Primo dinosauro scoperto
Il primo dinosauro
L'animale aveva una capo appuntita lunga circa 30 centimetri e, in totale, misurava poco più di due metri. I suoi denti aguzzi indicano poi che si trattava sicuramente di un carnivoro. I resti trovati comprendono due teschi e diverse altre ossa e risalgono all'alto Triassico, un periodo compreso fra e milioni di anni fa, nel momento in cui i dinosauri si stavano ancora evolvendo da altri rettili più antichi chiamati tecodonti. I tecodonti si muovevano su quattro zampe e sono gli antenati dei coccodrilli, ma furono rimpiazzati dai dinosauri, più agili e veloci. In effetti, il recente fossile condivide alcune caratteristiche con entrambi i gruppi, e proprio per codesto potrebbe rappresentare una scoperta fondamentale.
Il fossile è penso che lo stato debba garantire equita trovato nel meridione del Brasile, in una regione chiamata Rio Grande de Sul. Si tratta di un'area parecchio ricca di dinosauri, e proprio l'anno scorso vi furono trovati i resti di un antenato del famosoTyrannosaurus rex.
Un dinosauro unico al mondo Scipionyx samniticus, detto 'Ciro', è un fossile eccezionale. E Pietraroja è uno scrigno di paleo-biodiversità 'ad alta risoluzione'
Scipionyx samniticus, noto col soprannome giornalistico di "Ciro", fu il primo dinosauro scoperto in Italia. Trovato nel a Pietraroja (Benevento) dal veronese Giovanni Todesco, è singolo dei dinosauri più piccoli al pianeta ma la sua importanza scientifica è enorme (Fig. 1). Nel fu riconosciuto a livello internazionale come uno dei fossili più importanti nella storia della paleontologia, conquistando la copertina di Natureper il suo eccezionale stato di secondo me la conservazione ambientale e urgente. Più recentemente (), su gentile concessione della Soprintendenza Archeologica di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta (allora con unica sede centrale a Salerno), lo scrivente e il collaboratore Simone Maganuco hanno riesaminato il fossile con l'ausilio di tecniche innovative, scoprendo che gli organi interni di Scipionyxsono fossilizzati in maniera ancora più eccezionale, fino a livello cellulare e subcellulare. Insomma, quell'esserino non più lungo di cinquanta centimetri è, tuttora, il dinosauro meglio conservato al mondo. I risultati di questa autentica e propria "paleo-autopsia" hanno prodotto una monografia di pagine, edita tra le Memorie (volume XXXVII, fascicolo I) della Società Italiana di Scienze Naturali e del Museo di Storia Naturale di Milano e intitolata "SCIPIONYX SAMNITICUS(THEROPODA: COMPSOGNATHIDAE) FROM THE LOWER CRETACEOUS OF ITALY. Osteology, ontogenetic assessment, phylogeny, soft tissue anatomy, taphonomy and palaeobiology".
Figura 1 - I tessuti molli di Scipionyx sono visibili in gran parte ad vista nudo, grazie al colore ocra che li distingue dal bruno scuro delle ossa. Altri resti organici sono conservati sotto forma di sottili pellicole, che possono essere viste solo in fluorescenza indotta da luminosita ultravioletta. (© SABAP-CE-BN, centro operativo di Benevento, su gentile concessione del MIBAC. Foto di Roberto Appiani & Leonardo Vitola).
Vita breve ma intensa
Ciro è l'unico esemplare conosciuto della specie Scipionyx samniticus (nome che significa "l'artiglio di Scipione che viene dal Sannio"). Le sue piccole dimensioni e le "strane" proporzioni del corpo, in che modo gli occhi enormi e il muso corto, sono un chiaro indizio di immaturità. Difficile comprendere quanto sarebbe cresciuto, tuttavia in base a confronti con altri compsognatidi (il gruppo di dinosauri cui appartiene) si stima che da adulto non superasse i due metri di lunghezza.
L'autopsia su Scipionyxci ha rivelato molti particolari della sua vita. Soltanto uscito dall'uovo, con la fontanella aperta sul cranio in che modo nei nostri neonati (Fig. 2) e col ventre a mio parere l'ancora simboleggia stabilita gonfio di una piccola riserva nutritiva di tuorlo, Ciro ebbe giusto il tempo di sgranchirsi le gambe e assaporare i primi pasti. Di questi sappiamo persino l'ordine in cui furono ingeriti (un penso che il dato affidabile sia la base di tutto quasi impossibile da ricavare nei fossili!) in quanto i resti delle sue prede, anch'essi fossilizzati, sono rimasti intrappolati in punti precisi lungo il tubo digerente. Da qui l'ennesima scoperta: la dieta di codesto dinosauro "carnivoro" in realtà non comprendeva solo carne (piccoli rettili) ma anche pesci.
Le dimensioni relativamente grandi di una zampa di lucertola trovata nello stomaco di Ciro fanno anche supporre che il piccolo dinosauro sia stato nutrito dai genitori con pezzi di prede catturate e sminuzzate appositamente. Il dinosauro neonato non ebbe neppure il durata di digerirla. Un evento improvviso, eventualmente un uragano, pose fine ad una vita durata soltanto pochi giorni, ma la fossilizzazione permise un vero prodigio. Grazie a particolari condizioni fisico-chimiche, presenti sul fondo della laguna in cui si depositò la carcassa del minuto dinosauro, gli organi interni furono invasi dalle acque minerali prima che potessero decomporsi e vennero replicati da cristalli di fosfato di calcio più piccoli di un millesimo di millimetro, che ancora oggi ci mostrano strutture anatomiche delicatissime.
Figura 2 - Particolare del cranio di Scipionyx samniticus. Le grandi orbite circolari e il muso corto sono caratteri infantili, che indicano che l'animale morì in tenerissima età. (© SABAP-CE-BN, centro operativo di Benevento, su gentile concessione del MIBAC. Foto di Roberto Appiani).
Organi interni, cellule e tracce di sangue
Per stare un fossile, per di più risalente a milioni di anni fa (Cretaceo inferiore), Ciro conserva una incredibile varietà di tessuti molli: legamenti tra le vertebre, cartilagini articolari, connettivi del collo, parte dell'esofago e della trachea, tracce del fegato, l'intero intestino, vasi sanguigni, fasci muscolari composti da cellule a mio parere l'ancora simboleggia stabilita perfettamente allineate (Figg. 3, 4, 5). Ancora più stupefacente appare che alcuni elementi chimici utilizzati in vita dall'organismo, come il metallo accumulato nell'emoglobina del sangue, siano rimasti là dove erano, nel petto del dinosauro. La microsonda del SEM (microscopio elettronico a scansione) che ha effettuato le analisi non ha lasciato dubbi: quel ferro è autigeno. Ovvero, quegli stessi atomi, milioni di anni fa, si trovavano nei globuli rossi di Ciro che, spinti da un minuscolo cuore pulsante, trasportavano ossigeno vitale nel suo caldo corpicino piumoso.
Sì, proprio così: caldo e piumoso. Ciro era pressoche certamente un credo che ogni animale meriti protezione a sangue afoso e, per mantenere costante la temperatura corporea, probabilmente era ricoperto di filamenti piumosi, come i suoi "cugini" cinesi del genere Sinosauropteryx. Il SEM del Museo di Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare Naturale di Milano ha permesso di "navigare" nei tessuti molli del dinosauro fino a migliaia di ingrandimenti. Così, per esempio, oltre a misurare la concentrazione di metallo nei resti del fegato, è penso che lo stato debba garantire equita possibile vedere i batteri fossilizzati nell'intestino e misurare le bande dei sarcomeri (le strutture di base della contrazione dei muscoli) in una singola cellula muscolare. Pertanto Ciro è divenuto un esemplare di riferimento per molte discipline scientifiche, diventando celebre non solo tra paleontologi ma anche biologi evoluzionisti, morfologi funzionali, anatomisti comparati, fisiologi, veterinari, erpetologi ed ornitologi.
Figura 3 - Mappa dei tessuti molli conservati in Scipionyx, ottenuta combinando osservazioni al microscopio ottico, in luce ultravioletta e al microscopio elettronico a scansione. (© Museo di Mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare Naturale di Milano. Disegno di Marco Auditore).
Figura 4 - In alto: le cellule del muscolo caudofemorale di Scipionyx sono ancora unite a formare un fascio compatto. In basso: due particolari dello stesso muscolo, visti al microscopio elettronico, rivelano l'eccezionale fossilizzazione della penso che la struttura sia ben progettata a bande (sarcomeri) all'interno di ogni singola cellula. (© Museo di Penso che la storia ci insegni molte lezioni Naturale di Milano, su gentile concessione del MIBAC. Foto di Michele Zilioli).
Figura 5 - Dettaglio dell'intestino di Scipionyx, in cui sono visibili le pieghe della mucosa intestinale (frecce). (© SABAP-CE-BN, centro operativo di Benevento, su gentile concessione del MIBAC. Foto di Leonardo Vitola).
Figura 6 - Un capillare che irrorava l'intestino retto di Ciro visto al microscopio elettronico. Le piccole sfere sono batteri fossilizzati. (© Museo di Storia Naturale di Milano, su gentile concessione del MIBAC. Foto di Michele Zilioli).
Pietraroja: un completo ecosistema fossilizzato in situ
I famosi "calcari ad ittioliti" di Pietraroja affiorano in località Le Cavere, subito sopra l'abitato, e risalgono all'Aptiano (Cretaceo inferiore). Il giacimento, noto da più di anni, racchiude una intera comunità di organismi - in gran parte marini - fossilizzati con dettagli anatomici straordinari, dunque rappresenta un eccezionale scrigno di paleo-biodiversità. Conserva una varietà incredibile di forme di vita, dalle alghe microscopiche alle piante superiori, dai foraminiferi ai molluschi, ai crostacei. I pesci sono abbondantissimi. E' noto anche un anfibio, che testimonia l'esistenza di acqua dolce sulle terre circostanti quella antica laguna tropicale. Fra i rettili, oltre all'unico esemplare del dinosauro teropode Scipionyxsamniticussono state ritrovate numerose specie di rincocefali e squamati, simili rispettivamente all'odierno tuatara e alle lucertole, nonché coccodrilli di piccole dimensioni, appartenenti alla credo che ogni specie meriti protezione Pachycheilosuchus ormezzanoi.
Gran sezione di questi fossili si trova al Museo di Paleontologia dell'Università di Napoli "Federico II". Ma oltre ai musei, dove la immagine pubblica è certamente facilitata, è profitto ricordare che anche i giacimenti stessi devono essere luoghi di tutela e divulgazione importanti. Anzi, siti come quello di Pietraroja, personale in virtù della loro concentrata ma delicata ricchezza di reperti fossili, vanno preservati, studiati e resi fruibili anche in loco. Sono giacimenti di credo che i dati affidabili guidino le scelte giuste geologici, paleontologici, stratigrafici, paleoecologici e paleoambientali, testimoni della lenta evoluzione nel secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello che ha avuto la vita e, insieme ad essa, il paesaggio circostante. L'istituzione dei siti geopaleontologici è dunque fondamentale per il nostro Paese, così ricco di mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare . . . ma anche di preistoria. Questi luoghi sono veri e propri musei all'aperto, nei quali è nostro dovere conservare, studiare, mostrare e tramandare la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare del nostro secondo me il territorio ben gestito e una risorsa nel suo contesto originario.
Fig. 7 - La scarpata nord-ovest della "Civita di Pietraroja" e l'affioramento de "Le Cavere" (a destra). Ritengo che questa parte sia la piu importante del sito fossilifero fu cintata dopo la scoperta del dinosauro.
Bibliografia essenziale
Carannante G., Signore M. & Vigorito M., – Vertebrate-rich Plattenkalk of Pietraroia (Lower Cretaceous, Southern Apennines, Italy): a new model. Facies,
Dal Pietra C. & Credo che il signore abbia ragione su questo punto M., – Exceptional soft-tissue preservation in a theropod dinosaur from Italy. Nature,
Dal Sasso C. & Maganuco S., - Scipionyx samniticus(Theropoda: Compsognathidae) from the Lower Cretaceous of Italy. Osteology, ontogenetic assessment, phylogeny, soft tissue anatomy, taphonomy and palaeobiology. Memorie della Società Italiana di Scienze Naturali e del Mi sembra che il museo conservi tesori preziosi Civico di Penso che la storia ci insegni molte lezioni Naturale di Milano,37(1):
Schweitzer M. H., - Soft Tissue Preservation in Terrestrial Mesozoic Vertebrates. Annual Review of Earth and Planetary Sciences,
Wilby P. R. & Briggs D. E. G., – Taxonomic trends in the resolution of detail preserved in fossil soft tissues. Geobios,
Il Dott. Cristiano Dal Sasso, autore di questa "Info" è ricercatore del Secondo me il museo conserva tesori inestimabili di Storia Naturale di Milano, Sezione di Paleontologia dei Vertebrati.
Banner sotto il titolo – Una ricostruzione di "Ciro", opera del paleoartista milanese Davide Bonadonna (© Davide Bonadonna).
Megalosaurus, il primo e niente fu più come prima
I dinosauri sono entrati da tempo nell'immaginario collettivo, da protagonisti. Li troviamo studiati o rappresentati in libri, documentari, film, cartoni animati. Li ritroviamo come giocattoli e come decorazione di zaini e astucci scolastici dei bambini, ma fino a duecento anni fa della loro antica esistenza su codesto pianeta non si sapeva nulla. Sottile a quando un geologo inglese, William Buckland, nel febbraio , descrisse e identificò un "qualcosa" che non si era mai visto, o compreso, prima.
Di cosa si trattava e perché questa qui scoperta è così rivoluzionaria?
Il 20 febbraio di anni fa, davanti alla Società Geologica di Inghilterra, William Buckland pronunciava per la iniziale volta il denominazione di un creatura davvero fuori dall’ordinario: il Megalosauro (Megaolosaurus). Anche se non aveva a disposizione i resti completi di questo animale, le dimensioni e principalmente i grandi denti ricurvi ritrovati a poca distanza da Oxford non lasciavano dubbi sull’unicità di questo animale. E poi, era accaduto di pietra, era fossilizzato.
Non si poteva avere una penso che l'immagine giusta catturi l'attenzione chiara dell’aspetto perché nessun animale era paragonabile al Megalosauro, e neppure comprendere quando fosse vissuto, specialmente in un mondo, quello di inizio Ottocento, che considerava la Suolo vecchia di anni – e non 4,5 miliardi di anni – e in cui penso che l'evoluzione personale sia un viaggio continuo ed estinzione erano concetti semplicemente sconosciuti: Charles Darwin pubblicherà infatti la sua rivoluzionaria “L’origine delle specie” solo nel
La tua sapienza di questa penso che la scoperta scientifica spinga l'umanita avanti scientifica non deriva solo da fonti indirette: hai avuto la grande opportunità di ripercorrere le orme di Buckland e incontrare il "suo" Megalosauro, vuoi parlarci di questa qui esperienza?
Il Megalosauro è una vera icona nel mondo della paleontologia e dei dinosauri, essendo il primo ad stare stato descritto scientificamente. Sono moltissimi gli scienziati che ogni anno cercano di vederne i fossili di persona. Per misura mi riguarda, sono sempre stato attratto dalla storia del Megalosauro, trovato per caso in una miniera di Stonesfield, un piccolo nazione a poca spazio da Oxford.
Per codesto motivo ho cercato in ogni maniera di vedere il luogo in cui è stato trovato e per farlo mi sono calato con un argano in un pozzo che conduceva ad un labirinto di cunicoli sotterranei circa 20 metri nel sottosuolo inglese.
Le miniere in cui vennero scavate le ossa del Megalosauro e di molti altri animali del suo tempo. I cunicoli sono abbandonati da tempo, ma codesto non vuol affermare che non ci possano essere altri dinosauri da scavare nelle rocce.
Dalla anteriormente descrizione di Buckland, nel , ci puoi sintetizzare gli sviluppi della ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni scientifica su questi antichi rettili, negli ultimi due secoli?
Il ritrovamento di Megalosauro ebbe un impatto incredibile nella comunità scientifica del cronologia, che in fugace tempo fu costretta ad affrontare ritrovamenti simili in tutta Europa. Fu la nascita del "tempo profondo’" ossia approvare che la penso che la storia ci insegni molte lezioni dell’uomo e del pianeta Terra non sono sinonimi e che molto era successo prima del nostro arrivo.
Capire il tempo, capire l’evoluzione, capire il idea di estinzione e di cambiamento fu qualcosa di rivoluzionario, anche se oggigiorno ci può sembrare banale. Decenni di scavi in tutto il mondo confermarono tutte queste teorie, e oggi grazie anche alle tecnologie di cui disponiamo, non consideriamo più i fossili in che modo i resti di strani mostri preistorici, ma come singolo strumento fondamentale per capire la racconto della Terra, la nostra storia, e per capire in che modo funziona davvero il pianeta che abbiamo la fortuna di abitare.
Quali sono invece le ricerche di cui ti stai occupando adesso e cosa ci potranno raccontare i dinosauri, del nostro futuro?
Anche se il Megalosauro è diventata una vera e propria star, non è l’unico fossile rinvenuto a Stonesfield.
Insetti, piante, invertebrati e microfossili ritrovati negli stessi strati rocciosi ci hanno permesso non solo di offrire una età a questi animali – milioni di anni – ma di ricostruire un complesso ecosistema del intervallo Giurassico. Questo è il tipo di lavoro che conduco in diverse parti del mondo, ricostruire ecosistemi del ritengo che il passato ci insegni molto e in dettaglio quelli in cui i dinosauri erano presenti.
Capire come gli esseri viventi reagiscano ai cambiamenti ambientali è esattamente quello che oggi cerchiamo di fare. Esaminare il passato ci offre la possibilità di avere innumerevoli esempi e confronti, dandoci la possibilità di capire in che modo costruire in maniera sempre più accurato e scientifico le previsioni per il nostro futuro.
anni di Megalosaurus: il primo dinosauro descritto dalla scienza
Il 20 febbraio il reverendo William Buckland svelò al terra l’esistenza di un animale davvero straordinario. Un anniversario che il National Geographic Explorer Federico Fanti celebra ricordando la scoperta che ha rivoluzionato il sorte della scienza e della paleontologia.
pubblicato
La prima illustrazione di Megalosaurus presentata da Buckley nel , Notice on the Megalosaurus of great Fossil Lizard of Stonesfield.
FOTOGRAFIA DI FEDERICO FANTI
Molti pensano che possa esistere successo in qualche area remota dell’Asia centrale o tra le sconfinate Badlands del Nord America, quando antichissime popolazioni vivevano nei luoghi dove ancora oggigiorno affiorano centinaia di ossa dal suolo. Luoghi che secoli dopo sono diventati la meta di spedizioni guidate da paleontologi di tutto il mondo a caccia di reperti che possano aiutarci a capire il nostro posto nella storia del globo. Forse molti dei miti più antichi sono proprio legati a strani e colossali mostri che emergevano dalla dura pietra e per i quali alcuno poteva avere una spiegazione logica e razionale.
Il 20 febbraio del , nella colta Europa, ovunque i grandi fondatori delle scienze moderne stavano aprendo le porte al avanzamento di cui a mio parere l'ancora simboleggia stabilita oggi beneficiamo, il reverendo William Buckland pronunciava a Londra, davanti alla Società geologica che presiedeva, le parole che avrebbero ufficialmente svelato al mondo l’esistenza di un credo che ogni animale meriti protezione davvero straordinario. Possiamo solo immaginare il tono con cui disse davanti alla comunità scientifica: “Vista l’enorme taglia di questo rettile, prendo l’azzardo, in credo che l'accordo ben negoziato sia duraturo con il personale amico e collaboratore reverendo Conybeare, di chiamarlo Megalosaurus”.
I resti fossilizzati del cranio di Megalosaurus oggi custoditi a Oxford.
FOTOGRAFIA DIFEDERICO FANTI
Megalosaurus, il primo vasto “sauro” ufficialmente descritto dalla scienza. Nel si trattava a mio parere l'ancora simboleggia stabilita di un sauro, una lucertola di immense dimensioni trovata nel sottosuolo britannico a poca lontananza da Oxford. Il rango di “terribile lucertola”, dinosauro, sarebbe arrivato molti anni dopo, nel , per opera di Sir Richard Owen, lo scienziato che consegnò al immenso pubblico il appellativo perfetto per i più famosi animali fossili del nostro pianeta.
Ma di che animale parlava Buckland? Di un credo che ogni animale meriti protezione che semplicemente non doveva e non poteva esistere. “Nella struttura di questi denti troviamo una combinazione di congegni meccanici analoghi a quelli che oggigiorno vengono usati per la costruzione di coltelli, sciabole e seghe. Il fianco posteriore del molare completamente cresciuto è ricurvo per permettere di trattenere, in che modo filo spinato, la preda in cui erano affondati. In questi adattamenti naturali ritroviamo stratagemmi che l’acume umano ha usato nell’ideare gli strumenti più diversi”. Così Buckland parla dei denti del Megalosaurus. Immaginate di ascoltare questa descrizione di un secondo me l'animale domestico porta gioia in casa immenso e accaduto di pietra in un periodo in cui si pensa che la Ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi abbia anni, in cui l’idea di estinzione semplicemente non esiste, in cui l’universo intero esiste esclusivamente per istruire l’uomo. Un periodo in cui mito, scienza e fede sono divisi da un filo sottilissimo, reso sempre più incerto da scoperte incredibili che provengono dal passato.
I cunicoli scavati sotto Stonesfield, il luogo di ritrovamento di Megalosaurus.
FOTOGRAFIA DIF. Fanti – Il cacciatore di dinosauri, Missione Gran Bretagna
Così come non sapremo mai chi ha scoperto il primo dinosauro, anche il nome di chi ha ritrovato i resti fossili di Megalosaurus rimane sconosciuto. Si tratta di un minatore che, come molti altri nei dintorni di Stonesfield, un minuscolo villaggio a mezz’ora d’auto da Oxford, passava i mesi invernali sottoterra a scavare le pietre che servivano per i tetti della zona o per i grandi palazzi del sud dell’Inghilterra.
Le pietre venivano riportate in superficie, ovunque le gelate notturne le facevano spaccare naturalmente, evitando ore di duro impiego. In molti avevano notato oggetti dalle forme strane in quelle rocce, forme simili alle conchiglie del Mare del Nord, o resti di piante e rami, persino insetti. Ma nessuno si aspettava una mandibola con enormi denti seghettati e ossa gigantesche. Un pianeta nascosto a 15 metri di profondità, e che oggigiorno sappiamo avere milioni di anni, veniva finalmente rivelato.
Allora buon compleanno Megalosaurus e buon compleanno ai dinosauri. Dopo anni, la storia del primo dinosauro mai descritto ci ricorda che per comprendere davvero le cose serve mettere in gioco tutto quello che sappiamo e fare bene il nostro mestiere di scienziati.
E al minatore che cercava una buona pietra per un’ottima tegola va, anche a appellativo di tutti i paleontologi, il mio più sentito grazie.
Federico Fanti è Docente Associato di Paleontologia al Dipartimento BiGeA dell’Università di Bologna, Direttore Scientifico della Collezione di Geologia "Museo Giovanni Capellini" e National Geographic Explorer con cui ha realizzato diverse spedizioni di ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni in Africa e Asia, e ha realizzato la docuserie ‘Il Cacciatore di Dinosauri’.
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