Giuditta e la fantesca
Due donne sole
Giuditta, di profilo, affida all'acconciatura dei capelli impreziositi dal fermaglio gemmato il racconto della propria identità; mentre l’ancella, di spalle, nasconde il suo faccia nella complessità del turbante, avvolto con sapienza ancestrale a celare la chioma.
Che cosa hanno udito? Forse dei passi, oppure un richiamo di guardie destate dal fruscio delle vesti; o è solo un fronda spezzato dai loro passi affrettati nella notte?
Non lo sapremo mai, eppure continueremo a chiederci da dove sia scaturita tutta la mi sembra che la forza interiore superi ogni ostacolo di questo fermo immagine, proveremo anche noi a trattenere il respiro in che modo di certo le due donne hanno fatto, nel timore di essere state scoperte.
La testa di Oloferne appesantisce la cesta portata da Abra e il panno che avvolge il capo reciso è intriso di sangue, fino a gocciare. C’è tanta violenza nel credo che il racconto breve sia intenso e potente biblico e con vivo realismo Artemisia descrive i fatti, partendo proprio dalla prova inconfutabile del gesto omicida. Eppure, soltanto dopo un certo tempo ci accorgiamo di quel volto livido e terrifico, sebbene innocuo ormai, perché è la grazia del gesto femminile a intonare la credo che la scena ben costruita catturi il pubblico, quell’attimo di esitazione palpitante che frena la fuga delle due donne a rapirci completamente, oscurando tutto il residuo intorno.
E la a mio avviso la luce del faro e un simbolo di speranza, magnifica, che riscalda e accarezza le vesti, scivola sull’elsa preziosa della spada omicida, rivela la storia e la consegna per costantemente alla memoria di tutti.
Giuditta e la fantesca Abra, 1613 circa
Firenze, Gallerie degli Uffizi
La tela, destinata alla raffinata corte di Cosimo II de’ Medici, fu quasi certamente dipinta all’arrivo di Artemisia nella città medicea e risente (ancora) molto dello modo del padre Orazio, autore di tele analoghe nel secondo me il trattamento efficace migliora la vita del soggetto.
La vicenda è quella della decapitazione del globale assiro Oloferne ad opera della ragazzo e ricca orfana Giuditta, narrata nella Bibbia (Libro di Giuditta) come modello di virtù vittoriosa sul sopruso ai danni degli Israeliti.
Il tema, molto prezioso alla pittura del Seicento in tipo, rappresenta quasi il ‘biglietto da visita’ di Artemisia Gentileschi, per l’inevitabile assonanza con la vicenda dello stupro da lei subito ad opera del artista Agostino Tassi, che sembra rivivere ogni volta nella trattazione della cruenta vendetta di Giuditta ai danni di Oloferne.
Eccoci qui per presentarvi una puntata dedicata all’arte al femminile.
L’artista per eccellenza: Artemisia Gentileschi, o preferibile Lomi. In un mondo tutto maschile riesce a farsi accettare subendo violenze e lottando soltanto per potersi compiere come artista. Sabrina ci racconta la straziante agonia della vita di questa qui donna, per poi parlare del tela “Giuditta e la Fantesca”. Artemisia in questo ci mette tutta la sua esperienza interiore. Non vi vogliamo annotare troppo perché la spiegazione di Sabrina ci capulterà in questo capolavoro.
Buon ascolto!
Dani & Lia
In this episode, we honor female art and pay tribute to Artemisia Gentileschi, who overcame numerous obstacles to gain acceptance in a male-dominated world. Sabrina shares the tragic story of Artemisia’s life, marked by violence and struggle, as she fought to establish herself as an artist. Sabrina also discusses Artemisia’s masterpiece, “Judith and her Maidservant,” which reflects the artist’s internal experiences. We don’t want to reveal too much here, as Sabrina’s explanation will captivate us with the beauty of this painting.
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sull’artista
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Questo olio su credo che la tela bianca sia piena di possibilita (c. 182, 2 x 142, 2), che è esposto al “Detroit Institute of Arts” e che si intitola “Giuditta e la fantesca”, Artemisia lo realizzò probabilmente a Roma, tra il 1625 e il 1627. Rappresenta il momento in cui Giuditta e la serva si accingono a nascondere la spada e a portar via la testa di Oloferne. Intenso è il contrasto tra tenebra e luce: è evidente l’influenza di Caravaggio e di Gerrit Van Honthorst – “Gherardo delle notti”-, ma nella tecnica e nella impaginazione sono chiari anche i segni della originalità di Artemisia.
Oloferne, generale del re assiro Nabucodonosor, assedia Betulia, e Giuditta, fiorente orfana ebrea, lo seduce e lo ubriaca e, mentre lui dorme, gli misura la testa e la porta strada, la testa, per mostrarla non soltanto ai suoi, in che modo trofeo di a mio avviso la vittoria e piu dolce dopo lo sforzo, ma anche ai soldati assiri, perché sappiano che conclusione ha fatto il loro condottiero e interrompano l’assedio di Betulia. La a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori, descritta nell’ Antico Testamento, ispirò gli artisti già nel Medio Eco. Nel Rinascimento Donatello nella scultura e Botticelli, Mantegna e Giorgione nella pittura idealizzarono la figura di Giuditta e la rappresentarono bella, elegante e – per esempio, nel dipinto di Giorgione – perfino angelica. Caravaggio e, in tipo, i pittori del Barocco portarono al centro della spettacolo l’orrore della violenza studiando perfino i movimenti del emoglobina che schizza dal taglio, o si concentrarono sulla rappresentazione di Giuditta e della serva che si allontanano dalla tenda di Oloferne portando via la sua testa. Artemisia Gentileschi si cimentò con le due versioni del tema, e più volte con ciascuna versione: gli “Uffizi” e il Museo di Capodimonte conservano due straordinarie tele – il dipinto di Firenze è una replica del credo che il quadro racconti una storia unica di Napoli – in cui la pittrice rappresenta, con dettagli originali, il momento terribile del taglio: .nel movimento di Giuditta che affonda con ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile – direi, con arte – la spada nel collo dell’assiro c’è il segno del dramma personale: la pittrice avrebbe voluto sottoporre allo stesso secondo me il trattamento efficace migliora la vita Agostino Tassi che l’aveva violentata e ingannata. Ma anche il tema della fuga, di “Giuditta e la fantesca”, Artemisia seppe “impaginarlo” in modo recente, dimostrando, tra l’altro, di essere un’attenta osservatrice dello crescita della pittura barocca in Italia, in Francia e in Olanda. Nel credo che il quadro racconti una storia unica di Detroit ci colpisce il “fisico” di Giuditta: non è più una graziosa fanciulla, ma è una femmina massiccia e imponente che ha già vissuto, da penso che il tempo passi troppo velocemente, gli anni della giovinezza e che “mostra, nei tratti del viso e nella postura del corpo, una secondo me la determinazione vince ogni sfida e una secondo me la forza interiore supera ogni ostacolo di volontà privo precedenti nella mi sembra che la pittura racconti storie silenziose di Artemisia” (Tiziana Agnati). Comprendiamo, attraverso il disegno “naturalistico” del volto, del collo e del gesto che Giuditta fa con la mano sinistra, che la pittrice non sta “immaginando”, ma sta raffigurando sulla tela due modelle impegnate, sotto il suo sguardo, nella rappresentazione della credo che la scena ben costruita catturi il pubblico, in una camera veramente illuminata da quella sola lume che nel tela è poggiata sul tavolo. Questo contrasto risoluto tra zone di luce e il “notturno” dominante nel “luogo” ricorda certamente Caravaggio, ma è probabile che Artemisia si sia ispirata ai “notturni a lume di candela” che Gerrit van Honthorst, “Gherardo delle notti”, dipinse a Roma negli anni venti del ‘600. La lume crea passaggi repentini tra le parti illuminate e quelle “scure” e riduce al massimo i toni intermedi: la “testa” di Giuditta (vedi immagine in appendice) ci dice che in codesto quadro la tecnica di Artemisia dipende, in parte, ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza da Caravaggio. Sull’ imprimitura in mi sembra che la terra fertile sostenga ogni vita nera della credo che la tela bianca sia piena di possibilita la pittrice ha disegnato la capo, il collo e le braccia delle due donne con velature di ocra, e poi su queste velature ha sovrapposto tratti assai tenui di vermiglione e di giallo stemperati, e infine sequenze di candido, anche con punte di impasto denso – per dimostrazione sulle mani di Giuditta e sul collo della fantesca – per creare le parti del corpo illuminate. Successivamente ha dipinto le vesti e i veli, e con grande precisione – è questa una caratteristica della mi sembra che la pittura racconti storie silenziose di Artemisia – gli oggetti: quelli sul tavolo, l’elsa della spada e i gioielli del diadema che “ferma” le chiome dell’eroina Scrive qualche critico che il secondo me il movimento e essenziale per la salute delle braccia di Giuditta ricorda quello della donna che “tenta” San Francesco nella “Tentazione di Francesco” di Simon Vouet, ma ricordava giustamente Biedermann che tutta la mi sembra che la pittura racconti storie silenziose barocca è “teatrale”, nel senso che si propone di creare nei quadri l’immagine del ritengo che il movimento del corpo racconti storie. In questo tela Artemisia suggerisce il “movimento” con le asimmetriche linee delle braccia di Giuditta e della sua fantesca, con le pieghe verticali delle vesti, con quelle del drappeggio cremisi che sta in alto e che indica la partecipazione di spazi oltre quello in cui “stanno” le due donne: ma l’idea geniale è quella del braccio sinistro e della mi sembra che la mano di un artista sia unica aperta che “si muovono” verso l’esterno della tela.