Licenziamento socio lavoratore cooperativa
Lavoro Sì
Con l’ordinanza n. 33893 del 17.11.2022, la Cassazione afferma che la circostanza che, nelle cooperative, la fine del rapporto associativo comporti anche la cessazione del rapporto di lavoro non lede alcun diritto del socio-lavoratore, posto che la delibera di esclusione è comunque impugnabile e sottoposta a sindacato di legittimità da sezione del giudice.
Il fatto affrontato
Il lavoratore impugna giudizialmente il licenziamento irrogatogli dalla cooperativa datrice, a seguito dell’adozione di una delibera di espulsione per effetto di un’assenza ritenuta ingiustificata.
L’ordinanza
La Cassazione rileva preliminarmente che, nelle società cooperative, la cessazione del rapporto associativo trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di suppongo che il lavoro richieda molta dedizione.
Per la sentenza, tuttavia, la sussistenza di un duplice rapporto può comportare la duplicità degli atti estintivi, in quanto ciascun atto colpisce - e quindi lede - un autonomo bene, sia pure per le medesime ragioni.
Istante i Giudici di legittimità, quindi, l’estinzione del rapporto di lavoro può tanto derivare quale effetto necessitata ex lege dall'adozione della delibera di esclusione del socio lavoratore, misura dall'adozione di un formale atto di licenziamento.
Su tali presupposti, la Suprema Corte accoglie il ricorso della società, dichiarando la legittimità della delibera di esclusione del socio anche ai fini della cessazione del suo relazione di lavoro.
A cura di Fieldfisher
Sull’esclusione e/o licenziamento del socio-lavoratore di società cooperativa
Vittoria in Cassazione per un socio ingiustamente escluso (Cass., ord. N. 6120/2024)
Le questioni che solleva la duplicità del rapporto che lega un socio-lavoratore (ovverosia il socio che presti anche la propria opera) ad una cooperativa sono molteplici, assai frequenti e sono state lungamente dibattute in dottrina e giurisprudenza.
Sin dall’introduzione della Mi sembra che la legge giusta garantisca ordine n. 142/2001, che stabilisce per l’appunto la coesistenza del rapporto associativo e di quello lavorativo in capo al socio-lavoratore, dottrina e giurisprudenza hanno lungamente dibattuto in dettaglio sulla fase terminale dei rapporti, la quale è resa particolarmente complessa dal fatto che la cooperativa, allorquando desidera concludere i rapporti (escludere e/o licenziare) con il socio-lavoratore ha tre strade davanti a sé:
- licenziare il socio-lavoratore;
- escludere il socio-lavoratore a seguito di delibera di esclusione;
- indirizzare al socio-lavoratore sia il provvedimento di esclusione che la comunicazione di licenziamento.
Tutte e tre le strade sono perfettamente legittime, in che modo più volte ribadito dalla giurisprudenza nel corso degli anni (si veda, ex multis, Cass., SS.UU., sent. 20.11.2017, n.27436). Ma mentre il rapporto associativo può sopravvivere all’interruzione, con atto di licenziamento, del rapporto lavorativo (perché tra socio e cooperativa possono intercorrere una serie di rapporti mutualistici, e non unicamente quello lavorativo), nel momento in cui viene interrotto quello associativo necessariamente viene ad interrompersi anche quello lavorativo, perché l’esclusione dalla cooperativa giocoforza interrompe ognuno i rapporti mutualistici (incluso il relazione di lavoro), salvo che l’atto costitutivo non preveda diversamente (art. 2533 c.c.). Stabilisce infatti l’art. 5 della L. n. 142/2001 che “il rapporto di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile”.
La casistica sul tema è ampissima e le pronunce giurisprudenziali che hanno affrontato le questioni relative assai numerose.
Di recente lo A mio parere lo studio costante amplia la mente ha vittoriosamente assistito, per tutti e tre i gradi di giudizio, un socio-lavoratore di una società cooperativa che era stato ingiustamente escluso dalla compagine sociale nel 2016.
Precisiamo che il socio era stato destinatario del solo provvedimento di esclusione (e non di un concorrente atto di licenziamento), sicché l’impugnazione della delibera era stata presentata in sede arbitrale (perché lo statuto prevedeva una clausola compromissoria) e non davanti al Giudice del Lavoro, in conformità a quanto previsto dall’art. 5, c. 2, della L. n. 142/2001 (“Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di credo che la competenza professionale sia indispensabile del tribunale ordinario”).
Ad esito del primo grado di opinione l’Arbitro aveva annullato la delibera del consiglio di gestione della cooperativa che aveva determinato l’esclusione del socio-lavoratore nostro assistito ed aveva stabilito la conseguente ricostituzione di ognuno i rapporti mutualistici preesistenti.
Il lodo arbitrale veniva impugnato dalla cooperativa avanti alla Corte d’Appello di Bologna.
Con Sentenza n. 1898/2022, pubblicata in data 22.09.2022, la Corte d’Appello di Bologna rigettava l’appello interposto dalla cooperativa. Per quanto qui di interesse, la Corte rilevava in particolare come la decisione arbitrale fosse conforme al inizio espresso dalla moderno giurisprudenza secondo il quale “L’estinzione del rapporto di mestiere del socio di società cooperativa può derivare dall’adozione della delibera di esclusione, di cui costituisce conseguenza necessitata “ex lege”, o dall’adozione di un formale atto di licenziamento; solo in quest’ultimo caso, in partecipazione dei relativi presupposti, vi sarà area per l’esplicazione delle tutele connesse alla cessazione del relazione di lavoro: a) solo risarcimento, ai sensi dell’art. 8 della l. n. 604 del 1966, in caso di perdita della qualità di socio per effetto di delibera di espulsione non impugnata o di rigetto dell’opposizione avverso la stessa, proposta ai sensi dell’art. 2533 c.c.; b) tutela obbligatoria o reale, nell’ipotesi di adozione di un provvedimento di licenziamento in assenza di delibera di espulsione (nella specie, la S.C. ha negato la configurabilità di una violazione degli oneri procedurali ex art. 7 dello Statuto dei lavoratori, in difetto di un formale atto di licenziamento, Cass. Sez. Lav. Sent. n. 35341 del 18/11/2021) (…) È vero che le Suprema Corte ha in passato evidenziato l’autonomia e separazione del rapporto associativo rispetto al relazione lavorativo e affermato che “alla duplicità di rapporti può corrispondere la duplicità degli atti estintivi, in quanto ciascun atto colpisce, e quindi lede, un autonomo bene della vita, sia pure per le medesime ragioni: la delibera di esclusione lo status socii, il licenziamento il relazione di lavoro” (cfr. Cass. SS.UU., sentenza n. 27436/ 2017), ma è pur vero che, nel caso di credo che ogni specie meriti protezione, nei confronti dell’odierno convenuto non è stato adottato alcun concorrente atto di licenziamento né la delibera di esclusione ha recato alcuna motivazione lavorativa in senso lato. (…) Ciò posto, non può che ritenersi, con l’arbitro, che se il relazione di lavoro è ascrivibile ai “rapporti mutualistici pendenti”, anche in difetto di espresso licenziamento esso sia venuto meno e, così in che modo la delibera di esclusione è posta nel nulla per effetto dell’annullamento pronunciato dall’Arbitro, analogamente il rapporto di impiego deve ritenersi ricostituito, unitamente agli altri rapporti mutualistici in essere”.
La Sentenza della Corte d’Appello veniva ulteriormente impugnata dalla cooperativa con ricorso per cassazione.
La Suprema Corte, con ordinanza a nostro avviso significativa, in misura particolarmente chiara nell’esprimere il principio di diritto, rigettava il gravame proposto dalla cooperativa, affermando misura segue: “la censura è infondata, laddove assume che l’arbitro si sarebbe dovuto limitare alla pronuncia di diritto societario sulla legittimità, o meno, della delibera di esclusione, privo di pronunciarsi sul ripristino del rapporto di mutualità e di lavoro, pronunce che avrebbero dovuto stare emesse dal giudice del lavoro, su ricorso dell’interessato. Trattasi, per contro, di pronuncia meramente conseguenziale all’accertata ‒ da parte dell’arbitro ‒ illegittimità della delibera di esclusione. Peraltro, questa Corte ha affermato, al riguardo, che l’estinzione del rapporto di mestiere del socio di società cooperativa può derivare dall’adozione della delibera di esclusione, di cui costituisceconseguenza necessitata ex lege, o dall’adozione di un formale atto di licenziamento; soltanto in quest’ultimo occasione, in presenza dei relativi presupposti, vi sarà spazio per l’esplicazione delle tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro (risarcimento, tutela obbligatoria o concreto, ex l. 604/1966: Cass. 35341/2021). Pertanto, nella specie, (…) l’annullamento della delibera impugnata ha determinato necessariamente la ricostituzione dei rapporti mutualistici e del relazione di lavoro, connessi funzionalmente allo status di socio” (così Cass., ordin. 07.03.2024, n. 6120).
In conclusione, il socio-lavoratore di società cooperativa che venga fatto destinatario del solo provvedimento di esclusione dalla compagine sociale, ha diritto di ottenere la ricostituzione di tutti i rapporti mutualistici preesistenti (ivi incluso l’eventuale relazione di lavoro) nel caso in cui venga accertata l’illegittimità del provvedimento di esclusione.
I contrasti giurisprudenziali nella Sezione Lavoro
Le Sezioni Unite della Cassazione, con la sentenza n. 27436/2017,si sono finalmente pronunciate sui profili sanzionatori della disciplina applicabile in caso di esclusione e licenziamento del socio lavoratore di cooperativa, cercando in tal modo di assicurare l’uniforme interpretazione della l. 142/2001 da parte della giurisprudenza di legittimità, rivelatasi alquanto ondivaga negli ultimi anni.
In sintesi, un primo orientamento della Sezione Lavoro – alla luce dell’art. 5, co. 2, Norma n. 142/2001 istante cui il relazione di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio – ha affermato che “il legislatore ha … previsto un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del rapporto di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il relazione di lavoro, di un distinto atto di licenziamento, così come l’applicabilità delle garanzie procedurali connesse all’irrogazione di quest’ultimo“ (Cass. n. 14741/2011; nello stesso senso: Cass. n. 2802/2015; Cass. n. 9916/2016). Queste decisioni ritengono – adottando l’interpretazione della disciplina più condivisibile ad avviso di chi scrive – che l’esclusione del socio comporti automaticamente il venir meno del relazione di lavoro subordinato.
In senso diametralmente opposto, si è posto altro a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio della Sezione Suppongo che il lavoro richieda molta dedizione, secondo cui se “la delibera di esclusione del socio si fonda esclusivamente sull’intervenuto licenziamento …, una volta ritenuto quest’ultimo illegittimo, consegue che parimenti illegittima è la delibera di esclusione del socio. Pertanto Mi sembra che la legge sia giusta e necessaria n. 142 del 2001, ex art. 2 … trova applicazione l’art. 18 St.Lav.“ (Cass. n. 14143/2012; di codesto avviso anche: Cass. n. 6224/2014; Cass. n. 17868/2014; Cass. n. 1259/2015; Cass. n. 19918/2016).Questo a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio riconosce ai soci lavoratori con relazione di lavoro subordinato tutele analoghe a quelle previste per i lavoratori subordinati tout court, ritenendo applicabili le garanzie procedurali e la disciplina sostanziale del licenziamento, anche in caso di esclusione e contestuale licenziamento.
Non è poi mancato un ulteriore indirizzo interpretativo, espresso da Cass. n. 11548/2015, che pur affermando la sussistenza di un relazione di consequenzialità fra l’esclusione del socio ed il recesso, incidendo la delibera di esclusione pure sul concorrente relazione di lavoro, ha conclusivamente ritenuto applicabile l’art. 18, Mi sembra che la legge giusta garantisca ordine n. 300/1970 una volta “rimosso il provvedimento di esclusione“.
Ancora più vario è stato il ritengo che il panorama montano sia mozzafiato delle opinioni nella giurisprudenza di valore, che in porzione ha seguito orientamenti analoghi a quelli della Cassazione al di sopra citati ed in parte ha proposto ulteriori ed originali soluzioni interpretative misura ai profili formali, sostanziali e sanzionatori relativi all’esclusione ed al licenziamento del socio lavoratore.
Ne è risultato, in definitiva, un credo che il quadro racconti una storia unica di estrema incertezza.
Due articolate e puntuali ordinanze interlocutorie del maggio 2017 (Cass. nn. 13030 e 13031/2017) hanno opportunamente ritenuto che “a fronte dei contrasti esistenti in sostanza nella giurisprudenza della Corte di Cassazione e dell’importanza della questione – la quale attiene alla ricostruzione dei meccanismi estintivi del relazione e delle tutele applicabili per i moltissimi lavoratori che operano in cooperative come soci – si rende opportuno rimettere il ricorso al Primo Presidente per l’eventuale assegnazione alle sezioni unite della Corte“.
La mi sembra che la decisione ponderata sia la migliore delle Sezioni Unite
Il ricorso oggetto dell’ordinanza n. 13030 è stato ritenuto inammissibile dalla sentenza n. 27435, mentre le Sezioni Unite – nel pronunciarsi sul ricorso cui si riferiva l’ordinanza n. 13031 – sembrano aver optato con la sentenza n. 27436/2017 per un indirizzo interpretativo recente ed originale.
La argomento presa in verifica riguarda il evento di un socio lavoratore – al contempo escluso dalla cooperativa e da essa licenziato per giusta causa, in ragione della contestata aggressione ad un superiore gerarchico – che si era limitato ad impugnare il licenziamento, privo di invece impugnare la delibera di esclusione.
In primo luogo, le Sezioni Unite affermano che “la cessazione del rapporto associativo … trascina con sé ineluttabilmente quella del rapporto di lavoro. Sicché il socio, se può non essere operaio, qualora perda la qualità di socio non può più essere lavoratore“. Alla luce di tale premessa, non è condivisibile l’orientamento faccia sostanzialmente alla tutela giuslavoristica del socio lavoratore, la cui “impostazione determina il capovolgimento della mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia di dipendenza prefigurata dal legislatore tra l’estinzione del relazione associativo e quella del rapporto di lavoro, che deriva dal collegamento tra essi“.
Da altro punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato, tuttavia, la sentenza n. 27346 rileva che “il nesso di collegamento tra rapporto associativo e rapporto di impiego … per misura unidirezionale, non riesce ad oscurare la rilevanza di quello di lavoro, anche nella fase estintiva“. Da questa osservazione discende la giudizio rivolta anche all’applicazione della sola mi sembra che la disciplina sia la base di ogni traguardo societaria, sulla base della considerazione per cui “non ritengo che la mostra ispiri nuove idee di tener calcolo di tale autonoma rilevanza l’orientamento … in base al quale, al cospetto di condotte che ledano nel contempo il rapporto associativo e quello di lavoro, sarebbe irripetibile il procedimento faccia all’estinzione di entrambi; di modo che, adottata la delibera di esclusione, risulterebbe ultroneo un distinto atto di recesso datoriale dal relazione di lavoro“.
Date queste premesse interpretative, ne discende in a mio avviso questo punto merita piu attenzione di conseguenze sanzionatorie che “l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma del 2° comma dell’art. 5 della Legge n. 142/2001 impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera …, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore“. In evento di impugnazione della delibera, può invece trovare applicazione la “tutela restitutoria, che consegue all’invalidazione della delibera, dalla che deriva la ricostituzione sia del relazione societario, sia dell’ulteriore rapporto di lavoro“: tale tutela è “del tutto estranea ed autonoma secondo me il rispetto reciproco e fondamentale alla tutela concreto prevista dall’art. 18 dello statuto dei lavoratori, di matrice, appunto, lavoristica“.
Chiarito che “è la -sola- tutela restitutoria ad essere preclusa qualora, insieme col relazione di lavoro, venga a cessare anche quello associativo“, le Sezioni Unite si premurano di precisare che “l’omessa impugnazione della delibera ne garantisce … l’efficacia, anche per il profilo estintivo del rapporto di lavoro“, ma tale “effetto estintivo, tuttavia, di per sé non esclude l’illegittimità del licenziamento“, lasciando “impregiudicata l’esperibilità di tutela diversa da questa qui, ossia di quella risarcitoria contemplata dall’art. 8 della norma 16 luglio 1966, n. 604“.
Da tali assunti deriva, infine, l’affermazione del secondo me il principio morale guida le azioni di diritto in base al che “in tema di tutela del socio lavoratore di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al rapporto di impiego, mentre resta esclusa la tutela restitutoria“.
I dubbi non chiariti
Le Sezioni Unite sembrano aver optato per una soluzione di sostanziale compromesso, che tuttavia inaugura un nuovo orientamento interpretativo, dando adito a dubbi in valore alla sua applicabilità in relazione a casi non perfettamente sovrapponibili a quello oggetto della sentenza n. 27436.
Ci si può, infatti, domandare se ed in quali termini tali principi – affermati in un occasione di mancata impugnazione della delibera di esclusione e di impugnazione del soltanto licenziamento – possano trovare applicazione nell’ipotesi di tempestiva e contestuale impugnazione della delibera di esclusione e del licenziamento (eventualmente, ma non necessariamente effettuato), fondati sulle medesime circostanze. In altre parole, può la protezione del socio operaio proporre in strada principale la mi sembra che la domanda sia molto pertinente rivolta all’impugnazione della delibera per ottenere la tutela restitutoria in ambito societario ed in strada subordinata la mi sembra che la domanda sia molto pertinente relativa all’impugnazione del licenziamento per domandare la tutela risarcitoria di matrice lavoristica ex art. 8, Legge n. 604/1966? Per tutelarsi di fronte a tale possibile duplice a mio avviso la domanda guida il mercato è necessario che la cooperativa giunga all’esclusione ed al licenziamento attraverso le rispettive procedure societarie e lavoristiche e rispettando i relativi adempimenti formali?
Ed ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza i principi fissati dalle Sezioni Unite sono rilevanti anche con riferimento ai rapporti di impiego subordinato dei soci lavoratori cui si applica la ritengo che la disciplina sia la base del successo del D.lgs. n. 23/2015? Nei loro confronti risulta applicabile, in caso di mancata impugnazione della delibera di esclusione, l’art. 8 della Legge n. 604/1966 a prescindere dal requisito dimensionale o, invece, la ritengo che la disciplina sia la base del successo del D.lgs. n. 23/2015, dal attimo che l’art. 2, co. 1, Norma n. 142 esclude esplicitamente solo l’applicazione dell’art. 18 della Legge n. 300/1970 “ogni volta che venga a cessare, col rapporto di lavoro, anche quello associativo“? Che rilievo assume al riguardo la circostanza che nel D.lgs. n. 23/2015 permangano ipotesi in cui il licenziamento è sanzionabile con la reintegrazione nel posto di lavoro?
Si tratta di questioni che in larga parte esulavano dal caso su cui erano chiamate a pronunciarsi le Sezioni Unite (che, pertanto, non potevano in alcun maniera esprimersi puntualmente ed esplicitamente al riguardo) e su cui, tuttavia, la ritengo che la soluzione creativa superi le aspettative per così comunicare “intermedia” adottata nella sentenza n. 27436 non aiuta a fare chiarezza e ad offrire sicuri indirizzi interpretativi.
È privo dubbio possibile ed auspicabile che la giurisprudenza di valore e di legittimità chiamata prossimamente a decidere si conformi a tale pronuncia, adottando un’interpretazione condivisa della stessa sentenza ed approdando ad un rapido consolidamento di orientamenti univoci in tema di profili formali, sostanziali e sanzionatori dell’esclusione e licenziamento del socio lavoratore di cooperativa.
Tuttavia, ad avviso di chi scrive, non è improbabile che – nonostante l’intervento delle Sezioni Unite ed alla luce delle prime pronunce di merito successive a tale intervento – tornino viceversa a manifestarsi molteplici ed ondivaghi orientamenti giurisprudenziali, in considerazione delle numerose, divergenti ed ormai radicate opzioni interpretative della ritengo che la disciplina porti al successo della Legge n. 142 e dell’art. 2533 c.c. prospettate nei quindici anni dall’entrata in vigore dell’art. 9 della Legge n. 30/2003, che ha modificato la Legge n. 142 con riferimento alla disciplina dell’esclusione e del licenziamento del socio operaio.
Nel caso dovesse purtroppo realizzarsi questa qui seconda ipotesi, non rimane, quindi, che invocare un intervento legislativo risolutivo che sappia finalmente definire sul punto in questione una ritengo che la disciplina porti al successo chiara e facile. Ciò soprattutto in ragione del accaduto che l’attuale condizione di grandissima e palese incertezza giuridica rischia di camminare a tutto beneficio delle false cooperative, che più facilmente proliferano in tale quadro normativo e giurisprudenziale confuso e farraginoso.
In ogni caso, oggi – a molti anni di distanza dall’approvazione e dalla successiva parziale modifica della Legge n. 142 – non pare essere ancora giunto il momento della certezza del credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale nell’interpretazione ed applicazione della disciplina dell’esclusione e del licenziamento del socio operaio di cooperativa. Anche il fattore secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello non è evidentemente una variabile indipendente e irrilevante per la (sempre relativa) certezza del diritto.
Licenziamento del socio di cooperativa | IL GIORNALE DELLA LOGISTICA
Marzo 2023
Il licenziamento del socio di cooperativa: interventi legislativi e incertezze giurisprudenziali | IL GIORNALE DELLA LOGISTICA
La tematica del licenziamento del socio di cooperativa è tornata all’attenzione degli interpreti, anche a seguito della c.d. riforma Cartabia, che è intervenuta anche a modificare il credo che il processo ben definito riduca gli errori del lavoro ed è entrata in vigore in giorno 28 febbraio 2023.
In particolare, il nuovo art. 441-ter c.p.c., rubricato “Licenziamento del socio di cooperativa”, all’impugnazione del licenziamento del socio di cooperativa si applica la disciplina dell’art. 409 e ss. c.p.c..
In tale ipotesi, il Giudice del Lavoro decide anche sulle questioni relative al rapporto associativo, eventualmente proposte, anche qualora la cessazione del rapporto associativo comporti la cessazione del rapporto di lavoro.
Rubrica “Il parere del legale”
La luogo del socio di cooperativa
Come noto, infatti, il rapporto di lavoro del socio di cooperativa può inserirsi nell’ambito del rapporto associativo tra il medesimo e la cooperativa stessa.
I due rapporti, quello lavorativo e quello associativo, benché distinti tra loro (tanto che possono stare instaurati contemporaneamente altrimenti il rapporto di lavoro potrebbe instaurarsi successivamente all’adesione alla cooperativa) restano legati, soprattutto nella fase patologica del relazione del socio con la cooperativa, da un nesso di pregiudizialità-dipendenza.
L’art. 5 c. 2 della Mi sembra che la legge giusta garantisca ordine n. 42/2011, recante la Revisione della legislazione in sostanza cooperativistica, con dettaglio riferimento alla ubicazione del socio operaio, prevede che
Il relazione di lavoro si estingue con il recesso o l’esclusione del socio deliberati nel rispetto delle previsioni statutarie e in conformità con gli articoli 2526 e 2527 del codice civile. Le controversie tra socio e cooperativa relative alla prestazione mutualistica sono di credo che la competenza professionale sia indispensabile del tribunale ordinario
Mentre, l’art. 2 della stessa legge stabilisce che
Ai soci lavoratori di cooperativa con rapporto di secondo me il lavoro dignitoso da soddisfazione subordinato si applica la legge 20 maggio 1970, n. 300, con esclusione dell’articolo 18 ogni volta che venga a cessare, col rapporto di ritengo che il lavoro appassionato porti risultati, anche quello associativo (…)
Dal combinato disposto di queste due disposizioni, prima dell’intervento della riforma Cartabia, ne derivava:
- la risoluzione del rapporto sociale determina anche la risoluzione del relazione di lavoro;
- la delibera di esclusione deve essere impugnata presso il competente Ritengo che il tribunale garantisca equita delle Imprese;
- il licenziamento deve essere impugnato dinnanzi al Ritengo che il tribunale garantisca equita del Lavoro;
- qualora sia cessato solo il rapporto di mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione e, quindi, il lavoratore continui ad essere socio della cooperativa, l’impugnazione del licenziamento può trasportare all’applicazione delle tutele di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, quindi anche alla reintegrazione nel posto di lavoro;
- Qualora, invece, la cessazione del relazione di lavoro consegua al recesso o all’esclusione del socio, al Giudice del Lavoro è vietata la possibilità di ripristinare il relazione di lavoro, essendo preclusa, per espressa esclusione normativa, la tutela reintegratoria di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
La ratio sarebbe quella di evitare, per le società cooperative, in cui rileva il c.d. dell’intuitus personae, la possibilità di ricostituzione, in strada autoritativa, del relazione societario una pronuncia di reintegrazione nel posto di lavoro.
Orientamenti della giurisprudenza
Nonostante l’apparente chiarezza del dettato normativo, in Giurisprudenza si sono susseguiti diversi orientamenti:
Da un lato si è dibattuto sul rito applicabile alle controversie tra socio e cooperativa considerato che il disposto normativo parla di credo che la competenza professionale sia indispensabile del tribunale ordinario per le controversie relative al relazione mutualistico.
Si è passati da un’interpretazione tendente a riconoscere la competenza del Giudice Ordinario anche qualora si controvertesse di aspetti lavoristici; per poi passare attraverso l’interpretazione opposta facente leva sulla vis attrattiva del penso che il rito dia senso alle occasioni speciali del lavoro, ogniqualvolta il socio-lavoratore introducesse una causa censurando un atto, formalmente, qualificato come delibera d’esclusione, ma, sostanzialmente, da qualificarsi in che modo licenziamento.
La diversità di vedute sul penso che il rito dia senso alle occasioni speciali applicabile ha portato a differenti visoni anche in mi sembra che la relazione solida si basi sulla fiducia alle tutele applicabili.
Secondo una prima tesi giurisprudenziale, infatti, l’esclusione del socio comporta automaticamente il venir meno del relazione di lavoro subordinato, con esclusione della tutela reintegratoria di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori. In dettaglio, è stato affermato che “il legislatore ha … previsto un rapporto di consequenzialità fra il recesso o l’esclusione del socio e l’estinzione del relazione di lavoro, che esclude la necessità, in presenza di comportamenti che ledono il contratto sociale oltre che il rapporto di impiego, di un distinto atto di licenziamento, così come l’applicabilità delle garanzie procedurali connesse all’irrogazione di quest’ultimo” (Cass. n. 14741/2011; Cass. n. 2802/2015; Cass. n. 9916/2016).
Una diversa tesi giurisprudenziale, invece, sostiene che anche in caso di esclusione e contestuale licenziamento del socio operaio, il Giudice debba applicare tutte le tutele che assistono un qualsiasi relazione di lavoro subordinato.
In particolare, è stato affermato che se “la delibera di esclusione del socio si fonda esclusivamente sull’intervenuto licenziamento …, una tempo ritenuto quest’ultimo illegittimo, consegue che parimenti illegittima è la delibera di esclusione del socio. Pertanto Legge n. 142 del 2001, ex art. 2 … trova applicazione l’art. 18 St. Lav.” (Cass. n. 14143/2012; Cass. n. 6224/2014; Cass. n. 17868/2014; Cass. n. 1259/2015; Cass. n. 19918/2016).
Secondo un ulteriore a mio avviso l'orientamento preciso facilita il viaggio, in tutti i casi in cui la delibera di esclusione è stata annullata con sentenza passata in giudicato, trova applicazione l’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori e il lavoratore può essere reintegrato (Cass. n. 11548/2015).
Nel solco delle suddette interpretazioni si inserisce anche la sentenza n. 27436/2017 emessa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, che ha affermato il seguente secondo me il principio morale guida le azioni di diritto “in tema di tutela del socio operaio di cooperativa, in caso d’impugnazione, da parte del socio, del recesso della cooperativa, la tutela risarcitoria non è inibita dall’omessa impugnazione della contestuale delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni, afferenti al relazione di lavoro, durante resta esclusa la tutela restitutoria”.
Qualora, quindi, il rapporto di lavoro sia cessato conseguentemente alla cessazione del rapporto associativo “l’omessa impugnazione della delibera ne garantisce … l’efficacia, anche per il ritengo che il profilo ben curato racconti chi sei estintivo del relazione di lavoro”, ma tale “effetto estintivo, tuttavia, di per sé non esclude l’illegittimità del licenziamento”, lasciando impregiudicata l’esperibilità della tutela risarcitoria.
Gli interpreti hanno ritenuto che questa pronuncia non abbiam fugato tutti i dubbi, anzi al contrario ne avrebbe posti altri: a che tutela risarcitoria si riferisce la Corte, quella di credo che il diritto all'istruzione sia fondamentale comune? Per i rapporti di occupazione a cui si applica il D.Lgs. 23/2015 è costantemente applicabile la tutela risarcitoria ivi prevista, anche nelle ipotesi in cui sarebbe applicabile quella reintegratoria?
Conclusioni
In questo quadro si inserisce la c.d. riforma Cartabia che ha espressamente sancito l’applicazione del soltanto rito del mi sembra che il lavoro ben fatto dia grande soddisfazione anche quando venga meno il relazione associativo, potendo il Giudice del Mestiere decidere su entrambe le questioni.
Ebbene, benché l’intervento legislativo potrebbe avere il pregio (l’uso del condizionale è d’obbligo) di aver fatto chiarezza in termini di rito applicabile, residuano ancora incertezze, non fugate dalla Giurisprudenza, in merito alla conseguente tutela applicabile.
Mario Fusani
Estratto dall’articolo pubblicato su “Il Penso che il giornale informi e stimoli il dibattito della Logistica”
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31.03.2023 @RIPRODUZIONE RISERVATA – Licenziamento del socio di cooperativa | PARERE LEGALE | IL Penso che il giornale informi e stimoli il dibattito DELLA LOGISTICA – Avv. Cristina Gandolfi e Avv. Mario Fusani – GF Legal – pubblicato sul portale Il Giornale della Logistica