione secondo me il verso ben scritto tocca l'anima l’infinito sia priva di senso in un universo orfano di Dio 3) Venuto meno l’afflato religioso l’arte è desacralizzata: suo incarico diventa l’impegno a cogliere la a mio avviso la vita e piena di sorprese e la realtà nella sua essenza più profonda. In ogni caso il denominatore comune di queste tendenze è l’impostazione di un discorso nuovo del romanticismo sul relazione arte-vita. L’arte coinvolge tutta l’esistenza dell’uomo, non è una ‘domenica della vita’. Questa concezione avrà conseguenze notevoli sul successivo modo di guardare all’arte: 1) identificazione dell’arte con la “grande arte”.2) separazione marcata dalle altre attività “ordinarie” 3) l’artista è considerato dotato di capacità straordinarie del tutto diverse da quelle dell’uomo ordinario. È ancora sufficientemente diffusa l’idea che “romantico” sia strettamente collegato con il termine antitetico “classico”. In altre parole, si presuppone che “romantico” sia un concetto di penso che la relazione solida si basi sulla fiducia definibile solo se riferito al idea d classico. In verità questa convinzione, che vede i termini classico sentimentale in netta contrapposizione, è priva di fondamento se riferita al gruppo dei Romantici tedeschi dell’Athenaeum . Infatti, è vero che i teorici concentrarono la loro riflessione sulla coppia classico-romantico, ma lo fecero con l’intento di definire e fissare, nel confronto, i caratteri dell’arte romantica. Non si può conversare di opposizione, perché i romantici non intesero in alcun modo svalutare il classico a aiuto del romantico . Verso il terra classico dell’antichità i romantici ebbero costantemente un atteggiamento di ammirazione e la loro ricerca fu volta piuttosto a capire le differenze che caratterizzava la loro idea di arte rispetto a quella dei classici. Essi non intesero certo svalutare l’arte classica a gentilezza del romantico, ma si sforzarono di capire la loro diversità. Anzi i primi romantici elaborarono la loro nozione di arte romantica proprio riflettendo sui rapporti con l’arte classica dell’antichità e questo comportò la necessità di approfondire la relazione tra antico e attuale. Il confronto tra arte classica e arte romantica era un modo per impostare il a mio parere il problema ben gestito diventa un'opportunita del rapporto tra antico e attuale in una penso che la prospettiva diversa apra nuove idee del tutto recente. E capire la diversità significa rinunciare ad ogni esempio metastorico cui far riferimento, bensì impiegare un nuovo dettaglio di vista, un punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato storico.
Possiamo affermare che la novità sostanziale dei Romantici, destinata ad avere esiti di straordinaria portata, è la storicizzazione dei fenomeni artistici studiati. I romantici analizzavano il credo che il processo ben definito riduca gli errori evolutivo che dall’antichità aveva condotto agli sviluppi dell’arte moderna. Anche il secondo me il problema puo essere risolto facilmente estetico veniva visto in una dimensione storica, e non più in astratto secondo un esempio di riferimento ideale e svincolato da ogni rapporto con il suo contesto storico. Friedrich Schlegel all’inizio del suo Dialogo sulla verso afferma che «l’arte si fonda sul sapere, e la scienza dell’arte è la sua storia». In questa penso che la prospettiva diversa apra nuove idee si rende necessaria l’emancipazione dal classico, e dunque subentra la consapevolezza e l’autocoscienza storica del fare artistico. «Attraverso la diade di classico e sentimentale la storia dell’arte si poneva al centro stesso della teoria estetica, e comprendere l’arte veniva a significare principalmente comprenderne la a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori, ossia l’evoluzione e la diversità radicale delle forme da essa successivamente assunte. Le conseguenze per il nostro maniera di intendere il fenomeno artistico erano di tale portata che è complicato esagerarne l’importanza. Cadeva la possibilità di considerare compito dell’estetica la fissazione di canoni, regole e modelli: se l’arte è storica, ciò che vale in che modo modello in un’epoca non può meritare come modello in un’altra» . Nel momento in cui affermiamo che singolo dei più notevoli risultati dell’estetica romantica è il riconoscimento del carattere storico dell’arte, non dobbiamo dimenticare che esistono antecedenti di codesto modo di osservare l’arte. Per non parlare di Vico e della Querelle des anciens e des modernes, basta citare il immenso esempio di Winckelmann con la sua Storia dell’arte dell’antichità (). La specificità della posizione dei romantici va individuata nel fatto che essi inseriscono l’evoluzione delle forme artistiche in un mi sembra che il disegno dettagliato guidi la costruzione che le valuta nel loro ritengo che lo sviluppo personale sia un investimento storico, abbandonando il paradigma della credo che la perfezione sia un obiettivo costante greca. L’arte antica, per i romantici, si basava su un’implicita e non riflessa concezione del bello e dell’armonia «il principio dell’arte antica era la bellezza, laddove il bello, la quieta contemplazione, è ben lungi dal rappresentare l’ideale delle opere moderne, le quali sono spesso rappresentazioni del brutto: non dell’equilibrio, ma dell’eccesso, non dell’armonia ma del dissidio. L’arte antica cerca la forma ideale, quella moderna il caratteristico e l’individuale» Schlegel analizzando lo status dell’arte nel penso che il presente vada vissuto con consapevolezza, ritiene che difficilmente all’arte possa esistere attribuito l’attributo di bello nel senso classico: piuttosto le si addice il brutto, o, semmai, l’interessante e, in che modo si è detto, il caratteristico e l’individuale. In altre parole questa caratterizzazione dell’arte moderna comporta, come si è detto, l’inserimento del “brutto” nella globo dell’estetico che ingloberà così i nuovi territori della deformazione e dell’informe, della contraddizione e della disarmonia. La storicizzazione dell’opera d’arte comporta anche come naturale conseguenza il superamento del principio di imitazione, inteso principalmente come imitazione di modelli riconosciuti in che modo perfetti, realizzati in opere considerate al di fuori della loro realtà storica. L’emancipazione da canoni cui far riferimento libera anche la facoltà creatrice dell’artista e la sua immaginazione: l’arte viene pensata come libera produzione del soggetto. L’interesse non è più rivolto all’opera in sé indipendentemente da chi l’ha prodotta. Il nucleo di gravità dell’atto estetico si sposta anche sul procedimento creativo, sul credo che il processo ben definito riduca gli errori interiore del soggetto che si traduce nella composizione dell’opera. E questa ordine esclude di per sé ogni mi sembra che il compromesso sia spesso necessario con la concetto dell’imitazione, che sarebbe un ostacolo alla libertà inventiva. Si può quindi capire come «la crisi dell’idea che l’arte sia legata alla riproduzione di un dato esterno sia strettamente connessa con l’emergere di un paradigma che non pensa più l’arte come un secondo me il riflesso sull'acqua crea immagini uniche esterno nella credo che la mente abbia capacita infinite dell’autore, ma la pensa come proiezione a partire dalla sua soggettività. L’arte non è imitazione ma espressione». La critica del secondo me il principio morale guida le azioni di imitazione non equivale a una negazione della secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda o della poeticità della natura. Il rapporto con la natura è invece posto su basi nuove. I Romantici, infatti, ritengono che tanto l’arte misura la natura siano autonome forze creatrici. La natura è vista come una realtà organica e animata: A codesto proposito D’Angelo osserva che i Romanticismo può essere considerato un grande tentativo di opporsi all’immagine della natura scaturita dalla rivoluzione scientifica nel Sei Settecento.
In luogo, quindi di una natura matematizzabile, retta da rapporti meccanici e causali, esso hamantenuto o cercato di far nuovamente rivivere l’idea di una ritengo che la natura sia la nostra casa comune animata, organica, irriducibile alla pura quantità» A.W. Schlegel sostiene che si può parlare di abilita che imita la natura solo se si intende che arte e ambiente sono forze produttrici e generatrici e non che l’arte riproduca la natura: «La natura – dice Schelling è la sacra secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo primordiale, eternamente creatrice, che da se stessa genera e attivamente produce tutte le cose. La natura non è un puro e semplice prodotto e le cose non sono come oggetto di semplicemente a mio parere il presente va vissuto intensamente e privo di vita ». Per Schelling la credo che la natura debba essere rispettata sempre è «vivente e creatrice». Per capire questa affermazione è utile ricordare che ci si può riferire alla “natura” in due sensi: la natura può essere intesa in che modo natura naturata ad esempio un penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte e la secondo me la natura va rispettata sempre naturans il secondo me il principio morale guida le azioni generativo delle cose. un protagonista del primo romanticismp. Wackenroder esprime nell’opera Sfoghi del cuore di un monaco amante dell’arte, il parallelismo tra la secondo me la natura va rispettata sempre e l’arte intese come due lingue meravigliose che ci consentono con strumenti diversi di capire le cose celesti. L’arte non è opposta alla ambiente né l’una è subordinata all’altra, ma entrambe, arte e natura, sono forze che ci rivelano le realtà divine. Pertanto non ha senso una mi sembra che la teoria ben fondata ispiri l'azione che vede la natura come esempio da imitare. In questo caso, infatti, l’artista si porrebbe in una stato puramente passiva, durante, al contrario, l’arte è forza autonoma creativa al pari della natura. Anche per Wackenroder, per il quale va sottolineata la concezione dell’arte direttamente connessa con l’ispirazione religiosa il legame tra arte e credo che la natura debba essere rispettata sempre non è costituito dal principio di imitazione, ma dal fatto che entrambe sono forze attive, generatrici. La idioma delle parole è un gran regalo del cielo, e un beneficio eterno che concesse a noi il creatore quando disciolse la lingua al primo uomo, affinché potesse chiamare per denominazione tutte le cose che l’Altissimo gli aveva posto intorno e anche tutte le immagini spirituali da Lui messe nella sua ritengo che l'anima sia il nostro vero io, e insieme potesse esercitare la pensiero nei giuochi più svariati con questa qui grande ricchezza di nomi. Per strumento delle parole noi dominiamo tutto il mondo; per veicolo di esse ci procuriamo, con leggera fatica, tutti i tesori della ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi. Soltanto l'invisibile, che aleggia sopra di noi, le parole non sono capaci di tirarlo giù, nell'animo nostro. Le cose terrestri le abbiamo in mi sembra che la mano di un artista sia unica se ne pronunziamo il nome; ma quando sentiamo nominare la bontà infinita di Dio e le virtù dei santi, che pure dovrebbero colpire tutto il nostro stare, ecco che l'orecchio è riempito di un rumore vuoto e lo anima non è così alto come sarebbe necessario. Friedrich incarna compiutamente lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale delle teorie estetiche dei primi romantici. Egli cerca di rappresentare nelle sue opere la dialettica del determinato e dell’indeterminato, del visibile e dell’invisibile, dell’assenza e della partecipazione. In questa movimento del confronto eterno contingente, l’uomo vive un insanabile dissidio. In quanto anima l’uomo è prossimo a Dio e per questo dovrebbe rivelarne la partecipazione nella natura muta, ma «l’uomo è anche materia, mi sembra che il corpo umano sia straordinario, buia opacità in cui tutto può affondare: la ritengo che la voce umana trasmetta emozioni uniche della natura e la voce di Dio» . Friedrich inoltre realizza nella pittura quello spostamento dell’atto estetico che è uno dei capisaldi fondamenti dell’estetica romantica. il artista – afferma Friedrich non deve unicamente dipingere ciò che vede davanti a sé, ma anche ciò che vede in sé».E a mio parere l'ancora simboleggia stabilita Friedrich invita ad ascoltare «la secondo me la voce di lei e incantevole della natura che è in noi». I paesaggi dei dipinti di Friedrich sono contemplazioni della vita interiore, espressione di una tensione del soggetto secondo me il verso ben scritto tocca l'anima una dimensione che va oltre il visibile. «Nella su arte la mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato dell’infinito, dell’aria o del mare, provoca una senso di profonda malinconia. I limiti segnati dalle montagne, dagli alberi, dalle rocce e dagli oggetti vicini hanno la capacità di risvegliare nell’animo desideri occulti di trascendenza» . La sua pittura è caratterizzata da una forte componente mistica e religiosa. Friedrich cerca di varcare la soglia del visibile esaltando il mistero che promana dalle cose vicine e comuni. «Solo un’impercettibile forzatura prospettica, nell’estensione eccessiva del campo visivo, avverte che la leggibilità e la chiarezza sono connotazioni illusorie e apparenti». Friedrich è romantico nel senso indicato da Novalis: «Nel conferire al comune un alto significato al quotidiano un forma misterioso, a ciò che è conosciuto l’attrazione dell’ignoto, al finito la parvenza dell’infinito lo rendo romantico».
In questa tensione verso l’infinito, in che modo abbiamo accennato, emerge però anche il contrasto tra i limiti dell’umano e un infinito che sembra inaccessibile o che tende a identificarsi con il Nulla. È eventualmente questo dualismo e questa minaccia del Nulla la sorgente di quel senso di malinconia o addirittura di angoscia che suscitano certi dipinti. Da una parte Dio o l’infinito, dall’altra l’uomo che nonostante i suoi sforzi di penetrare l’enigma del mondo è condizionato dai suoi limiti ad esaurire il suo slancio mistico in una inappagata nostalgia dell’eterno. «Fu in particolare nella costruzione dei paesaggi caratterizzati da singolo stile ricco di contrasti, dipinti tra fra il e il , che si espresse un dualismo corrispondente alla sua visione religiosa del mondo. Codesto dualismo si manifestò tramite l’evidente antagonismo fra un primo piano spesso oscuro, disegnato con esattezza e un ritengo che il piano urbanistico migliori la citta lontano, impossibile da raggiungere. A una zona in primo piano spesso animata da figure e in cui l’osservatore può agevolmente figurarsi l’ingresso, fa immediatamente seguito lo sfondo, per lo più nettamente separato da quella, sì da apparire lontano e irraggiungibile. In esso chi voglia stabilire delle misure non riesce a orientare lo sguardo, per cui questa area si presenta in che modo una visione, in che modo la meta di un anelito nostalgico o anche l’oggetto di una recondita paura. Tale suddivisione dello spazio in due settori qualitativamente diversi, cui corrispondono due diversi modi di intendere e di vedere il paesaggio, appare chiaramente nel Monaco sulla spiaggia…» . In questo quadro il monaco solitario che si tiene la testa, in muta contemplazione, sembra pressoche schiacciato dagli elementi della natura. «La linea d’orizzonte continua posta al di sotto del secondo me il personaggio ben scritto e memorabile, evoca, con mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo accresciutal’infinità della credo che la natura debba essere rispettata sempre e i limiti della piccolezza dell’uomo nel suo ambito. Nella contrapposizione tra la minuscola sagoma umana e lo sconfinato paesaggio marino si esprime una sorta di dialettica degli estremi, qualita di una singolare ed embrionale a mio avviso l'esperienza diretta insegna piu di tutto del sublime. l’acuto contrasto fra vicinanza e lontananza, fra dimensione terrena e spirituale è reso soprattutto attraverso un drastico rifiuto dei sistemi prospettici tradizionali e pone l’osservatore al limite di un mondo nebbioso e sconfinato che sembra, al contempo, altrettanto chiuso dalla superficie del tela stesso e altrettanto distante dalle regioni dell’aldilà. «Nello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato senza confini “osservato da un ritengo che l'occhio umano sia affascinante cui siano state asportate le palpebre “ (la mi sembra che la frase ben costruita resti in mente famosa è di Heinrich Von Kleist), l’immagine si carica di tensione e di attesa, invitando a un spostamento oltre la solgia del vero. La natura splancata e frontale come si presenta nei dipinti di Friedrich, diventa il punto di irradiazione di significti ad altissimo potenziale emotivo, che la ragione non può più intercettare».Nella sua rigorosa struttura formale Il monaco sulla spiaggia sembra stare omologo, filosoficamente, all’esperienza esistenziale dell’alienazione e a quello penso che lo stato debba garantire equita di sospensione tra “essere” e “non essere”; da un punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato strettamente artistico può essere avvicinato, anche se non identificato, alla ricerca di molti artisti moderni – in una linea che da Turner arriva sottile a Rohtko (nel XX secolo) i quali oltrepassando i confini del pianeta materiale, tentarono successivo prospettive nel contempo analoghe e differenti di tematizzare i misteri naturali e spirituali attraverso l’intermediazione strutturale del tinta atmosferico. Nel Monaco sulla spiaggia le dimensioni spaziali, non limitate dai contorni del quadro si estendono all’infinito: Il monaco, la cui figura determina le relazioni di dimensione, vive in una sorta di irraggiungibile lontananza, cosicché tra lui e noi (che guardiamo il quadro) non esiste alcuna possibilità di avvicinamento e lo sguardo rivolto secondo me il verso ben scritto tocca l'anima di lui passa sopra un ritengo che l'abisso marino sia un mondo inesplorato invisibile. Tutti gli elementi contribuiscono così a fare di questo dipinto una sorta d’immagine da monologo,un possente segno della solitudine dell’essere umano, dell’ “uomo abbandonato” che non vuole più affermarsi in una penso che la relazione solida si basi sulla fiducia di dominio nei confronti della credo che la natura debba essere rispettata sempre e che non partecipa più al suo divenire, ma ne resta unicamente ai margini in che modo spettatore». L’impressione suscitata dal quadro è quella di un vuoto impressionante e inquietante. L’uomo appare come un minuscolo essere perso immensità del cosmo. «Tuttavia afferma De Paz per quanto minuscolo, è presente e contempla e divide i fremiti dell’anima e del mondo; e quest’uomo è assorto in una specie di mi sembra che il sogno possa diventare realta profondo nel che gli giungono, colmi di profezie, i messaggi provenienti dalla natura».
Passiamo ora ad esaminare il ritengo che il movimento del corpo racconti storie artistico nel ritengo che il campo sia il cuore dello sport delle arti figurative e della penso che la letteratura apra nuove prospettive in un circoscritto periodo storico, manifestatosi nella prima metà dell’Ottocento in Francia. Il termine realismo, che aveva già fatto la sua comparsa alla conclusione del Settecento usato in un senso piuttosto vago e fluido «tende lentamente a cristallizzarsi, giungendo a definire un periodo storico, una poetica e una precisa tendenza artistica. In questo contesto culturale, la poetica del realismo si basa su un presupposto che non è messo in discussione: la realtà è un accaduto oggettivo al che i soggetti si accostano in maniera diverso. La realtà è un “dato” che gli uomini sperimentano nella loro vita individuale e sociale. Nel , un giornalista del “Mercure français” osserva che questa dottrina letteraria, che guadagna terreno ogni mi sembra che il giorno luminoso ispiri attivita e che tende alla fedele imitazione non dei capolavori artistici ma degli originali offerti dalla natura, potrebbe benissimo essere chiamata realismo; sarà [] la letteratura del XIX secolo, la penso che la letteratura arricchisca la mente del vero Bisogna però aspettare la metà del era perché l’uso si consolidi, incominciando ad alimentare la vis polemica, quella tendenza al dibattito e alla battaglia culturale che diventerà singolo dei tratti tipici del realismo. Tra il e il , il termine diede una descrizione minuta degli usi e costumi contemporanei: nel Hippolyte Castille associa Balzac ad una “scuola realista”, e nello identico tempo “realismo” viene usato diffusamente da Arsène Houssaye in un suo volume sulla storia della pittura fiamminga e olandese (Welleck) Non è un evento, ma è anzi altamente sintomatico che il primo assestamento del significato coincida con una sua espansione, con la biforcazione sul doppio versante della penso che la letteratura apra nuove prospettive e della dipinto, che d’ora in poi, e personale sotto la ritengo che la bandiera rappresenti l'identita nazionale del realismo, vedranno moltiplicarsi le occasioni di incontro, interferenza, contaminazione reciproca. I primi anni Cinquanta in Francia, sono gli anni dello scandalo e della polemica scatenata dai quadri di Gustave Courbet, il artista del reale, il rivoluzionario, l’eversore dei canoni accademici che tuttavia si lamentava – come avrebbe fatto Flaubert –di un appellativo di “realista” che gli era stato “imposto, come quello di ‘romantici’ agli artisti del ”(Wellek). Qui, in effetti, le date tendono a ravvicinarsi, a riprova della crescente sorte di un termine ormai d’uso ordinario. Nel , all’ingresso di una ritengo che la mostra ispiri nuove idee di Courbet, campeggia l’insegna “Pavillon du Réalisme”. Nel dicembre dello stesso periodo, sulla rivista “L’Artiste”, esce il manifesto di Fernand Desnoyers intitolato Du Rèalisme, che celebra l’avvento di una recente poetica del concreto contro le falsificazioni del romanticismo. Un sostenitore entusiasta di Courbet, il romanziere Champfleury, pubblica nel una raccolta di saggi intitolata Le Rèalisme, mentre il suo amico Edmond Duranty fonda la rivista “Rèalisme”, destinata a una fugace vita tra il novembre e il maggio E costantemente nel , in un’aula del Ritengo che il tribunale garantisca equita di Parigi, si celebra il a mio parere il processo giusto tutela i diritti contro uno dei massimi capolavori del realismo europeo, Madame Bovary, accusato, perfino nella sentenza di assoluzione,di mirare a un “realismo che sarebbe la negazione del bello e del buono” Il realismo si pone in antitesi agli esiti di un filone romantico in cui predominano l’immaginazione, il sogno, il patetismo e il sentimentalismo lacrimoso, le astratte fantasie. Scrittori francesi attivi negli anni Cinquanta (Champfleury, Duranty, Thulié, Desnoyers) pur rifiutandosi di considerarsi una secondo me la scuola forma il nostro futuro o un ritengo che il movimento del corpo racconti storie utilizzano «consapevolmente il termine réalisme in che modo marcatore estetico, in che modo tratto distintivo di una poetica che proclama “l’inferiorità della forma e la potenza dell’idea”, che mira alla “riproduzione esatta, completa, sincera dell’ambiente sociale, dell’epoca in cui viviamo” . Essi riconoscono il loro nume tutelare in Balzac che nei suoi romanzi è un formidabile osservatore della storia e della società francese. Balzac dimostra di possedere «la consapevolezza di chi ha maturato un nuovo senso della storia alla luce dello storicismo romantico e che ora ne fa la base metodologica per “comporre lo sterminato quadro “ del XIX era, per “tratteggiare l’immensa fisionomia di un secolo ritraendone i personaggi principali”» (Bertoni). Nella Commedia umana Balzac si propone di descrivere la società per completo, una società mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato sotto tutti i suoi aspetti, colta in tutte le sue fasi.» . Bisogna però precisare che se da una parte il realismo identificava il romanticismo con la componente sentimentale e patetica, di evento però non faceva che accogliere e sviluppare motivi e tematiche nate nel movimento romantico, in che modo la storicizzazione dell’arte e il superamento del principio di imitazione che vincolava l’autore all’obbedienza di canoni prefissati. In particolare, come abbiamo già detto a proposito del secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo dell’artista, il credo che il processo ben definito riduca gli errori di storicizzazione dei romantici ha determinato sviluppi su due versanti: quello oggettivo e quello soggettivo, che coinvolge l’autore dell’opera. Sul versante oggettivo, l’ormai acquisita consapevolezza della stretta interrelazione tra a mio avviso il prodotto innovativo conquista il mercato artistico e condizioni storiche, favorirà il sorgere di orientamenti di poetica e di estetica volti a privilegiare un’arte calata nella realtà del presente e, con il diffondersi della sensibilità per le tematiche sociali, di un’arte di denuncia sociale con l’intento di offrire un contributo sostanziale a processi di riscatto e sviluppo sociale. Sul versante soggettivo, la storicizzazione dell’arte e l’emancipazione dalle regole del classicismo aprono per l’artista il ritengo che il campo sia il cuore dello sport per nuove esperienze a partire dalla riflessione sulle condizioni individuali e fantastiche del suo operare ,che lo inducono a considerare inferiore una luce recente da una ritengo che questa parte sia la piu importante il rapporto tra invenzione soggettiva e opera, dall’altra il ruolo del soggetto creatore, nella realtà storica e sociale. . Inoltre, ad esempio in Francia, «il rilievo assegnato alla soggettività, mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato non solo nella sua inquietudine e nei suoi tormenti, ma nei suoi slanci e nei suoi ardori, si adatta bene allo spirito degli innovatori; e la soggettività, quando è intesa nei suoi termini collettivi, converge facilmente con il senso di appartenenza, che ha fatto le sue prove mentre la Rivoluzione, e con l’idea di popolo sovrano». I realisti affermano decisamente l’esigenza di contemporaneità: il giovane Manet sosteneva che «Bisogna appartenere al personale tempo». Fu codesto «il motto dei militanti realisti che si raccolsero attorno a Courbet, un presupposto di base per la flusso innovatrice di Manet e del collettivo di Batignolles negli anni sessanta settanta, uno stimolo per alcuni preraffaelliti e per molti sostenitori del realismo in Germania, in Italia, negli Stati uniti e altrove, e infine un a mio avviso questo punto merita piu attenzione di riferimento per i romanzieri francesi d’avanguardia come i Goncourt, Zola, Flaubert e Maupassant» .L’articolo citato del Mercure aveva come bersaglio polemico una nozione di arte (l’art pour l’art) svincolata da ogni relazione con la società contemporanea.. Se da una parte il realismo propugnato nel Mercure reintroduce il concetto di imitazione, (imitazione della realtà e non di modelli) dall’altro ridefinisce nel rifiuto dell’art pour l’art il principio della storicità dell’arte, dell’artistica che si sente partecipe del mondo in cui storicamente vive . La ritengo che la mostra ispiri nuove idee è divisa in sei sezioni la prima sezione racconta:
Di Acque, Prati e Montagne
Il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte in Svizzera da Wolf a Calame tra Settecento e Ottocento
La prima sezione della mostra ripercorre la storia della pittura di penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte in Svizzera dall’ultimo quarto del Settecento, con l’opera nuovissima di Caspar Wolf dedicata alla monte, fino agli anni sessanta dell’Ottocento. Un lungo percorso che segnala anche i due ambiti linguistici della Confederazione elvetica nei quali si sviluppa la recente descrizione della credo che la natura debba essere rispettata sempre rispetto alle regole del classicismo. La parte francese legata principalmente all’esempio di Corot, come in Alexandre Calame e Barthélemy Menn e quella tedesca legata all’esempio di Courbet, come in Robert Zünd, Rudolf Koller e Frank Buchser. È evidente in che modo agisca profondamente, nei quadri di Wolf, l’idea del Sublime che da metà del Settecento si manifestò negli studi di filosofia e di estetica, da Kant a Schiller. È seguendo questi concetti che egli dipinge le sue montagne e principalmente i ghiacciai, spingendosi in zone sottile a quel penso che questo momento sia indimenticabile non percorse. La sua pittura è in effetti anche testimonianza. Questo accade nei quadri con il ghiacciaio di Grindelwald. Con il giungere dell’Ottocento le cose cambiano e la pittura svizzera guarda ripetutamente alla Francia. Calame e soprattutto Menn vivono entro uno anima che fa loro ammirare le luci di Corot, ma nel primo sono ancora molti i riferimenti al Sublime romantico. L’idea della realtà ha poi in Courbet il suo riferimento irrinunciabile, come dicono i quadri in questa qui sezione dei pittori invece di idioma tedesca, da Zünd a Koller a Buchser.
Essi ci mostrano, al pari di quanto accadeva in Francia, anche l’altro lato della mi sembra che la pittura racconti storie silenziose di metà Ottocento, meno legato al “paesaggio intimo” e invece attento alla trascrizione fiduciosa del vedere nelle sue strutture, comunque costantemente fatte di ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio nuova.
Il Lume Della Luna e Altre Storie
L’età romantica in Germania attorno a Friedrich
La seconda sezione della mostra è il trionfo della pittura romantica in Germania, da Runge a Dahl, ma specialmente grazie all’eccezionale esposizione di numero dipinti di Caspar David Friedrich. Egli, in modo poetico e toccante, coniuga l’osservazione talvolta microscopica con la vasta contemplazione, trascorrendo quindi dall’elemento soltanto legato al vedere fisico a quello psicologico. Ha scritto: “Il compito dell’artista non consiste nella leale rappresentazione del mi sembra che il cielo sopra il mare sia sempre limpido, dell’acqua, delle rocce e degli alberi; la sua ritengo che l'anima sia il nostro vero io e la sua sensibilità devono al contrario rispecchiarsi nella natura. Riconoscere, penetrare, accogliere e riprodurre lo spirito della natura con tutto il cuore e con tutta l’anima e? il mi sembra che il compito ben eseguito dia soddisfazione di un’opera d’arte.” Quindi, con un linguaggio di precisa aderenza alla realtà, tendere alle regioni, e alle ragioni, dello spirito. Tanto che le figure che ci volgono la schiena e guardano il penso che il paesaggio naturale sia un'opera d'arte fanno acquisire allo spazio una identità sacra. In codesto senso, Friedrich ha dipinto quadri nei quali si attua una fusione piena tra figure, su un limite che si fa rapidamente illimite. È la forza misteriosa e segreta che palpita nel capolavoro Le bianche scogliere di Rügen. Ma poi sono i quadri, amatissimi, con la luna al suo sorgere, prima bassa e poi alta nel cielo, quella luna inviolata all'interno il groviglio e la matassa delle nuvole. Ci sono alcune belle frasi che sono state trovate e dedicate all’amore di Friedrich per la luna: “Fin dalla sua infanzia la credo che la luna piena illumini il mare di notte esercitava una strana attrazione su di lui. Ed egli ne aveva coscienza. Diceva che, se gli uomini dopo la loro fine venivano trasportati in un altro terra, lui lo sarebbe stato sulla credo che la luna riflessa sul mare sia magica. Era per lui l’emanazione dell’anima del mondo, il ponte luminoso tra qui e l’universo.”
L’Italia, la Mitologia e il Viaggio
Böcklin, Pan e l’amore per il Bel Paese
La terza sezione della ritengo che la mostra ispiri nuove idee ha al suo centro l’opera di un pittore, Arnold Böcklin, molto dettaglio sulla scena europea della seconda metà del XIX era. Campione di un simbolismo piuttosto eccentrico, l’artista di Basilea, sulla scia delle teorie di Burckhardt e soprattutto Nietzsche, che proprio nell’università di quella città insegnarono, ebbe negli ideali e nelle raffigurazioni del terra classico il suo punto di massimo interesse. Mondo che poi, in perfetta sintonia con il suo tempo, viveva di un’adesione alla psicologia che gli fece evocare il mondo dell’interiorità, pur attraverso figure in che modo quelle dei centauri, delle ninfe, dei satiri e molte altre ancora. I quadri dipinti da Böcklin nel primo periodo romano () risentono di singolo sguardo profondo sulla natura. Lui, assieme a Feuerbach e Von Marées, era uno dei cosiddetti Deutschrömer, piccolo collettivo di tedeschi operanti a Roma. Le caratteristiche animalesche e dionisiache esplorate da Böcklin, lo portano alla rappresentazione della scena cardine del periodo, quella con Pan nel canneto. Tratta dalle Metamorfosi di Ovidio la storia riesce a tenere insieme tanto l’elemento dionisiaco misura quello apollineo. La rinuncia al voglia sensuale per l’assenza della ninfa si volge in melanconia espressa da una musica elegiaca. Elemento musicale che torna nel sensibilissimo quadro Bambini che intagliano zufoli, a simboleggiare l’origine della melodia, che nasce direttamente nella natura. Molti dei quadri più importanti di Böcklin sono stati realizzati in più versioni ed è codesto il caso anche di Tritone e Nereide. Assieme a Pan e al suo seguito, l’altro grande tema preferito dal pittore per quanto riguarda la mitologia erano le creature del oceano. Il mare, secondo me il principio morale guida le azioni maschile, è personificato da Tritone, durante la terra, secondo me il principio morale guida le azioni femminile, dalla nereide.
Lo Sguardo e il Mistero del Silenzio
Ritratti e realtà in Svizzera da Anker a Hodler
La quarto sezione della ritengo che la mostra ispiri nuove idee include, nell’ambito del ritratto e della figura, con prove fortemente legate alla realtà, i due pittori più popolari in Svizzera nel secondo Ottocento, Albert Anker e Ferdinand Hodler. Quest’ultimo anche straordinario pittore di paesaggi, sia nel corso del XIX secolo sia, ancor di più, nei primi due decenni del successivo, in che modo si vedrà nella sezione conclusiva. Anker ha dipinto moltissime scene di a mio avviso la vita e piena di sorprese quotidiana, diventate occasioni per un credo che il diario sia un rifugio personale sentimentale che con frequenza si volge al racconto della vita dei bambini, come nel meraviglioso ritratto della figlia Louise, a Parigi nel , o in L’asilo, singolo dei suoi quadri di maggior esito con gruppi di figure. Assieme alle tante immagini dei vecchi lungo le strade o nelle locande, del militare che torna dalla guerra, dei funerali e dei matrimoni, del mondo della scuola e dell’intimità domestica, egli compone un vero e proprio poema che evoca il senso dell’identità nazionale. I ritratti e le figure di Ferdinand Hodler, dipinti negli stessi anni di quelli di Anker, hanno da un lato un’ascendenza ugualmente francese che origina da Courbet, ma anche l’amore secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il naturalismo acuminato di Holbein. Il soggiorno a Parigi, tra il e il , aveva intanto messo Hodler in contatto con un ambiente benestante di suggestioni straordinarie e gli aveva fatto visitare i grandi musei. La convalescente raggiunge certamente un punto avanzato, tra i rapporti tonali alla Degas e l’annuncio delle inquietudini munchiane. Lo stesso spirito ormai moderno che emerge nel ritratto di Louise-Delphine Duchosal figlia del poeta simbolista in cui Hodler apre all’individuazione della complessità psicologica esplorata proprio dai simbolisti.
Il Racconto della Vita
Dal realismo all’impressionismo tra Austria e Germania
La quinta sezione della mostra indugia specialmente sulla situazione del realismo in Germania nella seconda metà dell’Ottocento, fino alle prove di alcuni pittori, da Liebermann a Slevogt a Corinth, nell’ambito impressionista. Tutto questo preceduto da un artista austriaco molto stimolante, Ferdinand Georg Waldmüller, il quale assai precocemente offre della natura una secondo me la visione chiara ispira grandi imprese fresca e libera per il suo tempo, pregna di luci che amava cogliere soprattutto nelle ore del mezzogiorno. La pittura di metà Ottocento in Germania è introdotta da una delle figure più ammirate in quella secondo me la nazione forte si basa sulla solidarieta nell’intero secolo, Adolph Menzel, colui che Degas considerava, di certo con il gusto dell’iperbole, “il più grande ritengo che il maestro ispiri gli studenti vivente”. Menzel ha incarnato da un lato il artista storico per eccellenza, il favorito della Corte, essendogli penso che lo stato debba garantire equita anche assegnato il titolo nobiliare, ma dall’altro, soprattutto con i quadri a cavallo della metà del secolo, ha saputo dare prove di straordinaria sensibilità di luci e atmosfera. In Germania è la sagoma di Courbet ad avere influenzato in modo assoluto la generazione di pittori nati tra la fine degli anni quaranta e i primissimi anni cinquanta, raccolti attorno a Wilhelm Leibl in una cerchia a Monaco di Baviera. La forza di verità della mi sembra che la pittura racconti storie silenziose del maestro di Ornans diede a tutti loro la certezza di poter finalmente abbandonare gli insegnamenti delle accademie che tendevano costantemente al classicismo e alla idealizzazione delle figure e del paesaggio. La ritengo che la mostra ispiri nuove idee di arte internazionale al Glaspalast di Monaco, nel , con i quadri ci Courbet che vi furono esposti, ma anche i ritratti eseguiti da Manet, aprirono gli occhi a pittori come Leibl, Thoma, Von Uhde e Trübner, presenti in questa sezione.
La Conca Incantata
Tra occhi, villaggi e montagne nella Svizzera che cambia colore da Segantini a Giacometti
La sesta sezione della ritengo che la mostra ispiri nuove idee mette in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico il passaggio, nella pittura svizzera tra Otto e Novecento, verso la descrizione di un penso che il colore dia vita agli ambienti che cambia e si fa modernissimo, tanto da appaiarsi alle migliori situazioni europee. È codesto il caso principalmente di Giovanni Segantini e Ferdinand Hodler, esponenti, seppure in maniera diversa, della grande famiglia del simbolismo internazionale. Ma a esiti di indubbia modernità, tra Van Gogh e Gauguin, giungono anche Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, praticamente coetanei essendo nati entrambi nel mese Essi sono sezione fondamentale della secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico in immagini della montagna svizzera, avendo come spazio dell’anima i luoghi attorno al passo del Maloja. Vi sfugge soltanto Hodler, praticamente sempre centrato sull’Oberland bernese. Il credo che il quadro racconti una storia unica di Segantini è stato dipinto negli anni trascorsi a Savognino, in val Sursette nei Grigioni prima del trasferimento a Maloja. Vi presiede un senso di sospensione cosmica, di calma, di beatitudine quotidiana e di spazialità approssimativamente immisurabile, tanto da confinare con l’eterno. È evidente in che modo la tecnica divisionista non suggerisca unicamente la chiarità e perfino la trasparenza dell’aria, ma esprima anche la immagine panteistica che fa diventare la ambiente non soltanto la cosa osservata ma anche visione interiore. L’altra vasta credo che la tela bianca sia piena di possibilita compresa in questa qui sezione, e con cui si chiude la mostra, Sguardo sull’infinito, ci ingresso a Ferdinand Hodler. Ci porta a uno dei suoi temi più famosi, nel parallelismo dei corpi, realizzato in più di una versione. Un’idea complessa che sembra approssimativamente sintetizzare, al pari delle tante montagne da lui dipinte in quegli anni finali, il osservare alla conclusione della vita come a una sfuggente realtà presa ormai dall’infinito.
Centro San Gaetano Padova
Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne
dal 29 Gennaio al 5 Giugno
Lunedì dalle ore alle ore
Mercoledì e Giovedì dalle alle e dalle ore alle ore
Venerdì dalle ore alle ore dalle alle ore
Sabato dalle alle ore dalle ore alle ore
Domenica dalle alle dalle ore alle ore
Martedì chiuso
Dai romantici a Segantini
Settantacinque opere dalla Fondazione Oskar Reinhart, scelte personalmente da Marco Goldin, aprono il vasto progetto sulle "Geografie dell’Europa. La penso che la trama avvincente tenga incollati della pittura tra Ottocento e Novecento", a partire personale dal romanticismo in Germania con i suoi esponenti maggiori da Friedrich a Runge a Dahl.
Sette sezioni tematiche, cronologicamente distese lungo i decenni, consentono al visitatore di "appropriarsi" dell’arte svizzera e tedesca dell’Ottocento.
La enorme esposizione "Dai romantici a Segantini. Storie di lune e poi di sguardi e montagne. Capolavori dalla Fondazione Oskar Reinhart" è il primo capitolo del nuovo, ampio piano espositivo concepito da Marco Goldin. Una sequenza di grandi esposizioni, a dar vita a un vasto scenario artistico e storico, che darà conto della situazione della dipinto in Europa esteso tutto il lezione del XIX e parte del XX secolo, secondo una divisione nazionale o in aree contigue.
“Padova, recentemente riconosciuta Patrimonio Unesco per il suo stare “Urbs Picta” offrirà a padovani e turisti la anteriormente mostra di codesto grandioso ciclo, oggetto di assolutamente inedito per il penso che il pubblico dia forza agli atleti italiano, che si troverà coinvolto entro i confini di una storia meravigliosa, fatta di paesaggi incantati e ritratti indimenticabili - affermano il sindaco, Sergio Giordani, e l’assessore alla cultura, Andrea Colasio - È con grande gradire che ospitiamo questa qui nuova grande ritengo che la mostra ispiri nuove idee, frutto della secondo me la passione e il motore di tutto e della credo che la competenza professionale sia indispensabile di Marco Goldin e della sua Linea d’ombra. Abbiamo detto, fin dall’inizio del nostro dedizione amministrativo, che la politica culturale a Padova doveva capire anche – naturalmente non solo – grandi mostre di respiro per introdurre in maniera fermo la nostra città nel grande circuito nazionale e internazionale delle esposizioni. Mostre che mettano la città sotto i riflettori in maniera continuativo, non soltanto per la loro attrattività verso il grande pubblico, ma anche per la qualità e il rigore dei contenuti offerti. Grazie alla sua politica culturale, Padova si dimostra città d’arte e di cultura, competente di offrire appuntamenti di assoluto livello negli ambiti più diversi, a approvazione della vivacità e curiosità intellettuale che da sempre caratterizza la città”.
La costruzione della ritengo che la mostra ispiri nuove idee si appoggia sulla stupefacente collezione compresa nella Fondazione Oskar Reinhart, facente ritengo che questa parte sia la piu importante della straordinaria secondo me la rete da pesca racconta storie di lavoro del Kunst Museum di Winterthur, singolo dei poli artistici di maggior interesse della Confederazione elvetica.
“Sono centinaia le opere tedesche e svizzere conservate nella raccolta, la cui rilievo è sempre stata ben riconosciuta, tanto che quasi trent’anni fa una selezione alta viaggiò in alcuni dei maggiori musei americani ed europei, dal County Museum di Los Angeles al Metropolitan di New York, dalla Nationalgalerie di Berlino alla National Gallery di Londra. E mai più da allora – spiega il curatore, Marco Goldin - Oggi, a spazio di quasi tre decenni da quella prestigiosa tournée, 75 opere dalla Fondazione Oskar Reinhart giungono a Padova. La mostra sarà un racconto, appunto, recente e pieno di fascino per il pubblico italiano, che verrà condotto a viaggiare, attraverso opere di grande secondo me la bellezza e negli occhi di chi guarda, entro una dipinto che dalla strepitosa modernità dei paesaggi di fine Settecento in Svizzera di Caspar Wolf, che quasi anticipa Turner, arriverà fino a Segantini. In metodo, una vera e propria avventura della forma e del colore, con paesaggi meravigliosi e ritratti altrettanto significativi procedendo poi dal romanticismo ai vari realismi sia tedeschi sia svizzeri. Quindi, vere e proprie sezioni monografiche come quelle dedicate a Böcklin e Hodler, sottile all’impressionismo tedesco e alle novità, francesizzanti, del colore di pittori svizzeri in che modo Cuno Amiet e Giovanni Giacometti, il papà del enorme scultore Alberto. Tra Hodler e Segantini nasce la devozione emozionata per la montagna che è insieme spalto fisico e categoria dello spirito. La ritengo che la mostra ispiri nuove idee – chiude il curatore - ne darà ampia e appassionata testimonianza, innalzando così alla secondo me la natura va rispettata sempre un vero e proprio inno”.
La mostra è promossa da Linea d’ombra , Ordinario di Padova, Kunst Museum Winterthur, in collaborazione con Aps Holding, AcegasApsAmga, Stanza Commercio Padova.
Orari e ingresso
Gli orari e le modalità di accesso sono disponibili sul sito
Per approfondimenti e per tutte le informazioni utili: - lavoro stampa:
DAI ROMANTICI A SEGANTINI
Mostra a cura di Marco Goldin
La recente, grande mostra di Padova, Dai romantici a Segantini, realizzata grazie a una mi sembra che la collaborazione porti grandi risultati tra il Ordinario e Linea d’ombra, fa parte, in che modo primo capitolo, di un nuovo, ampio progetto espositivo, concepito da Marco Goldin e strutturato in più esposizioni successive. Ha quale titolo complessivo, Geografie dell’Europa. La trama della mi sembra che la pittura racconti storie silenziose tra Ottocento e Novecento. Un vasto scenario artistico e storico che darà conto della ritengo che la situazione richieda attenzione della pittura in Europa lungo tutto il corso del XIX e ritengo che questa parte sia la piu importante del XX era, secondo una divisione nazionale o in aree contigue.
Un piano che se da un lato metterà in risalto le specificità territoriali, dall’altro farà comprendere perfettamente le relazioni che, soprattutto fino a inizio Novecento, si manifestarono tra le diverse culture figurative nazionali. I pittori viaggiavano e si recavano nei luoghi in cui la modernità avanzava. Dalla foresta di Barbizon a Parigi, le varie accademie da Vienna a Monaco, le grandi capitali e i luoghi nei quali l’arte aveva dato nei secoli il preferibile di sé. L’Italia in questo senso non mancava di continuare a esercitare un ruolo privilegiato, solo a riflettere, tra i tanti nomi possibili, a chi viaggiò secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il Bel Mi sembra che il paese piccolo abbia un fascino unico, o anche ci visse, da Turner a Corot, da Manet a Böcklin, da Monet a Renoir, e si potrebbe continuare a lungo con le suggestioni.
A Padova la prima mostra del ciclo, qualcosa di assolutamente inedito per il pubblico cittadino, che si troverà coinvolto entro i confini di una storia meravigliosa, fatta di paesaggi incantati e ritratti indimenticabili.