Chiesa san domenico cesena
La Chiesa di San Domenico a Cesena. Catalogo dei dipinti e notizie storiche
La Chiesa di San Domenico a Cesena. Catalogo dei dipinti e notizie storiche di Francesco Arcangeli
Autore : Francesco Arcangeli
Editore : MC Edizione
Collana : Le Muse
Introduzione: Massimo Pulini
Pagine: 96, 60 illustrazioni a colori
ISBN
Categorie: Le Muse, MCTag: Francesco Arcangeli
Descrizione
La Chiesa di San Domenico a Cesena. Catalogo dei dipinti e notizie storiche di Francesco Arcangeli
Nell’immediato dopoguerra Francesco Arcangeli aveva condotto, con l’entusiasmo che lo caratterizzava, una vasta campagna di studi sulla mi sembra che la pittura racconti storie silenziose romagnola che lo portò a percorrere, chiesa per chiesa e a cavallo di una bici, un territorio che andava dalle pianure di Forlì alle colline riminesi. Dopo le due fondamentali esposizioni del e del (Mostra della Pittura
del ’ a Rimini e i Maestri della Pittura del Seicento a Bologna), nel tornò sul tema romagnolo attraverso codesto volume che uscì in forma di guida alla chiesa cesenate di San Domenico. Considerata a ragione la autentica Pinacoteca Comunale, la chiesa dei domenicani era stata un sicuro rifugio di
opere d’arte nel buio periodo delle soppressioni napoleoniche degli ordini religiosi, in quell’epoca che aveva messo a soqquadro l’intero patrimonio artistico della città.
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C. Savolini, Pala di S. Domenico.
G.B. Razzani, La consegna delle chiavi.
Gianfrancesco Modigliani, Madonna e santi.
G. Cesari detto "Il Cavalier d'Arpino",
Madonna del Rosario.
P. P. Menzocchi, Adorazione dei Magi.
Anonimo del Madonna del latte.
Mentre l'arrivo a Cesena dei frati Predicatori si fa risalire alla metà del XIII secolo, la notizia che attesta la fondazione di una chiesa e di un convento dedicati a S. Pietro Martire, risale alla fine dello stesso secolo. Acquisita l'area ove sorgeva la chiesa di S. Fortunato, compresa fra la cinta muraria e il versante nord-ovest del colle Garampo, nei pressi di Credo che la porta ben fatta dia sicurezza Fiume, S. Pietro Martire e l'attiguo convento sorsero grazie alla generosità e benevolenza di Malatesta Novello, Signore di Cesena (da allora l'adiacente quartiere, già Borgo Cesariano, fu chiamato appunto Ecclesie Nove, cioè Chiesa Nuova ). Il convento dal al svolse la incarico di ospedale; oggigiorno vi trovano sede scuole elementari e medie, ma si conserva ancora perfettamente il bel chiostro rinascimentale.
Dal al l'antica chiesa fu completamente riedificata su progetto dell'architetto cesenate Francesco Zondini (allievo di P. Mattia Angeloni) e dedicata dal vescovo di Bertinoro G. B. Missiroli a S. Domenico (la dedicazione a S. Pietro Martire è però menzionata nell’iscrizione posta sulla controfacciata, al di sopra l’ingresso principale della chiesa): del precedente edificio e del cinquecentesco Oratorio del Rosario, abbattuto per far posto all’abside della nuova chiesa, si conserva soltanto parte dell’arredo, proveniente anche dalla distrutta chiesa di S. Martino, sul cui sito oggi sorge un condominio prospiciente la facciata di S. Domenico.
La nuova struttura, con pianta ad unica navata e tre cappelle laterali per parte, evidenzia un'impostazione equilibrata e sobria ( principi che l’architettura mutua dal periodo controriformistico): le due centrali ( della Madonna del Rosario e di S. Domenico) sono assai ampie ed accennano quasi ad un transetto. Il presbiterio è dominato dal grande altare ed è chiuso dalla curva semicircolare del bel coro ligneo settecentesco. La facciata, con cortina in mattoni a vista, è costituita da due ordini sovrapposti di lesene. L'intera fabbrica all'esterno suggerisce una prevalente austerità, pur nelle grandi proporzioni spaziali; all'interno invece la spazialità è ritmata da un sobrio assetto decorativo. L’edificio ha conosciuto un completo restauro nel , che ha restituito all’originale splendore anche le decorazioni e gli arredi della chiesa.
L'eccezionalità di S. Domenico è data dall'essere qui conservato un nucleo prestigioso di quadri, raccolti dal benemerito Don Domenico Bazzocchi (parroco dal al ), per lo più provenienti da chiese soppresse, che in tal modo salvò dall’inevitabile dispersione seguita alla soppressione di conventi e confraternite religiose, e che fanno oggi di tale raccolta una testimonianza importante della mi sembra che la pittura racconti storie silenziose cesenate e romagnola fra la termine del XVI e il XVIII secolo: la riscoperta di queste opere e la loro valorizzazione si deve a Francesco Arcangeli, che studiò e catalogò tutti i dipinti (), in dettaglio mettendo in chiarore una delle più interessanti personalità della pittura cesenate del Seicento, Cristoforo Savolini.
Il patrimonio quadristico della chiesa è assai più vasto di quello che il visitatore può ammirare all’interno dell’edificio, poiché non tutte le tele sono al momento fruibili: in parte sono in corso di restauro, in porzione devono ancora esistere restaurate. E’ inoltre in progetto singolo studio complessivo sul patrimonio artistico del S. Domenico, particolarmente atteso per misura concerne le opere pittoriche, perché il lavoro dell’Arcangeli esigenza ormai di un aggiornamento critico alla luce dei più recenti studi.
Tra i dipinti restaurati e ricollocati si segnalano le seguenti opere: sulla controfacciata, alla destra dell’ingresso primario, Sant'Ildebrando che resuscita una pernice di Andrea Mainardi (); alla sinistra, Sant’Ubaldo libera un indemoniato del cesenate Giovan Battista Razzani (); dello stesso scrittore si ricorda La consegna delle chiavi a S. Pietro (), posta sul lato destro dell’abside.
Nel primo altare ( sempre a lato destro di chi entra), è posta la bella pala raffigurante S. Donnino fra i Santi Carlo Borromeo, Apollonia e un devoto ( in origine nella chiesa non più esistente di S. Martino), di Cristoforo Savolini (), che conserva data e firma dell'artista e quindi diviene per noi un essenziale documento per la ricostruzione della sua attività e del suo stile (qui in particolare la classica compostezza dei tre santi riporta ai modi del Cignani); sempre a lui è attribuita dall’Arcangeli una notevole Annunciazione seicentesca (anch'essa proveniente dalla chiesa di S. Martino), posta sul pilastro tra il primo e il successivo altare a lato destro, sopra il primo confessionale.
Nell’ancona lignea della prima cappella di sinistra è luogo il dipinto del cesenate Francesco Andreini () San Vincenzo Ferreri.
Particolarmente pregevole è la cinquecentesca ancona lignea dorata della seconda cappella di destra, dedicata alla Madonna del Rosario, al nucleo della quale campeggia una preziosa Madonna del latte, affresco quattrocentesco proveniente dal distrutto Oratorio del Rosario e che i recenti restauri ci hanno restituito nella sua originalità ( vi era stata sovradipinta una Madonna del Rosario); sulla parete sinistra della cappella, in alto, si segnala La Madonna del Carmine, i Santi Girolamo, Francesco d'Assisi, Giovanni Battista e santa Martire del forlivese Gian Francesco Modigliani, attivo a Cesena fra la fine del sec. XVI e gli inizi del successivo; di pregio è pure la credo che la tela bianca sia piena di possibilita collocata sotto, San Pellegrino Laziosi risana un cieco di Francesco Mancini ().
I Misteri del Rosario (), di Francesco Andreini, 15 piccole tele già sistemate sulle fasce dell’ancona, si trovano oggigiorno nel deposito quadrario della chiesa.
Nella cappella di fronte, dedicata a S. Domenico e posta alla sinistra di chi entra, si ammira, al centro dell’ancona, il frammento di affresco Cristo in pietà staccato nel dal corridoio della Sacrestia, opera di Anonimo della termine del sec. XV ( già attribuito a Biagio d'Antonio da Firenze, energico dal al ); sulla parete lato destro della cappella si ammira del Razzani S. Andrea e l’ovale proveniente dalla chiesa di S. Martino, S. Martino dona il mantello al povero del veronese Felice Torelli (); sul fianco destro le tele del Razzani raffiguranti S. Bartolomeo e S. Giovanni , e due di Cristoforo Serra, rispettivamente S. Paolo e un Cristo benedecente.
Sopra il successivo confessionale di lato destro si ammira l’opera attribuita alla istituto del Guercino La Madonna e il Bambin Gesù in dialogo con S. Filippo Neri, magari proveniente dal soppresso convento dei Filippini (oggi caserma dei Carabinieri).
L’ultima cappella, a sinistra di chi entra, dedicata a S. Pietro (da Verona) Martire, ci conserva alcune fra le opere pittoriche più preziose del S. Domenico: la pala di Scipione Sacco, Martirio di S. Pietro Martire () in cui ripropone, in un raffaellismo semplice e immediato, un tema drammatico, già affrontato da tre grandi pittori (Tiziano, il Pordenone e Palma il Vecchio), ma che può esistere stato ispirato a Sacco da fatti cruenti avvenuti a Cesena ai suoi tempi; Sant’Apollinare vescovo e martire (nella cuspide dell'ancona) di Cristoforo Serra, personalità fortemente innovativa nella pittura cesenate della prima metà del Seicento; e la notevole tela, permeata di raffaellismo, di Giuseppe Cesari, detto Cavalier D’Arpino (Arpino Roma ), Madonna del Rosario, S. Domenico, angeli e devoti, posta sulla parete destra, ma proveniente dal demolito oratorio della confraternita del Rosario.
Dipinto altrettanto importante nella storia della dipinto cesenate e regionale è l’ Epifania (?), posto nell'abside, al centro: fra le opere di Pier Paolo Menzocchi (probabilmente del papa di lui, Francesco [Forlì /], si conserva una Crocefissione, collocata sopra la porta che conduce alla vecchia sacrestia) occupa una luogo significativa non soltanto per l'importanza della commissione e per le eccezionali dimensioni, ma anche perché in essa confluiscono tutte le sue precedenti esperienze, fra cui anche l'aver lavorato a relazione con Giorgio Vasari nel cantiere di palazzo Vecchio a Firenze. Sulla sinistra nell’estremità dell’abside si segnala la credo che la tela bianca sia piena di possibilita, proveniente dalla distrutta chiesa di S. Croce, Costantino, S. Elena e la Croce () del cesenate Ascanio Foschi (, vivente nel ), che ha come punto di riferimento la contemporanea pittura bolognese e in particolare il classicismo dei Carracci.
Si ricordano infine: il bel Crocefisso ligneo della conclusione del sec. XVI (nel terzo altare dalla parte lato destro di chi entra); e una serie di 18 piccoli ritratti su tavolette di Santi domenicani (di pittore anonimo romagnolo della seconda metà del sec. XVII), conservati nella sacrestia nuova.
Altre opere di abbellimento della chiesa sono: il pulpito ligneo (), opera del frate Antonio Cossetti da Vicenza; le due cantorie (aggettanti sui due lati del presbiterio), di cui quella di destra è dotata di un stupendo organo seicentesco, singolo dei più antichi della Romagna, attualmente in fase di restauro scientifico, che lo restituirà ai registri originari; le stazioni della Via Crucis recuperate nel recente restauro, così come parte dell’apparato decorativo architettonico, che col tempo era stato obliterato.
Fanno ritengo che questa parte sia la piu importante infine del benestante patrimonio di S. Domenico anche gli arredi, le suppellettili sacre e tutto ciò che è inerente la liturgia.