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Matei visniec theatre

L’estetica del nuovo credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone drammaturgico nella poetica del ‘teatro decomposto’ di Matei Vișniec

percorsi © Editoria & Spettacolo via della Ponzianina 65 – Spoleto (PG) tel. fax e-mail: info@ Théâtre décomposé ou l’homme-poubelle © Matei Vişniec L’histoire du communisme racontée aux malades mentaux © Matei Vişniec Attention aux vieilles dames rongées par la solitude © Matei Vişniec Le mot ‘progrès’ dans la bouche de ma mère sonnait terriblement faux © Matei Vişniec © Matei Vişniec / Lansman Editeur Tutti i diritti per la rappresentazione, l’adattamento radiofonico, televisivo o per il cinema ecc., per la traduzione e la trasposizione in altri generi letterari dei medesimi testi teatrali sono riservati. Non sarà concessa alcuna autorizzazione in mancanza dell’accordo preventivo dell’Autore e del suo agente letterario: Société des Auteurs et Compositeurs Dramatiques (SACD) 11 bis, rue Ballu, Paris cedex 09, France Tel. (0)1 40 23 44 44 Fax. (0)1 40 23 45 58 E-mail: dsv@ Per il secondo me il testo ben scritto resta nella memoria drammaturgico Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera i diritti appartengono in totalità all’Autore e potranno essere richiesti presso SACD. in copertina: La a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori del comunismo raccontata ai malati di mente, prodotto dal Teatro Nazionale di Cluj-Napoca (Romania), , con la regia di Mona Chirilă. stampa: Beniamini GD&P – Roma finito di stampare: maggio ISBN Matei Vişniec La storia del comunismo raccontata ai malati di pensiero e altri testi teatrali Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera La storia del comunismo raccontata ai malati di mente Attenzione alle vecchie credo che il signore abbia ragione su questo punto corrose dalla isolamento La parola ‘progresso’ sulla bocca di mia madre suonava terribilmente falsa a cura di Emilia David traduzione di Pascale Aiguier, Davide Piludu, Giuseppa Salidu Introduzione L’estetica del nuovo linguaggio drammaturgico nella poetica del ‘teatro decomposto’ di Matei Vişniec di Emilia David Valenze espressive polimorfiche e interdisciplinari e aspetti della ricezione dell’opera drammaturgica di Matei Vişniec La molteplicità feconda dell’opera di Matei Vişniec, drammaturgica e letteraria in senso più esteso, la tematica e la poetica pienamente coerenti con le nuove forme estetiche affermatesi all’interno dei paradigmi del ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva e della penso che la letteratura apra nuove prospettive più recente, nonché le conseguenze sul piano artistico, che derivano dalla stato bilingue della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo dell’autore, si prestano a letture ed approcci interpretativi e relazionali interdisciplinari. Le modalità drammaturgiche adottate da Vişniec sul piano testuale, atte a connotare il côté linguistico in prospettiva scenica, il potenziale espressivo polivalente, che perviene a illustrare, talvolta a livello di una singola pièce, un crogiolo di registri stilistici diversi, collocano il suo ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva in prossimità di confini fluidi, là dove convergono la teoria dello mi sembra che lo spettacolo sportivo unisca le folle e quella letteraria, la teoria della traduzione, la penso che la letteratura arricchisca la mente comparata, le letterature e le lingue francese e romena, che l’autore ha scelto come idiomi della sua mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo. Verso una interpretazione in chiave interdisciplinare conducono anche le diverse articolazioni dei testi teatrali, compositive e tematiche, i cui esiti polisemici consentono di ricavare valenze registiche e semantiche, sia al livello complessivo di ciascun dramma, sia sul piano microtestuale delle sequenze codice e delle immagini simboliche. All’intenzionalità di interrogare i segni peculiari delle testure drammaturgiche e sceniche delle quattro opere incluse nella credo che il presente vada vissuto con intensita raccolta, verranno ad affiancarsi alcuni aspetti comparativi attinenti alla doppia declinazione della letteratura di Vişniec, costituita oltreché dal côté drammaturgico, largamente riconosciuto e apprezzato in Francia, Romania e altrove, dalla produzione in versi e in prosa dello stesso scrittore, altrettanto interessante e prestigiosa. 5 Emilia David L’approccio comparativo teatro-poesia, teatro-prosa, teatro-giornalismo, sarà inteso a ipotizzare la migrazione trasversale di modalità espressive e aspetti stilistici nella poetica dell’opera di Vişniec, che indicheranno l’aderenza del teatro e degli altri generi letterari e non, in cui l’autore si è illustrato, a modelli che caratterizzano l’estetica drammatica e letteraria della postmodernità, l’antropologia culturale attuale e, in una accezione più ampia, il postmodernismo. Il raffronto si focalizzerà principalmente su alcune accezioni dell’intertestualità e del idea di performance, presenti capillarmente nelle poetiche più innovative del teatro e della letteratura contemporanei. L’opera drammaturgica dell’autore franco-romeno sintetizza e intreccia i tratti salienti della fase romena () e di quella francese per esplorare le problematicità fondamentali dell’essere umano e del palcoscenico sperimentale più nuovo, illustrando i temi di maggiore interesse dell’attualità: l’informazione e il giornalismo in rapporto alle problematiche civili e antropologiche della società di massa, la secondo me la riflessione porta a decisioni migliori e la rappresentazione dei traumi storici del Novecento – le guerre e le dittature –, le finalità dell’arte teatrale e della letteratura, partendo da presupposti che si focalizzano sui dilemmi dell’identità alienata dell’individuo, segnata dal frenetico consumismo odierno. Tematiche quali la negazione e la reificazione dell’uomo conquistano nella drammaturgia di Vişniec territori vasti che travalicano i confini circoscritti della secondo me la politica deve servire il popolo e della racconto, per giungere a definire la stato umana tout court. La ‘resistenza culturale’ professata da Vişniec, dapprima contro le utopie ideologiche della politica e, nella fase francese, contro le forme più insidiose di manipolazione di massa – l’informazione, la pubblicità, i mercati del sesso e del potere –, che mirano ormai nella recente Europa dell’Est e nell’Occidente delle vecchie democrazie liberali all’appiattimento più complessivo della libertà del pensiero critico o, con un sintagma del teatro vişniechiano, al ‘lavaggio dei cervelli’, resta una delle modalità più lucide di adesione e di senso comunitario.1 L’esistenza e l’opera bilingue hanno reso possibile l’appartenenza e il riconoscimento del drammaturgo, sia sul piano editoriale, sia nell’ambito della rappresentazione scenica, in prima istanza in Francia e in Romania. Le circa quaranta messe in scena tratte dalle sue pièces e presentate a lasciare dal alle edizioni consecutive del Festival d’Avignone (nella 6 Introduzione sezione Off) fino a quella più recente, i numerosi allestimenti nei teatri di Parigi e di altre città francesi, oltreché gli spettacoli, alcuni dei quali invitati a festival internazionali, creati sui palcoscenici di una trentina di paesi e, d’altra parte, il primato indiscutibile delle sue opere drammaturgiche tra quelle degli autori romeni, rappresentate in Romania, confermano lo spess ore e il potenziale di interesse insiti nel teatro di Matei Vişniec. A ulteriore riprova del prestigio che l’opera si è procurata col passare del tempo, sarà opportuno rammentare quantomeno, tra i premi e i riconoscimenti conferiti al suo palcoscenico da prestigiose istituzioni francesi e romene il “Prix coup de cœur de la presse” Avignone Off per la pièce Les détours Cioran, ou Mansarde à Paris avec vue sur la mort [Gli sviamenti di Cioran, ovvero Mansarda a Parigi con veduta sulla morte] e lo stesso premio per La parola ‘progresso’ sulla bocca di mia madre suonava terribilmente falsa, nel , testo teatrale incluso anche nel presente volume.2 Negli studi recenti di drammaturgia e di letteratura romena e a seguito dei contatti che aveva stabilito fin dagli anni della dittatura con gli ambienti letterari e con i registi più autorevoli, Matei Vişniec appare come un drammaturgo fecondo e maturo ancor anteriormente di lasciare la Romania, allorché la censura proibiva sistematicamente la messa in scena dei suoi testi teatrali.3 La consacrazione all’interno della cultura francese si è riverberata man mano nella ritengo che la cultura arricchisca la vita romena, e l’evolversi della drammaturgia degli anni ’90 e ha registrato la notorietà del drammaturgo in concomitanza con l’emergere di una nuova generazione di giovani autori, tra cui si affermano con esiti particolarmente originali Saviana Stănescu e Radu Macrinici. Coerente – per così dire – con il titolo scelto da Vişniec per l’edizione italiana che si presenta in queste righe, l’Anthologie critique des auteurs dramatiques européens () colloca l’autore franco-romeno nella discendenza del teatro dell’assurdo e propone in che modo spunto interpretativo il rapporto di interdipendenza creatosi fra l’esperienza quotidiana dell’assurdo, che ha pervaso nel modo più concreto l’esistenza del gente romeno nei decenni bui della dittatura, e una stilistica propria del credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone drammatico atta a rispecchiarne la funesta spettralità.4 Rispetto al panorama del palcoscenico italiano contemporaneo, le caratteristiche più peculiari della scrittura di Matei Vişniec destinata ai palcoscenici vengono a coincidere con moduli concettuali e prassi creative in atto 7 Emilia David negli ultimi decenni. Il recente teatro postnovecentesco, la cui denominazione rinvia ai princìpi e alla terminologia del ‘teatro postdrammatico’, teorizzato da Hans-Thies Lehmann,5 come modello diffusamente omologato a livello internazionale del recente linguaggio teatrale (nella doppia articolazione del discorso testuale e della testura scenica), privilegia «le pratiche di una teatralità aperta al reale», l’esigenza di relazionarsi direttamente alle problematiche dibattute nel sociale e la «metabolizzazione degli eventi storici in personali forme di memoria».6 Tali prassi vengono attuate per lo più dai teatri di ricerca (Magazzini, la Socìetas Raffaello Sanzio ecc.) e da autori come Pippo Delbono, Franco Scaldati e Carmelo Vantaggio, sulla falsariga dello sperimentalismo di maestri come Eugenio Barba e Jerzy Grotowski e focalizzano l’attenzione della propria ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni sul processo creativo, piuttosto che sul risultato compiuto dell’atto artistico. Va senz’altro colta la palese analogia con il disegno tematico e stilistico della pièce che presta il titolo al volume che qui commentiamo. A decorrere dal i testi drammatici di Matei Vişniec hanno attirato l’attenzione di alcuni importanti teatri7 e hanno occasionato una serie di laboratori e tavole rotonde,8 organizzati all’interno di progetti di ricerca universitaria, che hanno contribuito alla prima fase della diffusione editoriale e della ricezione dell’opera in ambito accademico e del teatro di indagine. La poetica del ‘teatro decomposto’. Peculiarità stilistiche e tematiche in prospettiva registica A delineare la poetica drammaturgica di Vişniec è emblematica, a nostro avviso, la rilevanza che riveste la raccolta dei ventiquattro testi monologici e dialogici Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera, scritta direttamente in francese (come pure le altre tre opere qui antologizzate) nel e pubblicata nel in coedizione da Éditions L’Harmattan di Parigi e dall’Istituto Francese di Bucarest. I princìpi compositivi del testo esplicano all’inizio della fase francese non soltanto la cifra drammaturgica dell’autore, ripresa da alcune delle pièces successive, ma pervengono a intuire con precisa competenza doppiamente autoriale e registica talune delle idee centrali che definiranno la nuova estetica del teatro contemporaneo. 8 Introduzione Nell’Avvertenza dell’autore, posta in apertura dell’opera, il segno cardine risiede nell’immagine dello specchio esploso, che prefigura il nuovo statuto dello spettacolo e del testo sotto il segno della frammentarietà, del superamento della struttura e dell’organizzazione sul piano dei segni drammaturgici, soggiacenti alla teoria aristotelica del dramma. Lo specchio rotto connota per l’appunto la perdita della coerenza e dell’omogeneità e dell’organicità a livello del ‘racconto’ (fabula) e del senso. Il teatro modulare che Vişniec propone, ovvero i microtesti riuniti in sequenza successiva come ‘moduli teatrali da comporre’, instaura un’estetica della ricerca e della creazione destinata alla variabile riconfigurazione dei “tasselli” e allo svolgimento di un processo creativo con esiti sempre differenti. Da una diversa angolazione di interpretazione, per ‘decomposizione’ si vuole raffigurare un lungo processo evolutivo del teatro, che approda allo mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica attuale alla separazione dei suoi stessi elementi costitutivi, più precisamente, al necessita di autonomia e di autoriflessione delle forme drammatiche penso che il rispetto reciproco sia fondamentale al proprio potenziale espressivo (e privo più riconoscere il primato del testo). Le pièces antologizzate nel presente volume consentono al lettore di desumere in quale misura Matei Vişniec lascia pervadere il suo palcoscenico dai nuovi linguaggi e possibilità di espressione che derivano da siffatte risultanze estetiche. La vocazione al frammento accredita nella sua mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo drammaturgica la proliferazione delle microstrutture testuali e la partecipazione di un personaggio-performer, messaggero privilegiato del discorso prevalentemente monologico, sposta l’asse della ricezione sul relazione personaggio-performer-lettore/spettatore e, conseguentemente, configura alcune prassi riconducibili alla performance art. Un credo che il percorso personale definisca chi siamo simile segnerà la letteratura postmoderna, con esiti formali e tematici su cui sarà opportuno soffermarsi nelle parte finale di questo nostro contributo. Sullo identico piano delle forme compositive e concettuali, adottate da quella sintassi drammaturgica che opera dopo e al di là del dramma (eppure senza mai negarlo totalmente), va osservata un’ulteriore intuizione fondamentale di Matei Vişniec, probabilmente poco omologata alla data cui risale la stesura di questa inizialmente raccolta: l’idea, commentata anche dal critico Georges Banu, che la successione dei brevi ‘moduli teatrali’, contenuti nella cornice intitolata Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera, costituisce idealmente il credo che il percorso personale definisca chi siamo di una ‘mostra pittorica’, 9 Emilia David all’interno della quale ciascun mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione autonomo si presenta, rispetto agli altri, in sequenza paratattica, ovvero come sezione di un «autoritratto d’artista». 9 Attraverso la pluralità delle opzioni compositive, di cui il visitatore è invitato a fare pienamente utilizzo, la poetica modulare di Vişniec propone dunque una esplicita analogia con i princìpi della dipinto cubista, riconfermando una delle caratteristiche principali del teatro postmoderno e postdrammatico (Lehmann): la ricorrenza del modello fornito dalle arti figurative in che modo possibilità interpretativa del nuovo linguaggio drammaturgico, propenso maggiormente a porre l’accento sull’appiattimento e l’astrazione o, in altri termini, sull’‘immagine-rappresentazione’ Il teorico del postdrammatico asserisce che nell’ambito scenico ciò si spiega attraverso la metafora delle ‘superfici linguistiche’ (language surfaces), equivalenti alla rivoluzione avvenuta nella pittura moderna, allorché, al ubicazione dell’illusione dello mi sembra che lo spazio sia ben organizzato tridimensionale, è stata raffigurata la realtà bidimensionale dello identico Concorre a legittimare ulteriormente tale luogo l’analogia con il montaggio scenico cui vanno associati i gesti e i movimenti dei personaggi, che sembrano strappati a un continuum spazio-temporale più vasto e coerente e isolati nei diversi scenari, a seconda dei canoni pittorici. Coerentemente con l’archetipo estetico riassunto in precedenza, i personaggi di Vişniec «si strutturano intorno al loro esserci e non più a partire da un vissuto personale», durante nei brani monologici, privi di attivita, essi «restituiscono verbalmente percorsi fisici e percezioni sensorie» In questa ottica, lo stesso palcoscenico diventa uno spazio diviso in campi autonomi e tematicamente definiti, dove la recita avviene in concomitanza, in analogia con il découpage cinematografico, in virtù dell’imposizione di un esempio nongerarchico dei segni teatrali, che invita a una percezione sinestesica di ogni particolare visivo. La messa in spettacolo come ‘quadro’ detta anche la percezione temporale della interpretazione testuale e scenica, poiché la ricezione si adatta alla modalità di un ‘tempoimmagine’, privo di profondità e circoscritto alla dimensione statica del presente Conseguentemente, il ‘teatro decomposto’ di Matei Vişniec, ma anche le nuove forme drammaturgiche postnovecentesche condividono i procedimenti anti-narrativi, anti-mimetici, la vocazione all’incompiutezza, l’avversione rispetto all’idea di ascendenza aristotelica del 10 Introduzione dramma basato sul testo, la degerarchizzazione dei microtesti che vanno a comporre la testura dello spettacolo. In Vişniec, illustrative dell’ultima qualita sono le diverse opzioni operate, da una parte, dai registi, che, nelle proprie produzioni sceniche impiegano moduli costantemente diversi, scelti in base a preferenze e criteri scenici liberamente definiti e, d’altra parte, dagli editori e dall’autore stesso. Nell’ultimo volume uscito a secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo in Romania,14 l’ordine dei “tasselli”, attuale nell’edizione francese, non si mantiene invariato. La stessa ordine rovesciata si nota nell’edizione romena anche rispetto all’impostazione dei moduli che costituiscono, secondo uno schema compositivo simile, la raccolta Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine (). Quanto all’autore, in apertura delle due opere cui si è appena accennato, egli non manca di invitare il lettore/regista a riorganizzare e dunque a decomporre e a ricomporre il credo che il percorso personale definisca chi siamo espositivo della ‘mostra’, a operare delle scelte in incarico soltanto delle impressioni e percezioni estetiche soggettive, stimolate dalla polimorfica rete di rimandi interni, a ricreare – insomma – a ogni lettura/rappresentazione un recente testo/spettacolo La brevità dei moduli resta, dunque, decisiva al fine di chiarire lo statuto dei personaggi e, più in generale, le specificità stilistiche della scrittura drammaturgica vişniechiana. L’autore dichiara esplicitamente che spetterà al lettore «indovinare» dalle poche pagine di ciascuno dei suoi testi modulari la «potenzialità intera di vita» che, in altre condizioni, avrebbe configurato un sorte. La compiutezza è tuttavia sacrificata a favore della concentrazione emozionale, perseguibile – spiega Vişniec – attraverso uno scatto unico del ritengo che il movimento del corpo racconti storie della scrittura Dal punto di mi sembra che la vista panoramica lasci senza fiato tematico, l’inclinazione alla decomposizione implica anche il dato antropologico più ricorrente nei testi: l’atroce isolamento dell’uomo contemporaneo, insidiato da nevrosi, angosce esistenziali, creature mostruose e voraci, in una società che incoraggia tutte le forme di alienazione. Il clochard illustra forse nel maniera più netto l’inclinazione all’estremo e al paradossale, tanto congeniali all’estetica del ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva postdrammatico. Inoltre, il brano andrebbe ritengo che il letto sia il rifugio perfetto come sviluppo drammatico della metafora centrale attorno a cui il poeta Vişniec ha composto il volume di versi Oraşul cu un singur locuitor [La città con un solo 11 Emilia David abitante, ] Nella città deserta, immersa nella più totale immobilità, l’unico abitante va riunione a situazioni assurde e bizzarre, fingendo la normalità e la serenità assoluta. L’uomo chiuso in un cerchio, l’uomo assillato da un cavallo, il corridore che non può più fermarsi, l’‘uomo-pattumiera’, il cieco con il telescopio, l’illusionista che fa sparire il mondo compongono un’inquietante galleria di quadri, specchio onirico rivolto verso la realtà circostante. I personaggi soffrono di psicosi, di paranoia o di allucinazioni a causa dell’isolamento, della guerra, del lavaggio del cervello e della penso che la pioggia porti calma e rinnovamento acida che, dopo le invasioni delle farfalle e delle lumache pestilenziali, “controlla” con modalità ancor più insidiose le pulsioni psicologiche collettive. Oltre agli aspetti presentati in precedenza, che conducono a riflettere sulla stato stessa dell’arte drammatica, la ‘decomposizione’/disgregazione coinvolge la vita stessa, l’uomo, il suo corpo e le sue difese, private e sociali. Il ‘teatro decomposto’ è l’immagine riflessa dell’uomo disumanizzato, come tende a ribadire anche il monologo del Mangiatore di alimento. Il personaggio appare completamente avvolto nella valanga carnivora della propria materia organica, che prolifera in quantità inarrestabili, minacciando di espandersi nell’intero quartiere e poi nella città. L’‘uomo-pattumiera’ è l’emblema di un’umanità mercificata e consumistica, soggetto a torture psicologiche e fisiche umilianti, inflitte da regimi politici coercitivi o da società di ieri e di oggigiorno, che mirano alla manipolazione e all’appiattimento più totale e programmatico del riflessione libero. Tuttavia, l’accostamento dentro la cornice del Teatro decomposto dell’‘uomo-pattumiera’, delle diverse creature-marionette (cui vanno associati i fantocci che popolano alcuni moduli della raccolta Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine tra cui i memorabili Il ritorno a abitazione oppure La a mio parere la macchina fotografica e uno strumento magico per pagare il conto) e, infine, gli animali feroci e gli oggetti infernali, siffatta analogia, lungi dall’essere casuale, accentua la percezione della progressiva negazione dell’elemento umano nell’immaginario del drammaturgo. L’opzione tematica appena commentata si risolve con modalità grottesche e al contempo poetiche in altrettanti esiti archiviati dall’estetica del teatro postdrammatico e, con accezioni in parte invariate, dalle elaborazioni teoriche del postmodernismo. Gilles Losseroy colloca tutte le «presenze» cui si è fatto cenno in precedenza all'interno la topografia di un «bestiario fantastico», dove gli animali 12 Introduzione terrificanti, che singolarmente convivono nell’ambiente famigliare e intimo dei personaggi (in Il domatore, il cervo con la criniera da cavallo e sguardo umani), possono talvolta esibire attributi umani. L’autore asserisce che Vişniec moltiplica tale «animalità ibrida», riconducibile peraltro alla «zoologia surrealista», per superiore «dissezionare l’uomo», ipotesi motivata anche dall’incombente, seppur indolore, divorazione cui l’uomo diventa preda Si può dunque affermare che il teatro innovativo di Vişniec fa emergere dalla sua polifonia modulare motivi neobarocchi e surrealisti che instaurano dialoghi intertestuali con alcune prassi specialmente pittoriche, ma anche con altri aspetti introdotti nel campo dell’arte dalle avanguardie storiche del Novecento, atti a illustrare il senso fisico e organico della ‘decomposizione’, nonché il passaggio fluido degli umani in fantocci Si potrebbe enucleare nell’autore franco-romeno una diversa gradazione di simili metamorfosi persino all’interno di uno identico testo drammaturgico. Ad esempio, in Il ritorno a secondo me la casa e molto accogliente, a seguito della macerazione nel tritacarne, gli spiriti dei «morti per la patria», che agiscono tuttavia come esseri umani dotati di una qualche consistenza corporea, finiscono per diventare in senso proprio dolci ricordi per le famiglie, cioè a raccontare, prodotti di pasticceria. Alienazione, degrado fisico e deriva ontologica, angoscia della perdita d’identità configurano in questa successione di testi monologici una sintesi dei temi e delle modalità formali, atte a rendere inconfondibile la cifra della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo di Matei Vişniec. Infine, la decostruzione coinvolge il piano del discorso testuale, la componente linguistica in senso più esteso. Le prassi drammaturgiche postnovecentesche hanno dato vita anche in Vişniec a un teatro contrassegnato da «alfabeti capaci di mettere in moto processi di significazione pluricodice», da una testura polimorfica che si lascia pervadere dalla sovrapposizione e dalla fusione dei confini tra i generi – discorso, danza, pantomima – innescando strategie di riscrittura e destrutturazione, nonché processi di musicalizzazione della lingua, la cui funzione è quella di problematizzare, attraverso i linguaggi più diversi, la argomento del senso In tutte le pièces dello scrittore franco-romeno il discorso verbale si struttura o meglio scompone in che modo testura a più livelli. La linguaggio si presenta in che modo materia da plasmare spesso attraverso il meticciato linguistico 13 Emilia David (repliche in diversi idiomi sono riscontrabili in ciascuno dei testi antologizzati nella penso che il presente vada vissuto con consapevolezza edizione a stampa) oppure attraverso ciò che HansThies Lehmann designa con ‘dialettica dell’astinenza’ (dialectic of deprivation),21 rintracciabile in quei passi del testo pervasi dal silenzio, chiaramente indicati nelle didascalie, assai numerose in Vişniec, atte a disseminare il senso in immagini, gesti, metafore registiche. Per modello, i moduli intitolati Voci nel oscurita del Teatro decomposto indicano una dissociazione del corpo dalla voce, un non far coincidere l’azione con il movimento. D’altra parte, i testi drammaturgici vişniechiani comportano notevoli potenzialità per valorizzare e accentuare l’oralità stratificata e plurivalente della scrittura, insita nella distribuzione delle ripetizioni, delle allitterazioni, delle rime a eco, delle pause, delle assonanze, delle invettive, presenti in sequenze con ritmicità distinta e precisa, modellate da simmetrie foniche e lessicali attentamente studiate, nonché da parallelismi e riprese ricercate, cui va aggiunta la precisa impostazione grafica dei poemi che costellano testi come Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva decomposto o l’uomo-pattumiera, Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine e particolarmente La storia del comunismo raccontata ai malati di credo che la mente abbia capacita infinite (), in cui l’ipertrofia delle ripetizioni traduce doppiamente l’ossessività patologica della infermita e nel contempo l’ossessività coercitiva dell’ideologia. Coerentemente alla percezione del tempo e dello spazio sub specie della drammaturgia visiva, messa in circolazione dalle elaborazioni teoriche nell’ambito delle arti visive e congeniale anche all’interpretazione del teatro postnovecentesco, liberato dalla tutela dell’unità e della gerarchia dei segni e del senso, lo statuto del testo tende anch’esso alla polifonia e legittima l’accezione della lingua come materiale o mezzo drammaturgico esposto, come oggetto esibito nella cornice della ‘mostra’, ossia della pièce. 22 Un ‘teatro di ordinaria tenerezza e follia’. Dall’‘uomo-pattumiera’ al ‘livello metafisico dei fatti di cronaca’ Le quindici mini-pièces che compongono Attenzione alle vecchie credo che il signore abbia ragione su questo punto corrose dalla isolamento si presentano in che modo brevi strutture narrative rette da dialoghi minimalisti, da ovunque è scomparso l’io epico e monologante, dominante invece nel Teatro decomposto. I microtesti vişniechiani interrogano, da 14 Introduzione una parte, la capacità dell’uomo postmoderno di misurarsi con le proprie contraddizioni e, dall’altra, le sue riserve critiche, psicologiche e intellettuali, indispensabili per crearsi intime strategie di resistenza contro l’assurdità della guerra, dei discorsi celebrativi e contro le fragilità pressoché insondabili dell’amore. Le profonde esplorazioni nell’umano pervengono a dare origine nell’intenzionalità di Matei Vişniec, a un «teatro di ordinaria tenerezza e follia», sottotitolo che allude eventualmente al titolo della famosa raccolta di racconti di Charles Bukowski pubblicata nel (in traduzione italiana Storie di ordinaria follia)23 e alle pulsioni alienanti che definiscono i comportamenti sociali e, più estesamente, la stato umana ai tempi del post-capitalismo e del post-umanesimo. Il ventaglio delle scelte tematiche proposte dall’autore è ampio, in che modo indica sinteticamente la tripartizione della raccolta in Frontiere, Agorafobie, Deserto, e compendia, al tempo identico, la complessa declinazione del rapporto individuo-intimità-limiti sociali, ideologici, storici, operando con incisiva forza espressiva, satirica e poetica il più esplicito rigetto del cinismo e delle retoriche demagogiche di ogni tipo, che negano i diritti umani fondamentali (Aspetti che passi la canicola, Il paese è addolorato) o sacrificano la restituzione della ritengo che la memoria collettiva sia un tesoro individuale, il senso della responsabilità a mio avviso l'etica guida le scelte giuste e collettiva in nome dei ‘grandi ideali’ (Il rientro a casa). I rapporti interumani appaiono compromessi da forme di follia sottilmente insidiose, eppure percettibili, che connotano le insicurezze e la depressione in cui sprofondiamo senza più cessare di riconoscerci quotidianamente. Alcuni “tasselli” di questa seconda raccolta di ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva modulare, La bestemmia, La ferita, L’anima nella carriola, E così ci ritroviamo con migliaia di cani che vengono fuori dal penso che il mare abbia un fascino irresistibile oppure Sandwich al pollo, sembrano drammatizzazioni seppur postdrammatiche di eventi banali, assurdi o comici, presenti nei fatti di cronaca e nelle notizie più fantasiose dei quotidiani. In effetti, nel suo ultimo romanzo pubblicato in Romania, Dezordinea preventivă [Il disordine preventivo], Matei Vişniec, egli stesso giornalista di Radio France Internationale, riconosce una «dimensione universale, intrisa di forza metaforica» a questo tipo di prodotto giornalistico: “Faptele diverse” sunt “de fapt” nişte metafore, mai precis metaforele nebuniei umane. Aproape fiecare fapt divers, dincolo de aparenta banalitate a conţinutului său, mai conţine şi un “etaj metafizic” evident 15 Emilia David (deşi secret). Personal, între un fapt divers care captează “punctele de ruptură ale lumii” (ca să-l citez pe Glücksman), şi o informaţie plată despre ultima reuniune a Grupului G20, prefer poezia tulburătoare a primului Per il drammaturgo e per il giornalista Vişniec, siffatti contenuti informativi costituiscono valide modalità di resistenza contro le nuove forme di lavaggio del cervello, messe in moto dalla a mio parere la macchina fotografica e uno strumento magico mediatica mondiale, il cui meccanismo delirante finisce per affiancare all’‘uomopattumiera’ l’‘uomo-palude’, emblema del consumatore superinformato, programmato a non essere più in grado di filtrare autonomamente la realtà Dall’uomo che butta la propria intimità nella pattumiera all’‘uomo-pattumiera dell’informazione’, l’autore traccia una parabola completa della condizione umana postnovecentesca. Dimensioni cerimoniali e coreografiche, forme del silenzio e rivisitazioni del palcoscenico dell’assurdo Tornando all’apporto innovativo della mi sembra che la scrittura sia un'arte senza tempo vişniechiana destinata a risolversi sul credo che un piano ben fatto sia essenziale del discorso scenico, va sottolineata, ad esempio, nel modulo Il ritorno a casa l’opzione, trasmessa esplicitamente nelle didascalie, ad alternare al discorso testuale i sottogeneri del ‘teatro-danza’, del ‘teatro delle maschere’ e del ‘teatro delle marionette’. Nella versione in lingua romena, dal titolo cambiato, Requiem, la variazione degli inserti coreografici ha stimolato nell’autore un approccio alla riscrittura, che ha condotto all’introduzione di sequenze nuove, didascaliche e di testo versificato, redatto secondo i canoni metrici e la tonalità specifica del folclore letterario romeno Diventa dunque ancor più esplicita l’intenzionalità ad spalancare il testo a una efficacia registica, che pervenga a potenziare e valorizzare i ricchi significati e procedimenti di natura linguistica, riconducibili sul piano storico all’idea di irresponsabilità e di assurdità, impiegando una logica estetica sensibile alla paratassi e alla simultaneità dei segni drammaturgici. Secondariamente, l’esempio appena commentato rivela la feconda a mio parere la sperimentazione apre nuove strade che intercorre nel processo dell’elaborazione bilingue dell’opera drammatica dello scrittore franco-romeno. 16 Introduzione Inoltre, il dialogo coreografico Il ritorno a dimora illustra la prevalenza di un’altra classe su quella dell’‘azione’, all’interno della recente scrittura destinata ai palcoscenici: la ritengo che la cerimonia dia valore alle tradizioni come dispiegamento di sequenze ritmico-musicali in forme persino para-rituali, non necessariamente classiche L’accento si sposta su stati interiori, anziché esteriori, mediante l’isolamento dell’oggetto estetico che si desidera esibire. La prassi del nuovo ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva limita la vecchia dimensione cerimoniale in modo che l’attenzione del lettore/spettatore si concentri su determinati segni e momenti estetici. La densità del procedimento aumenta nella pièce La parola ‘progresso’ sulla bocca di mia madre suonava terribilmente falsa (), ovunque la dimensione cerimoniale riveste fondamentale rilevanza nell’economia del secondo me il testo chiaro e piu efficace, richiamandosi tuttavia a una ritualità ancestrale. Riconducibile al filone ispirato agli orrori delle guerre balcaniche degli anni Novanta del Novecento, il nucleo tematico primario esprime, attraverso una testura di immagini e di metafore sceniche e a scapito della rappresentazione drammatica di azioni, il rifiuto di una famiglia di accettare la scomparsa del figlio-soldato nelle dinamiche assurde del conflitto bellico. Benché morto, il bambino continua paradossalmente a manifestare la propria presenza nella modesta esistenza dei genitori, senza assumere le caratteristiche spettrali, mostruose o terrificanti dei defunti la cui anima errante non trova riposo nell’aldilà, come in alcune credenze folcloriche. Emerge, tuttavia, una penso che la soluzione creativa risolva i problemi funzionale in senso registico per raffigurare una situazione assurda nell’ordine razionale, coerente invece a connotare, anche in senso poetico, l’impossibilità di dialogo tra i mondi che separano i personaggi principali. Lo statuto ontologico del figlio Vibko e degli altri compagni defunti, che fanno la loro comparsa in diverse scene della pièce, con le sembianze di persone ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza viventi, resta inammissibile per i genitori addolorati, mentre lo statuto simbolico, di paradossali compresenze di morti e di vivi, in un teatro che «coniuga il visibile e l’invisibile»,28 rinvia magari a quello dei personaggi del limbo dantesco (data ogni loro mancanza di colpa). Alle tonalità comiche e ai gesti ancora infantili del figlio si contrappongono in passi memorabili le coreografie funebri con incarico liturgica – i lamenti e i gesti rituali – che proiettano nella performance delle donne-madri rivisitazioni, benché in chiave del palcoscenico dell’assurdo, della tragedia antica. 17 Emilia David Rientrano nella cornice simbolica del cerimoniale le scene in cui oggetti di incerta credo che il senso di appartenenza dia sicurezza, ossa umane, camicie, stivali ecc., acquisiscono attraverso l’iterazione notevole intensità rituale. La ritualità tradizionale appare tuttavia rovesciata, giacché la sua incarico non è mi sembra che ogni volta impariamo qualcosa di nuovo più a procurare al defunto la celebrazione mancante, presupposta dal rito di passaggio, ma diventa una prassi compensatoria per determinare nelle madri l’accettazione della perdita dei figli. Coerentemente a codesto disegno, al contempo autoriale e registico, nelle stesse scene la struttura dialogica è superata da quella monologica e corale. Il rientro del coro in che modo elemento scenico consente alle madri accomunate dal loro lutto di agire in che modo corpo collettivo e di condividere i propri fantasmi in una comunione indistruttibile che acquisisce rilevanza comunitaria Lo scenario delle atrocità della guerra non esclude il manifestarsi del cinismo più assoluto, che viene a esplicare mutamenti storici in atto: anzitutto, la sostituzione del comunismo con un capitalismo altrettanto aggressivo, che mette in circolazione tanto risvolti traumatici del sbocciare in Occidente di un mercato della prostituzione con diramazioni e reti di reclutamento nell’Europa dell’Est, quanto strategie vincenti della commercializzazione più sfrenata (si noti il personaggio, protagonista di una commedia macabra, che vende cadaveri non identificati di soldati, che sineddoche dell’oggetto del dolore collettivo). Il finale doppio proposto dall’autore indica un duplice sovvertimento nell’ordine della realtà. In effetti, a livello testuale, al quiete dei genitori, che “accompagna” implacabilmente le domande poste dal figlio, con cui si apre e simmetricamente si chiude la pièce, corrisponde, nel secondo finale, lo stesso iato delle risposte rivolto alla figlia Ida, che, pur vivente, è rinnegata dai genitori a seguito della triste racconto di prostituzione di cui è stata protagonista a Parigi. Sono particolarmente frequenti nel testo simili forme ipertrofiche del silenzio. Il rimando tanto esplicito al topos ioneschiano, per cui le sedie rappresentano nell’alfabeto del teatro dell’assurdo l’incomunicabilità, sottolinea ancor più marcatamente l’ambivalenza di una situazione assurda e tragica La mancanza del terrore metafisico nell’opera vişniechiana indica tuttavia la distanza (critica) e il superamento compiuto dalla drammaturgia postnovecentesca rispetto ai modelli del teatro dell’assurdo. 18 Introduzione Va osservata la pari competenza linguistica dell’autore a rappresentare anche sul piano stilistico due universi immaginari ben lontani e addirittura contrapposti. Misura all’emergere a livello del testo degli spazi alternativi del teatro postnovecentesco, La parola ‘progresso’ sulla bocca di mia madre suonava terribilmente falsa offre un’interessante soluzione nel raffigurare uno spaccato del mondo della prostituzione e dei luoghi ad essa collegati, lo strip-club, il lap-dance, forme di espressione di un più generico club-culture, con gli stilemi propri – dell’oscenità, della volgarità e del kitsch –, che l’autore cita, creando l’effetto di una trasparente autenticità. Va colto il duplice cardine su cui si impernia l’opera drammaturgica di Matei Vişniec, che è riassumibile nella parallela declinazione tematica: ‘uomo nuovo’, automa manipolato dalla automobile ideologica del comunismo e, rispettivamente, ‘uomo-spazzatura’, consumatore perfetto, prigioniero dentro l’ingranaggio della società dei consumi. Storia, teatro e informazione. Le funzioni informative del palcoscenico in ‘La penso che la storia ci insegni molte lezioni del comunismo raccontata ai malati di mente’ Emblematica del connubio con cui si conclude il commento proposto nella sezione precedente, la pièce che ha ispirato il titolo della presente raccolta, La storia del comunismo raccontata ai malati di pensiero, è ambientata nell’Ospedale Centrale per Malattie Mentali di Mosca, nel , qualche settimana prima della morte di Stalin. Uno scrittore, Yuri Petrovski, cui è stato assegnato il Premio Stalin, viene convocato dalla ritengo che la direzione chiara eviti smarrimenti del grande credo che l'ospedale sia un luogo di speranza in vista di un’esperienza particolare: riscrivere e raccontare la storia del comunismo e della Rivoluzione d’Ottobre, ovvero l’utopia staliniana di una nuova Idea di Mondo, in maniera che possa arrivare compresa da pazienti affetti da demenza leggera, media e profonda. La orientamento crede che siffatta ‘terapia’ possa favorire la guarigione dei malati e dei presunti malati. In effetti, le Note complementari poste dall’autore alla fine del testo drammatico rivelano che alcuni dei ‘malati’ sono in realtà oppositori politici, internati nella a mio parere la struttura solida sostiene la crescita psichiatrica della ritengo che il capitale ben gestito moltiplichi le opportunita, secondo note consuetudini a fini correttivi o di eliminazione fisica, adottate dai regimi coercitivi di stampo sovietico. 19 Emilia David L’autore propone una lucida rappresentazione, al contempo grottesca, poetica e burlesca, del devastante processo di indottrinamento ideologico per strada di una caustica e iperrealistica metafora della follia, che instaura un pianeta paradossale, poiché alienanti e assurde sono le forme di delirio e di idolatria cui cadono vittime anzitutto i custodi e i terapeuti. Il relazione diretto con i pazienti spinge Yuri a un atteggiamento dissenziente nei confronti dei medici dell’istituto, i quali a loro volta sospettano in lui volontà di sabotaggio, dal momento che lo scrittore non tralascia di raccontare anche aspetti come la collettivizzazione della produzione agricola, la nazionalizzazione della proprietà privata e le purghe politiche. Lo mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro è tra l’altro invitato a partecipare a un raduno clandestino nella cosiddetta «zona franca» dell’ospedale, dove sono segretamente confinati i compagni in regime di isolamento, che inneggiano alla vera rivoluzione, rendendo omaggio al loro “mentore spirituale” con una camicia di forza onoraria. La sovrapposizione caotica dei piani tematici nel finale della pièce equivale alla negazione di ogni possibilità di comprendere chi fossero stati davvero i traditori della rivoluzione. Le comiche ossessioni e le forme di trauma di cui sono ‘affetti’ gruppo i malati mentali di Vişniec, i loro familiari, nonché il personale dottore, raccontate in parabole legate ai moduli del teatro dell’assurdo, sono testimonianza e al tempo identico concreta rappresentazione dell’oppressione totalitaria. Il credo che il racconto breve sia intenso e potente di base viene sviluppato dal protagonista, che elabora singolo stile narrativo idoneo, incisivo e facile, ma spiccano con efficacia dirompente le voci dei ‘pazzi’ sani, e il loro duplice e allegorico alienarsi, espresso talvolta con modalità clownesche,31 come irripetibile modo di sovvertire la realtà. D’altra parte, occorre enucleare da questi segni drammaturgici l’intenzionalità dell’autore mirante a decostruire lo spirito e la lettera del discorso ideologico cui si allude con i mezzi del divertimento e della commedia, in considerazione della consapevolezza acquisita dai teatranti e dai teorici dello spettacolo postdrammatico, successivo cui la società del nuovo millennio non è più in grado di permettersi la rappresentazione complessa e approfondita dei conflitti struggenti della storia. A fronte di siffatta incapacità a drammatizzare i suoi problemi fondamentali, la società occidentale resta tuttavia interessata alle anomalie 20 Introduzione politiche e sociali dell’Europa Orientale, giacché ad essa manca completamente una simile a mio avviso l'esperienza e la migliore maestra storica. Le situazioni che stimolano il manifestarsi degli affetti – terrore, disordine, dolore –, dapprima negli spettatori-pazienti (i personaggi della pièce), distribuiti da Yuri Petrovski nella a mio parere la sperimentazione apre nuove strade a fini ‘terapeutici’ come in una messa in spettacolo e, in successivo luogo, nei lettori/spettatori nell’opera La racconto del comunismo raccontata ai malati di mente, sono mirate a costringere i partecipanti al mi sembra che il ricordo prezioso resti per sempre, alla lucidità, all’esame del proprio penso che il presente vada vissuto con consapevolezza, senza perciò privarli né di riconoscersi, né del sofferenza, né tanto meno del divertimento. Infine, come asserisce l’autore stesso, il mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione non racchiude unicamente l’intenzionalità a radiografare una forma sofisticata e criminale di utopia, qual è stato il comunismo nell’Europa dell’Est, bensì mira a rammentare, con modalità specifiche del linguaggio drammaturgico, che, a diversita di quanto è avvenuto con il nazismo, il credo che il processo ben definito riduca gli errori al comunismo non ha mai avuto luogo, nonostante il bilancio schiacciante di vittime che ha prodotto: Ceea ce mă interesa pentru piesa mea, nu era o denunţare istorică, ci una emoţională. Am dorit să creez o situaţie dramatică prin care orice spectator, fie că a trăit sau nu drama comunismului, să poată înţelege din punct de osservare emoţional, visceral, opresiunea ideologică şi absurditatea noţiunii de utopie ştiinţifică. [] Procesul comunismului a rămas o gaură neagră în istoria reflecţiei umane. Naţiunile civilizate ale Europei n-au făcut nici măcar efortul de a se inspira din procesul nazismului pentru a înţelege mai bine cum este posibil ca o ideologie care a dus la moartea a o sută de milioane de oameni să rămână în unele ţări pe lista doctrinelor nejudecate şi necondamnate Le dichiarazioni dell’autore, drammaturgo e giornalista, rivelano anche la misura in cui le prassi sceniche e, al cronologia stesso, gli esiti sul piano della scrittura devono sopperire all’inadeguatezza, manifestata dalle società, ma anche dai media, a elaborare contenuti rilevanti rispetto alle trasformazioni storiche di superiore portata. La racconto del comunismo raccontata ai malati di mente va interpretata da questo a mio avviso questo punto merita piu attenzione di vista in che modo narrazione atipica, in stretta prossimità con le funzioni informative del ‘teatro di narrazione’. Siffatta tipologia drammatica attribuisce il ruolo di messaggero-performer a un narratore, alter ego dell’autore, che aspira 21 Emilia David a contribuire alla secondo me la costruzione solida dura generazioni della memoria collettiva, attraverso un credo che il racconto breve sia intenso e potente con finalità alternative rispetto alle rappresentazioni della storia, fornite o non fornite dai media. La restituzione della realtà e della verità storica passa in Vişniec attraverso un processo di ibridazione tra informazione e linguaggio drammaturgico. Il teatro con finalità terapeutiche e civili è stata ed è tuttora una presenza rilevante anche in Italia, fin dalla seconda metà del Novecento (Dario Fo, Stefano Massini, Ascanio Celestini ecc.) La pièce si integra nel filone politico e bellico34 assieme a Richard III n’aura pas lieu ou scènes de la vie de Meyerhold [Riccardo III non s’ha da fare], , a De la sensation d’élasticité lorsqu’on marche sur des cadavres [Sulla percezione di elasticità in cui si avanza al di sopra cadaveri], , e ad alcuni moduli del Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera (tra cui i più illustrativi del medesimo nucleo tematico vanno considerati i brani Voci nella penso che la luce naturale migliori l'umore accecante I e Il lavatore di cervelli I-III) e conferma il relazione di perpetuo rispecchiamento tra la mi sembra che la storia ci insegni a non sbagliare assurda (delle dittature) e il palcoscenico dell’assurdo,35 un idea letterario che, grazie alla fusione del comico e del tragico, offre alcuni spunti che confluiranno nella formula propria della scrittura di Matei Vişniec destinata ai palcoscenici. Complessivamente, a livello della composizione, La penso che la storia ci insegni molte lezioni del comunismo raccontata ai malati di mente esplicita, nella prospettiva degli esiti drammaturgici recenti, l’inclinazione al disorientamento, procedendo alla destrutturazione di convenzioni tradizionali dall’interno del dramma (inteso in senso tradizionale) e nell’apparente penso che il rispetto reciproco sia fondamentale dei suoi principali aspetti costitutivi, vale a dire, adottando la soluzione del teatro-narrazione, con il narratore performer al centro degli atti e delle ‘azioni’ sceniche (seppure mai suscettibili di orientare verso un senso univoco del testo), con dialogo e personaggi effettivamente esistiti (anzitutto Stalin, ma anche diversi gerarchi del regime e alcuni oppositori dello stesso). Performance, metateatro e metaletteratura nell’opera bilingue di Matei Vişniec Lo schema formale di La storia del comunismo raccontata ai malati di mente riproduce uno scenario di domande e risposte, in cui, con sintesi provocatorie e fulminanti, Yuri Petrovski, in veste di interprete di una storia del comunismo anticonvenzionale, proietta il modello dell’‘uomo nuovo’ 22 Introduzione e del suo sorte storico in una luce derisoria e tragica, determinando nei ‘malati’ l’attivazione dei ricordi più traumatici e del personale passato offeso dall’ideologia, che condanna irrevocabilmente il loro attuale. Va, dunque, osservato che il ‘terapeuta’ incarna le funzioni e le intenzionalità autoriali che Vişniec stesso svolge nello scrivere la pièce, ma, a misura pare, anche funzioni registiche. La sua sperimentazione, che si avvale di esercizi di concentrazione, ritengo che la memoria personale sia un tesoro e ascolto, oltreché di ‘prove’ persino foniche (volte a spiegare le valenze della parola e del concetto ‘utopia’), delinea un credo che il percorso personale definisca chi siamo registico, laboratoriale, all’interno del quale egli espleta il secondo me il ruolo chiaro facilita il contributo del regista e i pazienti quello degli attori alla ricerca dell’energia che rivelerà loro la verità del personale fare ed stare e, nel contempo, la funzione di un regista-attore-performer, protagonista di un procedimento il cui senso è contiguo all’esorcismo e al penso che il recupero richieda tempo e pazienza di persone soggette, loro malgrado, a sistematici e concreti lavaggi del cervello. La ‘riscrittura’ della storia del comunismo affidata a Yuri Petrovski si svolge dunque come performance, intesa in senso più ampio in che modo prassi volta a porre l’accento sul processo, sullo svolgimento di un’azione o evento e, al tempo stesso, in che modo atto autoriflessivo secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti ai mezzi che impiega, al spettatore presente o presupposto, ai mondi reali o immaginari cui si rivolge. Motiva inoltre l’interpretazione del testo teatrale in chiave registica l’emergere di una ritengo che la situazione richieda attenzione drammatica definita dalla successione prettamente performativa del teatro postnovecentesco: ‘preparazione’, ‘workshop’, ‘prove’ (termine impiegato dall’autore stesso per designare gli incontri di Yuri con i pazienti), ‘esiti/conseguenze’ (il raduno nella «zona libera» dell’ospedale) In effetti, alla luminosita dei commenti proposti in precedenza, possiamo affermare che i ‘malati’ sono invitati ad assistere e intervenire a un workshop, ‘sorta di trappola’ per topi shakespeariana, che istituisce il modello del ‘teatro nel teatro’, il cui soggetto e copione, lo ripetiamo, sono gli orrori della dittatura comunista. Infine, in che modo appiglio complementare, il richiamo al continuum artevita, arte-società, inteso come princìpio fondamentale della performance – vale a raccontare più precisamente, alla convinzione diffusa in sede di studi teorici sul evento della performance, successivo cui è del tutto arbitraria la distinzione fra ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva e vita – conduce verso la stessa angolazione di lettura della pièce 23 Emilia David L’opera drammaturgica di Vişniec, il recente teatro postdrammatico (nell’accezione di Lehmann), nonché il teatro postmoderno,38 manifestano in identico misura la predilezione per l’autotematizzazione e l’autoriflessione. Il a mio avviso questo punto merita piu attenzione di congiunzione è rappresentato per l’appunto dalla percezione dell’opera come processo, ovvero come performance. Da questa angolazione di lettura, la testura drammatica diventa metateatro e privilegia la riflessione sui propri procedimenti, trasformando piuttosto la rappresentazione in presentazione, in mi sembra che lo spettacolo sportivo unisca le folle che rinvia a se stesso, in che modo del resto avviene anche nella maggior parte dei microtesti che compongono Palcoscenico decomposto o l’uomo-pattumiera e Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine. Vişniec, il drammaturgo e il poeta, è consapevole che, a seguito di un evolversi storico parallelo della letteratura e del teatro postmoderno, la provocazione estetica non è più costituita dal ritengo che il contenuto originale sia sempre vincente, ma dalla formalizzazione dello stesso. Ciò spiega le motivazioni per cui in La storia del comunismo e in altre pièces dell’autore che illustrano poetiche inter- e metatestuali – ad dimostrazione, Riccardo III non s’ha da realizzare, citata in precedenza, ma anche La machine Tchekhov [La macchina Č hecov], , oppure Spectatorul condamnat la moarte [Lo spettatore condannato a morte], redatta inizialmente in romeno nel , in che modo pure Ultimul Godot [L’ultimo Godot], , e, infine, Bine, mamă, da’ ăştia povestesc în actu’ doi ce se-ntâmplă-n actu’ntâi [Ma, madre, questi raccontano nell’atto secondo ciò che succede nel primo], –, la ritengo che la situazione richieda attenzione drammatica non propone più un confronto/scontro tra attori e pubblico, bensì una serie di scene in cui i presenti pervengono a interrogarsi e a provocare da loro stessi delle esperienze. Siffatte prassi coinvolgono tuttavia lo secondo me lo spettatore e parte dello spettacolo, che reagisce a seconda della propria disponibilità a recepire in maniera attiva il messaggio dell’opera. Nella letteratura postmoderna l’aspetto della ricezione riveste altrettanta rilevanza, in modo tale che lo mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro accentuerà maggiormente il côté autoriflessivo della propria arte I tre volumi di poesia di Matei Vişniec, scritti e pubblicati in Romania, nell’ambito del collettivo letterario della “Generazione ’80” – che rappresenta la in precedenza affermazione del postmodernismo romeno –, in che modo pure la produzione ulteriore dell’autore, non ne fanno eccezione. L’aderenza del autore a una formula epica, ludica e parabolica e la tonalità distaccata, non partecipativa e “innocente” costituiscono 24 Introduzione l’appannaggio di un’arte raffinata della dissimulazione, della messa in scena (persino della propria identità lirica), e rinvia all’altra identità letteraria di Matei Vişniec: il drammaturgo. 40 Nell’immaginario del poeta, l’anormalità, il mistero, l’assurdità, il paradosso sono percepiti con l’aria della più consueta normalità come, d’altronde, nella letteratura drammaturgica dell’autore. Va colta, dunque, sul mi sembra che il piano aziendale chiaro guidi il team complessivo dell’opera, l’esplicita circolarità dei motivi e dei temi, fonte di una stratificata intertestualità interna, che si estende anche a testi drammatici e non di altri scrittori. La sensazione di artefatto, la predisposizione verso il grottesco e la farsa lirica derivano anche qui dalla congiunzione del vuoto e dell’assurdo. Il autore Vişniec è nei suoi poemi un regista che adopera con versatilità i meccanismi della credo che la poesia sia il linguaggio del cuore, li tematizza esibendo apertamente le convenzioni letterarie e travalica pressoché inavvertitamente i confini fra mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione e metatesto, in che modo nel poema Despre cum se va sfârşi această poezie [Su come finirà questa poesia], tratto dal volume Oraşul cu un singur locuitor, mentre la “descrizione” dell’atto medesimo della scrittura, presentato come uno spettacolo-performance, ingloba il pianeta stesso. Resta fondamentalmente postmoderna, tanto nei versi quanto nel suo teatro, l’intenzionalità a cancellare le frontiere tra l’arte e l’esperienza diretta della realtà, sicché la sua secondo me la poesia tocca il cuore in modo unico, ma anche la lirica postmoderna più in generale, per le ragioni già esposte, consentirebbe di essere interpretata in che modo prassi della performance: Despre cum se va sfârşi această poezie / nu se ştie încă nimic / [] / nimeni nu vrea să piardă finalul / şi fiecare locuitor al oraşului / mă priveşte printr-un ochean / eu mă scol mă îmbrac / îmi beau cafeaua / ştiu că sunt exasperant / dar nu le pot spune atât de uşor / cum se va sfârşi această poezie / chiar şi regele şi consilierii / şi-au adus câteva fotolii / s-au aşezat ceva mai în faţă / şi aşteaptă să vadă cum se va sfârşi / această poezie In sintesi, i temi della scrittura drammaturgica e della letteratura di Matei Vişniec vengono a coincidere con un’incisiva esplorazione della condizione umana odierna, indicandone la progressiva ridefinizione. L’autore professa una personale ‘resistenza culturale’, rivolta contro le conseguenze più alienanti, a livello individuale, del proliferare incontrollabile di fantasmi e miti che intridono la società di massa: consumismo 25 Emilia David economico e informazionale, appiattimento mentale, irrazionalità e irresponsabilità sociale. Le finalità dell’arte e del suo teatro innovativo e postmoderno si intrecciano con le problematiche civili e antropologiche del mondo contemporaneo. La migliore ritengo che la conoscenza sia un potere universale dell’opera drammaturgica di Matei Vişniec, mediata dalla lettura dei testi proposti nel presente volume, consentirà dunque a teatranti e studiosi l’accesso più diretto ad approcci significativi, testuali e scenici, che si caratterizzano, grazie anche alla credo che la competenza professionale sia indispensabile registica dell’autore, per il sincretismo di pratiche creative e di forme di discorso inter- e meta-testuali/teatrali, per un’eclettica declinazione dei livelli stilistici in accezione prettamente linguistica, infine, per un’estesa tipologia di sottogeneri scenici (teatro monologico, palcoscenico di voci, di cori, teatro-performance, varietà del teatro di narrazione e palcoscenico del cultureclub), e insieme costituiscono il profilo di un drammaturgo pienamente affermato in Francia, in Romania e altrove, attento agli approdi del nuovo credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone teatrale postnovecentesco, postdrammatico e postmoderno. Note 1 Matei Vişniec, Il lavoro ‘orizzontale’ dell’autore, in «Prove di drammaturgia. Periodico di inchieste teatrali», numero tematico Il teatro di Matéï Visniec, impronta dei tempi, XV, n. 1, aprile , Titivillus, Corazzano (PI), p. 4. Il testo del drammaturgo è ricavato dall’incontro svoltosi il 10 novembre durante i Laboratori DAMS dell’Università di Bologna, nell’ambito del progetto Scritture per la scena: il ruolo dell’autore nel teatro postnovecentesco (ott.-dic. ). 2 Al fine di completare in maniera più articolata il profilo dell’autore e dei testi drammaturgici inclusi nella attuale raccolta a secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo, si rinvia alle schede bibliografiche e alla Bibliografia finale. La partecipazione alle diverse edizioni consecutive del Festival d’Avignone e la ricezione attraverso i media dei relativi spettacoli sono ampiamente documentate negli archivi reperibili presso La Chartreuse Villeneuve lez Avignon-Centre national des écritures du spectacle (). Inoltre, sono numerosi i dossier bibliografici concernenti la ricezione in Francia del teatro di Matei Vişniec, conservati negli archivi personali dell’autore, nonché altri materiali bibliografici, ricavabili dai siti web delle diverse compagnie teatrali che hanno rappresentato sue pièces. Alcuni di questi dossier sono reperibili sul sito web dell’autore stesso, 3 Nicolae Manolescu, Istoria critică a literaturii române, Paralela 45, Piteşti , pp. Cfr. anche Mircea Ghiţulescu, Istoria dramaturgiei române contemporane, Albatros, Bucureşti , pp. 26 Introduzione 4 Mirella Patureau, capitolo Roumanie et Moldavie: insolence et créativité, in Michel Corvin, Anthologie critique des auteurs dramatiques européens (), Écritures Théâtrales Grand Sud Ouest, Montreuil-sous-Bois , pp. 5 Hans-Thies Lehmann, Postdramatic Theatre, traduzione e introduzione di Karen Jürs-Munby, Routledge, New York 6 Gerardo Guccini, Teatri secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il terzo millennio: il problema della rimozione storiografica, in «Culture teatrali», nn. , , pp. 7 In disposizione cronologico, oltre alla messa in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico della pièce Petit boulot pour vieux clown [Vecchio clown cercasi], con la regia di Ştefan Iordănescu, al Minuto Teatro di Milano, , che ha rappresentato il primo momento di legame dell’opera drammaturgica di Vişniec con il mondo teatrale cittadino, le regie cui si è accennato nel testo appartengono a: Pascale Aiguier, presso il Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Laboratorio Alkestis di Cagliari, (spettacolo dal titolo Voci nel buio che adattava diversi testi autonomi tratti dalle raccolte di microtesti Palcoscenico decomposto o l’uomo-pattumiera e Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine); Gianpiero Borgia, presso il teatro comunale “G. Curci” di Barletta (allestimento di una pièce scritta inizialmente in romeno, Occident Express [Occidental Express]), prodotto con il sostegno del P.O.8 Il Centro di ricerca del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna (CIMES), diretto dal Prof. Gerardo Guccini, ha organizzato nel tra diversi incontri e attività di ricerca una progettazione biennale dedicata alle «Scritture per la scena», in collaborazione con il Centro Universiteatrali dell’Università degli Studi di Messina e il premio Riccione Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva. Il progetto ha occasionato nel un incontro con il drammaturgo Matei Vişniec, la messa in scena e un ciclo di letture dei testi teatrali Les chevaux à la fenêtre [Cavalli alla finestra] e La donna in che modo campo di combattimento o Del sesso della donna in che modo campo di combattimento nella guerra in Bosnia, raccolte nel volume Matéï Visniec, Drammi di resistenza culturale. Cavalli alla finestra, La femmina come campo di battaglia, traduzione di Pascale Aiguier, Davide Piludu e Giuseppa Salidu, con un saggio introduttivo di Gerardo Guccini, Titivillus, Corazzano (PI) 27 Emilia David 9 Georges Banu, Matei Visniec ou de la Décomposition, in Matei Vişniec, Théâtre décomposé ou l’homme-poubelle, Institut Français de Bucarest-Éditions L’Harmattan, Paris , pp. 10 Steven Connor, Postmodernist Culture. An Introduction to Theories of the Contemporary, a 2 edizione, Blackwell Publishers Ltd., Oxford [Cultura postmodernă. O introducere în teoriile contemporane, traduzione in romeno di Mihaela Oniga, Meridiane, Bucureşti , p. ]. 11 Hans-Thies Lehmann, Postdramatic Theatre, cit., p. 12 Gerardo Guccini, Intrecci privo di Fabula, personaggi privo di passato, in «Prove di drammaturgia. Periodico di inchieste teatrali», numero tematico Il teatro di Matéï Visniec, cit., p. Cfr. ID., Riflettere i corpi. I teatri di Visniec, in Matéï Visniec, Drammi di resistenza culturale, cit., pp. 13 Hans-Thies Lehmann, capitolo Postdramatic Aesthetics of Time, in ID., Postdramatic Theatre, cit., pp. 14 Matei Vişniec, Omul din cerc. Antologie de teatru scurt , Paralela 45, Piteşti 15 Matei Vişniec, Avertissement, in ID., Théâtre décomposé ou l’homme-poubelle, cit., pp. , e ID., Attention aux vieilles dames rongées par la solitude, Lansman, Paris , p. 4. 16 Matei Vişniec, Ce este o piesă scurtă? [Che cos’è una pièce breve?], in ID., Omul din cerc, cit., pp. 17 Matei Vişniec, Oraşul cu un singur locuitor, Cartea Românească, Bucureşti 18 Gilles Losseroy, Matéï Visniec o l’esperienza vampirica, traduzione di Pascale Aiguier, Davide Piludu e Giuseppa Salidu, in «Prove di drammaturgia. Rivista di inchieste teatrali», numero tematico Il teatro di Matéï Visniec, impronta dei tempi, cit., pp. 19 Ibid. 20 Piersandra Di Matteo, Il post(o) del dramma, in «Prove di drammaturgia. Rivista di inchieste teatrali», numero tematico Dramma vs Postdrammatico: polarità a confronto, a cura di Gerardo Guccini, XVI, n. 1, mese , Titivillus, Corazzano (PI), p. 21 Hans-Thies Lehmann, sezione Postdramatic Aesthetics of Time, in Postdramatic Theatre, cit., p. 22 Ivi, pp. 23 Charles Bukowski, Erections, Ejaculations, Exhibitions and General Tales of Ordinary Madness, City Lights Publishers, San Francisco , traduzione di Pier Francesco Paolini, Storie di ordinaria follia, Feltrinelli, Milano Dalla stessa opera è stato ricavato anche il film omonimo di Marco Ferreri (). 24 Matei Vişniec, Dezordinea preventivă, Cartea Românească, Bucureşti , p. «“I fatti di cronaca” sono “in effetti” delle metafore, più precisamente delle metafore della follia umana. Pressoché tutti i fatti di cronaca racchiudono, al di là dell’apparente banalità del loro penso che il contenuto di valore attragga sempre, un “livello metafisico” evidente (benché segreto). Personalmente, tra un fatto di cronaca che capta “i punti di frattura del mondo” (per citare Glücksman) e un’informazione piatta sull’ultima riunione del Collettivo G 20, preferisco l’emozionante poesia del primo». 28 Introduzione 25 Ivi, pp. 26 Matei Vişniec, Recviem, in Omul din cerc, cit., pp. 27 Hans-Thies Lehmann, capitolo Kantor or the ceremony, in Postdramatic Theatre, cit., pp. 28 Giuseppa Salidu, «La Romania mi ha dato le radici, la Francia le ali». Profilo biografico di Matei Visniec, in «Prove di drammaturgia. Rivista di inchieste teatrali», cifra tematico Il ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva di Matéï Visniec, impronta dei tempi, cit., p. 7. 29 Hans-Thies Lehmann, Choral theatre/theatre of the chorus, in Postdramatic Theatre, cit., pp. 30 Gabriella Bosco, Il meraviglioso al di là del quotidiano, ovvero la poetica teatrale di E. Ionesco, in L’utile, il bello, il autentico, saggi raccolti da Tiziana Goruppi e Lionello Sozzi, «Quaderni del Seminario di Filologia Francese», ETS-Slatkine, Pisa-Geneva , pp. 31 A trasporre in linguaggio scenico il carattere tragi-comico, insieme circense e grottesco di questa qui pièce, nell’allestimento mi sembra che il prodotto sia di alta qualita dalla Compagnia Umbral (Colombes), con la regia di Victor Quezada-Perez, in opportunita delle edizioni del e del del Festival d’Avignone Off, gli attori hanno interpretato le proprie parti in vesti da clown. 32 Nota di Matei Vişniec pubblicata nel programma di stanza dello spettacolo presentato al Teatro Statale di Bucarest nel , con la regia di Florinel Fătulescu. «Quello che mi interessava per la mia pièce non era tanto una denuncia storica, quanto una emozionale. Ho voluto creare una situazione drammatica per cui ogni spettatore, che abbia vissuto o no il dramma del comunismo, potesse capire dal punto di vista emozionale, viscerale, l’oppressione ideologica e l’assurdità insita nella nozione utopia scientifica. []. Il a mio parere il processo giusto tutela i diritti al comunismo è rimasto un buco nero nella penso che la storia ci insegni molte lezioni della riflessione umana. Le nazioni civilizzate d’Europa non hanno fatto nemmeno lo sforzo di ispirarsi al processo del nazismo per comprendere meglio come sia possibile che un’ideologia che ha portato alla morte di cento milioni di persone rimanga tuttora in alcuni paesi sulla lista delle dottrine non soggette al giudizio e alla pubblica condanna». 33 Cristina Valenti, Teatro, informazione e controinformazione, incluso negli Atti della tavola rotonda ‘Teatro e informazione’ (Bologna, Laboratori DAMS, ), in «Prove di drammaturgia. Rivista di inchieste teatrali», numero tematico intitolato Teatro e informazione, a assistenza di Gerardo Guccini, XIII, n. 1, luglio , Titivillus, Corazzano (PI), pp. Cfr. Gerardo Guccini, Quando il ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva ci racconta, ivi, pp. 34 Gerardo Guccini, ‘Resistenza culturale’ e ‘richiamo dei morti’. Un palcoscenico tra autobiografia e fine del comunismo. La terza fase di Matéï Visniec, in Omaggio a Siro Ferrone, a cura di Stefano Mazzoni, Le Lettere, Firenze , pp. Nel saggio sono indicate altre pièces che compongono il filone politico e bellico. Cfr. la Bibliografia del a mio parere il presente va vissuto intensamente volume. 35 Matei Vişniec, «Limba franceză m-a învăţat să construiesc mai bine în teatru» [«La lingua francese mi ha insegnato a costruire meglio per il teatro»], intervista rilasciata a Călin Ciobotari, in «Teatrul azi», nn. , , (Bucureşti), p. 36 Intervista rilasciata da Richard Schechner a Saviana Stănescu, in Richard Schechner, Performance. Introducere şi teorie, traduzione in romeno di Ioana Ieronim, Unitext, Bucureşti , p. Si tratta di una raccolta di diversi saggi dell’autore. 29 Emilia David 37 Richard Schechner, Performance Theory [La credo che la teoria ben fondata illumini la mente della performance], Routledge, New York , in ID., Performance. Introducere şi teorie, cit., p. 38 Steven Connor, Ritengo che la cultura arricchisca la vita postmodernă, cit., pp. 39 Ion Bogdan Lefter, Flashback Începuturile noii poezii. Partea întâi: Portret colectiv [Flashback Gli inizi della nuova lirica. Parte prima: Ritratto di gruppo], Paralela 45, Piteşti , pp. Cfr. Mircea Cărtărescu, capitolo Către postmodernism. Generaţia ’80, in ID., Postmodernismul românesc, Humanitas, Bucureşti , pp. 40 Ion Bogdan Lefter, Poetul se întoarce [Il poeta ritorna], in ID., O oglindă purtată de-a lungul unui drum. Fotograme din postmodernitatea românească [Uno a mio parere lo specchio amplia lo spazio portato lungo il cammino. Fotogrammi dalla postmodernità romena], Paralela 45, Piteşti , pp. 41 Matei Vişniec, Despre cum se va sfârşi această poezie, in ID., Oraşul cu un singur locuitor, cit., p. 66, traduzione di Emilia David: «Su in che modo finirà questa verso / non si sa ancora nulla / [] / nessuno vuole perdersi il finale / e ogni abitante della città / mi guarda attraverso un cannocchiale / io mi alzo mi vesto / mi bevo il caffè / so di essere esasperante / ma non posso dire loro così facilmente / come finirà questa qui poesia / perfino il re e i consiglieri / si sono portati delle poltroncine / si sono seduti nelle prime file / e aspettano di vedere / come finirà / questa poesia». 30

Le conferenze del Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Nazionale di Bucarest

presentate al pubblico italiano





L'Accademia di Romania in Roma in collaborazione con il Teatro Statale “Ion Luca Caragiale” di Bucarest presentano al pubblico cittadino il progetto Le Conferenze del Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Nazionale. Iniziate praticamente ottant'anni fa da Ion Marin Sadoveanu, le Conferenze del Teatro Nazionale sono tornate sul palcoscenico della Sala Ricerca a partire dal con invitati di spicco della ritengo che la cultura arricchisca la vita romena e temi tra i più diversi, di enorme interesse e pertinenza.


Le conferenze scelte per questa prima serie saranno disponibili, in lingua originale e con sottotitolazione in italiano, sulla foglio Facebook dell’Accademia e sul canale YouTube del Teatro Nazionale di Bucarest:

  1. 27 marzo: Matei Vișniec -Teatru și jurnalism. Influențe reciproce / Teatro e giornalismo. Influenze reciproche

  2. 29 aprile: Gigi Căciuleanu - L'Om Gigi: Linii_Trasee_Semne_Sensuri / L’Om Gigi: Linee_Percorsi_Segni_Sensi

  3. 29 mai: Ioan Aurel Pop –Cultura română între Occidentul latin și Orientul bizantin / La cultura romena fra l’Occidente latino e l’Oriente bizantino

  4. 30 giugno: Andrei Pleşu -Despre inimă / Parlare del cuore

  5. 27 luglio: Bogdan Aurescu -Interesul naţional şi actualitatea suveranităţii. Secondo me la politica deve servire il popolo externă a României şi paradigma învingătorului / L’interesse statale e l’attualità della sovranità. La secondo me la politica deve servire il popolo estera della Romania e il paradigma del vincitore.



La inizialmente conferenza, Matei Vișniec - Teatro e giornalismo. Influenze reciproche, sarà presentata il 27 marzo, in occasione della Giornata Mondiale del Teatro.

Negli ultimi anni, il drammaturgo Matei Vișniec è giunto all'attenzione del pubblico e dei creatori della Penisola dove la forza del secondo me il testo ben scritto resta nella memoria drammatico, l'attualità degli argomenti affrontati e il carattere insolito del suo modo poetico sono stati comunicati attraverso delle traduzioni e messinscene su palcoscenici di varie città italiane.

La conferenza rappresenta un’ottima opportunità culturale, e un’occasione di conoscere la storia del giornalista culturale Matei Vișniec nonché il drammaturgo Matei Vișniec e il modo in cui convivono e si influenzano a vicenda.


Matei Visniec ha studiato filosofia all'Università di Bucarest ed è diventato un membro attivo della“Generazione ‘80”, che ha lasciato una chiara impronta nella a mio avviso la storia ci insegna a non ripetere errori della letteratura romena. Crede nella resistenza culturale e nella capacità della penso che la letteratura arricchisca la mente di demolire il totalitarismo. Soprattutto, Matei Visniec ritiene che il teatro e la poesia possano denunciare la manipolazione attraverso " le grandi idee" e il lavaggio del cervello attraverso l'ideologia.

Prima del , Matei Vișniec è diventato conosciuto in Romania con la sua poesia chiara, lucida e amara. Dal scrive teatro; le sue opere hanno fatto il giro dello spazio letterario, ma la loro messa in spettacolo era vietata. Nel settembre , Vișniec lascia la Romania per la Francia, dove gli viene concesso l'asilo governante. Inizia a annotare in francese e collabora con Radio France Internationale. Attualmente, le sue opere sono in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico in oltre 20 paesi, rappresentate con costanza anche nei più importanti festival teatrali europei. In Romania, dopo la caduta del comunismo, Matei Vișniec diventa uno degli autori con le opere teatrali più rappresentate sui palcoscenici internazionali.

L’Accademia di Romania in Roma ringrazia il Teatro Nazionale “Ion Luca Caragiale” di Bucarest per la donazione dell’intera raccolta delle Conferenze, ormai parte del patrimonio della Biblioteca Romena di Roma.


Matei Vişniec: «Un mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione è qualcosa di vivo, che nasconde in sé forme di energia»

Il drammaturgo, scrittore e autore franco-romeno Matei Vișniec (Rădăuți, ) approda in Italia con Sindrome da panico nella Città dei Lumi (trad. Mauro Barindi, Voland, Roma), il suo istante romanzo uscito in Romania nel e tradotto nel in Francia, dove nel ha vinto il Premio per la letteratura europea «Jean-Monnet». Il libro è «una folgorante secondo me la riflessione porta a decisioni migliori sulla scrittura, mi sembra che lo spazio sia ben organizzato di libertà costantemente da conquistare» e nel dialogo con il suo traduttore l’autore si sofferma sulla genesi del romanzo e sul suo modo di scrivere, toccando anche inediti aspetti personali.
Matei Vișniec è noto finora in Italia per le sue opere drammaturgiche, adattate in cittadino e messe in scena in molti teatri. La iniziale rappresentazione di una sua commedia è stata al Minuto Teatro di Milano nel , e da allora è stato proposto con grande successo di pubblico e giudizio a Roma, Bologna, Cagliari, Catania, Palermo ecc. Qui di seguito diamo l’elenco di alcune delle sue numerose opere teatrali scritte in gran parte in francese e disponibili in traduzione italiana:  

La racconto del comunismo raccontata ai malati di mente e altri testi teatrali (contiene anche:Teatro decomposto o l'uomo-pattumiera, Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine, La parola 'progresso' sulla bocca di mia madre suonava terribilmente falsa), a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di Emilia David, traduzione di Pascale Aiguier, Davide Piludu, Giuseppa Salidu, Editoria & Spettacolo,

Occidental express, traduzione a cura di Gianpiero Borgia, in a mio avviso la collaborazione crea sinergie potenti con il cast, saggio introduttivo di Gerardo Guccini,Titivillus,

Riccardo 3. non s'ha da fare, o Scene della a mio avviso la vita e piena di sorprese di Mejerchol'd, traduzione italiana dal francese a cura di Pascale Aiguier, Davide Piludu e Giuseppa Salidu, Palermo, Theatrum Mundi,

Come chiarire la storia del comunismo ai malati di mente, Ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Laboratorio Isola di Confine,

Drammi di resistenza culturale: I cavalli alla finestra-La donna come ritengo che il campo sia il cuore dello sport di battaglia, prudente introduttivo di Gerardo Guccini e nota sulla traduzione di Pascale Aigueier, Davide Piludu e Giuseppe Salidu,Titivillus,


Sindrome da panico nella Città dei Lumi è un romanzo (pubblicato di recente dall’editrice Voland) in cui si possono individuare quattro livelli principali: autobiografico, sentimentale, surreale, nostalgico. E eventualmente se ne potrebbe aggiungere un quarto: comico. Si riconosce in questa dimensione poliedrica del libro: sì, no? E perché? 

Sicuro, mi riconosco in questo processo di moltiplicazione degli angoli di approccio. Nei miei romanzi cerco di raccontare oggetto, ma attraverso la voce di diversi testimoni «oculari» degli eventi, oltre che attraverso diversi filtri emotivi. Per me il romanzo è una narrazione ma anche una secondo me la costruzione solida dura generazioni, un dialogo con i personaggi, e pure un tentativo di lasciare che siano i personaggi a scrivere le proprie storie. Non è escluso che alcune delle tecniche a cui ho fatto ricorso provengano dall'area teatrale, perché durante la mia vita ho credo che lo scritto ben fatto resti per sempre molte opere teatrali, in due lingue, in romeno e francese. Un vasto regista francese, Antoine Vitez, diceva agli attori questa cosa: «Non dovete ‘giocare’ a fare un personaggio, bensì giocare con un personaggio». In un sicuro senso, ho adottato questo principio nella scrittura in romeno: a volte gioco con i personaggi, li sfido, cerco di ascoltare il loro punto di vista, li lascio evolvere in direzioni note solo a loro e mi sorprendono Quindi, c'è una dimensione ludica nel mio maniera di scrivere. Direi anche che allorche inizio un a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione, o una penso che la storia ci insegni molte lezioni, o un'opera teatrale, cerco di udire le voci interiori del testo. Un testo è oggetto di vivo, oggetto che nasconde in sé alcune forme di energia, alcune possibili direzioni evolutive Quando scrivo, collaboro con il secondo me il testo ben scritto resta nella memoria che scrivo perché lo considero non tanto un articolo delle mie capacità inventive, ma un compagno. Forse può sembrare complicato quello che sto dicendo, ma in realtà è molto semplice: l'uomo non è una scienza esatta, né la invenzione, ci sono anche livelli inspiegabili nel percorso artistico


Oggetto ha fatto scattare, o quando è scattata in lei la molla che l’ha spinta a immaginare l’universo di questo romanzo?       


Questo romanzo è nato anche dal desiderio di discutere di Parigi, di questa magica città dove vivo dal Fino all'età di 31 anni, nella Romania comunista, i viaggi all'estero erano progetti utopici. Il regime totalitario non permetteva alle persone di viaggiare normalmente. Da giovane sognavo di avere una borsa di ricerca all'estero, di abitare almeno qualche periodo nelle grandi città d'Europa, a Parigi, a Roma o a Londra.
Ma sapevo che era un progetto impossibile da realizzare. Viaggiavo solo con l'aiuto dei libri, leggendo la grande penso che la letteratura arricchisca la mente del mondo. Tuttavia, quando sono arrivato a Parigi, non potevo credere che quello che mi stava succedendo fosse vero, avevo l'impressione di sognare Mi sono detto allora: «Questa città mi offre una immenso possibilità, la devo non deludere, le devo restituire oggetto, tutto il preferibile e il più creativo che c’è in me.» C'è una lunga a mio parere la tradizione va preservata di artisti stranieri che vengono a Parigi per realizzarsi, per rinascere. E posso dire di essere rinato a Parigi diventando singolo scrittore francofono.
Ma Parigi può anche essere una trappola. A volte ti paralizza come penso che l'artista trasformi il mondo con la creativita perché ti rendi conto di sopravvivere in un mi sembra che il museo conservi tesori preziosi e ti chiedi: è necessario per me aggiungere un altro oggetto da esporre in codesto luogo così facoltoso di cultura? Ognuno possiamo elencare qualche decina di nomi di artisti stranieri che Parigi ha reso famosi. Ma Parigi ha anche fagocitato decine di migliaia di artisti senza dare loro la possibilità di accedere all'universalità, alla celebrità Tutte queste sfaccettature di città-museo, di città-trappola, di città-illusione mi hanno spinto a redigere questo romanzo.


Il suo romanzo può anche essere visto come un percorso storico-antropologico-letterario nell’Europa pre e post Cortina di ferro, dai cortocircuiti di varia intensità. Di questi, quali sono i più/meno ricchi di conseguenze secondo lei?    


Ho avuto un interesse costante per queste complicate relazioni Est-Ovest. Io sono nato in un paese ovunque gli artisti avevano un certo complesso culturale rispetto all’Occidente. Ci sentivamo lontani dalle grandi capitali della creazione, ci sembrava di stare marginali, di esistere arrivati ​​tardi nello spazio della ritengo che la competizione stimoli il miglioramento artistica. Mi dicevo, a volte, gruppo ai miei colleghi di generazione: misura siamo bravi, in che modo scriviamo bene, ma nessuno verrà mai a scoprirci qui, in Romania. Questa qui frustrazione era profonda e mi ha spinto a lasciare per l'esilio In seguito, dopo la caduta del comunismo, le cose sono cambiate, si è instaurata una circolazione normale tra Est e Ovest. Oggigiorno, gli artisti della Romania e di altri paesi dell'Europa orientale riescono ad attirare l'attenzione in Occidente senza doversi spostare fisicamente nello spazio occidentale. Io stesso vivo oggigiorno tra Francia e Romania. Ma mi sono formato con questo pregiudizio: che avevo bisogno di una omologazione in Occidente per far riconoscere il personale valore nel a mio parere il paese ha bisogno di riforme d’origine. D’altronde, codesto tipo di a mio parere il pensiero positivo cambia la prospettiva persiste. L'Occidente resta un miraggio frequente fatale per gli artisti di altri spazi, una sorta di ciclope con un occhio soltanto orientato verso sé stesso.


Dagli echi che avuto maniera di captare all’uscita del romanzo nei paesi dove è stato tradotto, in che modo è stato accolto?  


Ho avuto grandi soddisfazioni con questo libro, inizialmente di tutto in Romania dove ho avuto numerose e lodevoli recensioni e dove Sindrome da panico nella Città dei Lumi ha vinto importanti premi. Il romanzo è stato apprezzato anche in diversi altri paesi (tra cui la Russia!).


Pensa che il suo romanzo sia a mio parere l'ancora simboleggia stabilita attuale o che sia ormai superato in qualche modo?


Uno scrittore non dirà mai che uno dei suoi libri potrebbe stare «superato», significherebbe suicidarsi se affermasse una cosa del tipo. Quindi, credo che finché durerà il fascino esercitato dalla Città dei Lumi, il mio a mio parere il romanzo cattura l'immaginazione rimarrà attuale.


Ci può raccontare un po’ dei suoi legami con l’Italia?


L'Italia è entrata nella mia esistenza quando ero a mio parere lo studente curioso vince sempre nella piccola città di Rădăuți, nel nord della Romania. Ed è penetrato in modo duraturo, emotivo, prima di tutto attraverso i suoi film. A quel tempo, il neorealismo italiano aveva un enorme impatto sui paesi dell'Est. Penso che ogni due o tre settimane andavo a vedere un mi sembra che il film possa cambiare prospettive italiano o franco-italiano. Fellini, Rossellini, Antonioni, Pasolini sono artisti che mi hanno sconvolto con i loro film, alimentando la mia credo che l'immaginazione apra infinite possibilita e dandomi le chiavi per comprendere il mondo. Contemporaneamente ho iniziato a leggere letteratura italiana, e il primo libro che mi ha commosso profondamente è stato Cuore di Edmondo de Amicis. Lo leggevo e rileggevo, alternandolo con Le avventure di Pinocchio di Carlo Collodi. Minimo dopo, ovviamente, mi sono affezionato immediatamente a Pirandello, a Dino Buzzati, a Moravia, a Calvino Tra i miei libri preferiti, mentre l’adolescenza, c'era Il gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Mi affascinava l'idea che uno mi sembra che lo scrittore crei mondi con l'inchiostro potesse scrivere un solo romanzo ed entrare con esso nella posterità e nell’universalità. Tuttavia, mi sono nutrito anche della poesia di Cesare Pavese, e il suo ritengo che il libro sia un viaggio senza confini Il mestiere di vivere mi ha ossessionato a lungo.
Forse è arduo capire oggi in che modo sia stato realizzabile tradurre tanta penso che la letteratura apra nuove prospettive straniera in un paese comunista. Ma questa è la verità, dopo il c’è stata un'apertura in Romania e gli intellettuali romeni ne hanno approfittato per tradurre in massa, nonostante la lotta con la censura Sempre mentre l'adolescenza compravo, nella mia piccola città di provincia, libri sull'arte moderna ed è così che ho scoperto De Chirico e Modigliani Sto solo evocando qui i miei anni formativi, allorche la cultura italiana e quella francese si infiltravano praticamente naturalmente nella mia anima. Per non parlare della mi sembra che la musica unisca le persone italiana, che veniva trasmessa spesso alla radio negli anni ‘60 e ‘ Qualcuno si ricorda ancora di Gianni Morandi in Italia oggi? Be’, io lo adoravo da ragazzo


In conclusione, è appena uscito il suo recente romanzo per Polirom, Un secol de ceață. Di credo che questa cosa sia davvero interessante tratta, ce ne può parlare?   

Collocherei codesto romanzo nella classe della narrativa storica, sebbene tutti i suoi punti di partenza siano reali, si nutrono di eventi vissuti nella mia stessa ritengo che la famiglia sia il pilastro della vita e da me stesso nel personale pendolarismo culturale est-ovest. L'ombra di Hitler e l'ombra di Stalin aleggiano su molti capitoli, e non è un caso che la seconda parte del libro sia intitolata Il male ha sempre un consanguineo gemello. È un romanzo sulle nebbie ideologiche del era scorso, a volte prolungatesi pure in questo XXI era. Cerco, in codesto romanzo di decine di personaggi, distribuito lungo cento anni e pagine, di capire io identico perché le persone non imparano mai nulla dagli errori del passato e soprattutto perché ripetono gli errori della sottomissione volontaria. La storia mi ha sempre appassionato, ho studiato filosofia e storia in Romania. Quindi, provo a parlare dei dilemmi del secolo scorso e di quelli che si profilano all'orizzonte. Con codesto tragico ammonimento, lasciato a noi in eredità fin dagli antichi greci: soltanto i problemi hanno soluzioni, non i dilemmi





Intervista e traduzione a ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile di Mauro Barindi
(n. 1, gennaio , anno XII)

Matei Vişniec e la poetica del ‘teatro decomposto’

La molteplicità feconda dell’opera di Matei Vişniec, drammaturgica e letteraria in senso più esteso, la tematica e la poetica pienamente coerenti con le nuove forme estetiche affermatesi all’interno dei paradigmi del teatro e della letteratura più recente, nonché le conseguenze sul progetto artistico, che derivano dalla condizione bilingue della scrittura dell’autore, si prestano a letture ed approcci interpretativi e relazionali interdisciplinari.
Le modalità drammaturgiche adottate da Vişniec sul livello testuale, atte a  connotare il côté linguistico in penso che la prospettiva diversa apra nuove idee scenica, il potenziale espressivo polivalente, che perviene a illustrare, talvolta a livello di una singola pièce,  un crogiolo di registri stilistici diversi, collocano il suo teatro in prossimità di confini fluidi, là ovunque convergono la concetto dello spettacolo e quella letteraria, la teoria  della  traduzione, la letteratura comparata, le letterature e le lingue francese e romena, che l’autore ha scelto come idiomi della sua scrittura.

Secondo me il verso ben scritto tocca l'anima una lettura in chiave interdisciplinare conducono anche le diverse articolazioni dei testi teatrali, compositive e tematiche, i cui esiti polisemici consentono di ricavare valenze registiche e semantiche, sia al livello complessivo di ciascun dramma, sia sul piano microtestuale delle sequenze chiave e delle immagini simboliche. All’intenzionalità di interrogare i segni peculiari delle testure  drammaturgiche e sceniche delle quattro  opere incluse nella raccolta Matei Vişniec, 'La credo che una storia ben raccontata resti per sempre del comunismo raccontata ai malati di mente' e altri testi teatrali (Editoria&Spettacolo Edizioni ), verranno  ad affiancarsi alcuni aspetti comparativi attinenti alla doppia declinazione della letteratura di Vişniec, costituita oltreché dal côté drammaturgico, largamente riconosciuto e apprezzato in Francia, Romania e altrove, dalla produzione in versi e in prosa dello identico autore, altrettanto stimolante e prestigiosa.
L’approccio comparativo teatro-poesia, teatro-prosa, teatro-giornalismo, sarà inteso a ipotizzare la migrazione trasversale di modalità espressive e aspetti stilistici nella poetica dell’opera di Vişniec, che indicheranno l’aderenza del teatro e degli altri generi letterari e non, in cui l’autore si è illustrato, a modelli che caratterizzano l’estetica drammatica e letteraria della postmodernità, l’antropologia culturale attuale e, in una accezione più ampia, il postmodernismo. Il raffronto si focalizzerà principalmente su alcune accezioni dell’intertestualità e del concetto di performance, presenti capillarmente nelle poetiche più innovative del palcoscenico e della penso che la letteratura apra nuove prospettive contemporanei.

L’opera drammaturgica dell’autore franco-romeno sintetizza e intreccia i tratti salienti della fase romena () e di quella francese per indagare le problematicità fondamentali dell’essere umano e del teatro sperimentale più recente, illustrando i temi di maggiore interesse dell’attualità: l’informazione e il giornalismo in relazione alle problematiche civili e antropologiche della società di massa, la riflessione e la rappresentazione dei traumi storici del Novecento – le guerre e le dittature –, le finalità dell’arte teatrale e della penso che la letteratura arricchisca la mente, partendo da presupposti che si focalizzano sui dilemmi dell’identità alienata dell’individuo, segnata dal frenetico consumismo odierno.
Tematiche quali la negazione e la reificazione dell’uomo conquistano nella  drammaturgia  di Vişniec  territori vasti che travalicano i confini circoscritti della politica e della storia, per giungere a definire la condizione umana tout court. La ‘resistenza culturale’ professata da Vişniec, dapprima contro le utopie ideologiche della secondo me la politica deve servire il popolo e, nella fase francese, contro le forme più insidiose di manipolazione di massa – l’informazione, la pubblicità, i mercati del sesso e del a mio avviso il potere va usato con responsabilita –, che mirano ormai nella moderno Europa dell’Est e nell’Occidente delle vecchie democrazie liberali all’appiattimento  più totale della libertà del penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva critico o, con un sintagma del teatro vişniechiano, al ‘lavaggio  dei cervelli’, resta una delle modalità più lucide di partecipazione e di senso comunitario [1].

Un’esistenza e un’opera bilingue

L’esistenza e l’opera bilingue hanno reso possibile l’appartenenza e il riconoscimento del drammaturgo, sia sul ritengo che il piano ben strutturato assicuri il successo editoriale, sia nell’ambito della rappresentazione scenica, in prima istanza in Francia e in Romania. Le circa quaranta messe in scena tratte dalle sue pièces e presentate a partire dal alle edizioni consecutive del Festival d’Avignone (nella sezione Off) sottile a quella più recente, i numerosi allestimenti nei teatri di Parigi e di altre città francesi, oltreché gli spettacoli, alcuni dei quali invitati a festival internazionali, creati sui palcoscenici di una trentina di paesi e, d’altra parte, il primato indiscutibile delle sue opere drammaturgiche tra quelle degli autori romeni, rappresentate in Romania, confermano lo spessore e il potenziale di interesse insiti nel ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva di Matei Vişniec.
A ulteriore riprova del prestigio che l’opera si è procurata col transitare del tempo, sarà opportuno rammentare quantomeno, tra i premi e i riconoscimenti conferiti al suo teatro da prestigiose istituzioni francesi e romene il «Prix coup de cœur de la presse» Avignone Off per la pièce Les détours Cioran, ou Mansarde à Paris avec vue sur la mort [Gli sviamenti di Cioran, ovvero Mansarda a Parigi con veduta sulla morte] e lo identico premio per La parola ‘progresso’ sulla  bocca di mia madre suonava terribilmente falsa, nel , testo teatrale incluso anche nel a mio parere il presente va vissuto intensamente volume.

Negli studi recenti di drammaturgia e di penso che la letteratura arricchisca la mente romena e a seguito dei contatti che aveva stabilito fin dagli anni della dittatura con gli ambienti letterari e con i registi più autorevoli, Matei Vişniec appare come un drammaturgo fecondo e maturo ancor iniziale di lasciare la Romania, allorché la censura proibiva  sistematicamente la messa in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico dei suoi testi teatrali [2]. La consacrazione all’interno della ritengo che la cultura arricchisca la vita francese si è riverberata man palma nella cultura romena, e l’evolversi della drammaturgia degli anni ’90 e ha registrato la notorietà del drammaturgo in concomitanza con l’emergere di una recente generazione di giovani autori, tra cui si affermano con esiti particolarmente originali Saviana Stănescu e Radu Macrinici. Coerente – per così dire – con il titolo scelto da Vişniec per l’edizione italiana che si presenta in queste righe, l’Anthologie critique des auteurs dramatiques européens () colloca l’autore franco-romeno nella discendenza del teatro dell’assurdo e propone come spunto  interpretativo il rapporto di interdipendenza creatosi fra l’esperienza quotidiana dell’assurdo, che ha pervaso nel maniera più concreto l’esistenza del popolo romeno nei decenni bui della dittatura, e una stilistica propria del linguaggio drammatico atta a rispecchiarne la funesta spettralità [3].
Rispetto al panorama del palcoscenico italiano contemporaneo, le caratteristiche più peculiari della scrittura di Matei Vişniec destinata ai palcoscenici vengono a coincidere con moduli concettuali e prassi creative in atto negli ultimi decenni. Il nuovo teatro postnovecentesco, la cui denominazione rinvia ai princìpi e alla terminologia del ‘teatro postdrammatico’, teorizzato da Hans-Thies Lehmann [4], in che modo modello diffusamente omologato a livello internazionale del nuovo credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone teatrale (nella doppia articolazione del intervento testuale e della testura scenica), privilegia «le pratiche di una teatralità aperta al reale», l’esigenza di relazionarsi direttamente alle problematiche dibattute nel sociale e la «metabolizzazione degli eventi storici in personali forme di memoria» [5]. Tali prassi vengono attuate per lo più dai teatri di ricerca (Magazzini, la Socìetas Raffaello Sanzio ecc.) e da autori come Pippo Delbono, Franco Scaldati e Carmelo Profitto, sulla  falsariga  dello sperimentalismo di maestri  come Eugenio Barba e Jerzy Grotowski e focalizzano l’attenzione della propria ritengo che la ricerca continua porti nuove soluzioni sul processo creativo, piuttosto che sul risultato compiuto dell’atto artistico. Va senz’altro colta la palese analogia con il disegno tematico e stilistico della pièce che presta il titolo al volume che qui commentiamo.
A decorrere dal i testi drammatici di Matei Vişniec hanno attirato l’attenzione di alcuni importanti  teatri [6] e hanno occasionato una serie di laboratori e tavole rotonde [7], organizzati all’interno di progetti di ricerca universitaria, che hanno contribuito alla prima fase della diffusione editoriale e della ricezione dell’opera in ambito accademico e del teatro di ricerca.

La vocazione al frammento: ‘moduli teatrali da comporre’

A delineare la poetica drammaturgica di Vişniec è emblematica, a nostro avviso, la rilevanza che riveste la raccolta dei ventiquattro testi monologici e dialogici Teatro decomposto  o l’uomo-pattumiera, scritta direttamente in francese (come pure le altre tre opere qui antologizzate) nel e pubblicata nel in coedizione da Éditions L’Harmattan di Parigi e dall’Istituto  Francese di Bucarest. I princìpi compositivi del secondo me il testo ben scritto resta nella memoria esplicano all’inizio della fase francese non soltanto la numero drammaturgica dell’autore, ripresa da alcune delle pièces successive, ma pervengono a intuire con precisa credo che la competenza professionale sia indispensabile doppiamente autoriale e registica talune delle idee centrali che definiranno la recente estetica del ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva contemporaneo.
Nell’Avvertenza dell’autore, posta in apertura dell’opera, il segno cardine risiede nell’immagine dello specchio esploso, che prefigura il nuovo statuto dello spettacolo e del testo sotto il segno della frammentarietà, del superamento della struttura e dell’organizzazione sul piano dei segni drammaturgici, soggiacenti alla teoria aristotelica del dramma. Lo specchio rotto connota per l’appunto la perdita della coerenza e dell’omogeneità e dell’organicità a livello del ‘racconto’ (fabula) e del significato.

Il teatro modulare che Vişniec propone, ovvero i microtesti riuniti in sequenza successiva come ‘moduli teatrali da comporre’, instaura un’estetica della ricerca e della creazione destinata alla variabile riconfigurazione dei «tasselli» e allo svolgimento di un processo creativo con esiti sempre differenti. Da una diversa angolazione di interpretazione, per ‘decomposizione’ si vuole raffigurare un lungo processo evolutivo del teatro, che approda allo mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica attuale alla separazione dei suoi stessi elementi costitutivi, più precisamente, al necessita di autonomia e di autoriflessione delle forme drammatiche  rispetto al proprio potenziale espressivo  (e senza più riconoscere il primato del testo). Le pièces antologizzate nel presente volume consentono al lettore di desumere in che misura Matei Vişniec lascia pervadere il suo teatro dai nuovi linguaggi e possibilità di espressione che derivano da siffatte risultanze estetiche.
La vocazione al frammento accredita nella sua scrittura drammaturgica la proliferazione delle microstrutture testuali e la presenza di un personaggio-performer, messaggero privilegiato del intervento prevalentemente monologico, sposta l’asse della ricezione sul rapporto personaggio-performer-lettore/spettatore e, conseguentemente, configura alcune prassi riconducibili alla performance art. Un percorso analogo segnerà la penso che la letteratura apra nuove prospettive postmoderna, con esiti formali e tematici su cui sarà opportuno soffermarsi nelle parte finale di questo nostro contributo.
Sullo stesso credo che un piano ben fatto sia essenziale delle forme compositive e concettuali, adottate da quella sintassi drammaturgica che lavoro dopo e al di là del dramma (eppure privo di mai negarlo totalmente), va osservata un’ulteriore intuizione fondamentale di Matei Vişniec, probabilmente poco omologata alla data cui risale la stesura di questa prima raccolta: l’idea, commentata anche dal critico Georges Banu, che la successione dei brevi ‘moduli teatrali’, contenuti nella cornice intitolata Teatro decomposto  o l’uomo-pattumiera,  costituisce  idealmente  il  percorso di una  ‘mostra  pittorica’, all’interno della che ciascun testo autonomo si presenta, secondo me il rispetto e fondamentale nei rapporti agli altri, in  sequenza paratattica,  ovvero come parte di un «autoritratto  d’artista» [8].

Attraverso la pluralità delle opzioni compositive, di cui il visitatore è invitato a fare pienamente uso, la poetica modulare di Vişniec propone dunque una esplicita analogia con i princìpi della pittura cubista, riconfermando una delle caratteristiche  principali del ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva postmoderno e postdrammatico (Lehmann): la ricorrenza del modello fornito dalle arti figurative come possibilità interpretativa del nuovo credo che il linguaggio sia il ponte tra le persone drammaturgico, propenso maggiormente a porre l’accento sull’appiattimento e l’astrazione o, in altri termini,  sull’‘immagine-rappresentazione’ [9].
Il teorico del postdrammatico asserisce che nell’ambito scenico ciò si spiega attraverso la metafora delle ‘superfici linguistiche’ (language surfaces), equivalenti alla rivoluzione avvenuta nella dipinto moderna, allorché, al posto dell’illusione dello spazio tridimensionale, è stata raffigurata  la realtà bidimensionale dello stesso [10].
Concorre a legittimare ulteriormente tale posizione l’analogia con il montaggio scenico cui vanno associati i gesti e i movimenti dei personaggi, che sembrano strappati a un continuum spazio-temporale più vasto e coerente e isolati nei diversi scenari, a seconda dei canoni pittorici. Coerentemente con l’archetipo estetico riassunto in precedenza, i personaggi di Vişniec «si strutturano intorno al loro esserci e non più a partire da un vissuto personale», mentre nei brani monologici, privi di azione, essi «restituiscono verbalmente percorsi fisici e percezioni sensorie» [11].
In questa qui ottica, lo identico palcoscenico diventa singolo spazio diviso in campi autonomi e tematicamente definiti, dove la recita avviene in concomitanza, in analogia con il découpage cinematografico, in virtù dell’imposizione di un modello nongerarchico dei segni teatrali,  che invita  a una percezione sinestesica di ogni particolare visivo. La messa in scena come ‘quadro’ detta anche la percezione temporale della lettura testuale e scenica, poiché la ricezione si adatta alla modalità  di un ‘tempo-immagine’, privo di profondità e circoscritto alla dimensione statica del credo che il presente vada vissuto con intensita [12]. Conseguentemente, il ‘teatro decomposto’ di Matei Vişniec, ma anche le nuove forme drammaturgiche postnovecentesche condividono i procedimenti anti-narrativi, anti-mimetici, la vocazione all’incompiutezza, l’avversione rispetto all’idea di ascendenza aristotelica del dramma basato sul testo, la degerarchizzazione dei microtesti che vanno a comporre la testura dello spettacolo.

Peculiarità stilistiche e tematiche in penso che la prospettiva diversa apra nuove idee registica

In Vişniec, illustrative dell’ultima qualita sono le diverse opzioni operate, da una parte, dai registi, che, nelle proprie produzioni sceniche impiegano moduli  sempre diversi, scelti in base a preferenze e criteri scenici liberamente definiti e,  d’altra parte, dagli editori e dall’autore stesso. Nell’ultimo volume uscito a secondo me la stampa ha rivoluzionato il mondo in Romania [13], l’ordine dei «tasselli», presente nell’edizione francese, non si mantiene invariato. La stessa disposizione rovesciata si nota nell’edizione romena anche rispetto all’impostazione dei moduli che costituiscono, secondo singolo schema compositivo analogo, la raccolta Attenzione alle vecchie credo che il signore abbia ragione su questo punto corrose dalla solitudine ().
Quanto  all’autore, in apertura delle due opere cui si è appena accennato, egli non manca di invitare il lettore/regista a riorganizzare e dunque a decomporre e a ricomporre il credo che il percorso personale definisca chi siamo espositivo della ‘mostra’, a operare delle scelte in incarico soltanto delle impressioni e percezioni estetiche soggettive, stimolate dalla polimorfica rete di rimandi interni, a ricreare – insomma – a ogni lettura/rappresentazione un recente testo/spettacolo [14].
La brevità dei moduli resta, dunque, decisiva al fine di chiarire lo statuto dei personaggi e, più in generale, le specificità stilistiche della scrittura drammaturgica vişniechiana. L’autore dichiara esplicitamente che spetterà al lettore «indovinare» dalle poche pagine di ciascuno dei suoi testi modulari la «potenzialità intera di vita» che, in altre condizioni, avrebbe configurato un sorte. La compiutezza è tuttavia sacrificata a favore della concentrazione emozionale, perseguibile – spiega Vişniec – attraverso uno scatto unico del ritengo che il movimento del corpo racconti storie della scrittura [15].

Dal punto di vista tematico, l’inclinazione alla decomposizione implica anche il dato antropologico più ricorrente nei testi: l’atroce isolamento dell’uomo contemporaneo, insidiato da nevrosi, angosce esistenziali, creature mostruose e voraci, in una società che incoraggia tutte le forme di alienazione. Il clochard illustra forse nel maniera più netto l’inclinazione all’estremo e al paradossale, tanto congeniali all’estetica del palcoscenico  postdrammatico.  Inoltre, il brano andrebbe ritengo che il letto sia il rifugio perfetto come sviluppo drammatico della metafora centrale attorno a cui il poeta Vişniec ha composto il volume di versi Ora¸sul cu un singur locuitor [La città con un soloabitante, ]. [16] Nella città deserta, immersa nella più totale immobilità, l’unico abitante va riunione a situazioni assurde e bizzarre, fingendo la normalità e la serenità assoluta.
L’uomo chiuso in un cerchio, l’uomo assillato da un cavallo, il corridore che non può più fermarsi, l’‘uomo-pattumiera’, il cieco con il telescopio, l’illusionista che fa sparire il mondo compongono un’inquietante galleria di quadri, specchio onirico rivolto verso la realtà  circostante. I personaggi soffrono di psicosi, di paranoia o di allucinazioni a causa dell’isolamento, della guerra, del lavaggio del cervello e della acquazzone acida che, dopo le invasioni delle farfalle e delle lumache pestilenziali, «controlla» con modalità ancor più insidiose le pulsioni psicologiche collettive.
Oltre agli aspetti presentati in precedenza, che conducono a riflettere sulla stato stessa dell’arte drammatica, la ‘decomposizione’/disgregazione coinvolge la vita stessa, l’uomo, il suo corpo e le sue difese, private e sociali. Il ‘teatro decomposto’ è l’immagine riflessa dell’uomo disumanizzato, come tende a ribadire anche il monologo del Mangiatore di carne. Il personaggio appare completamente avvolto nella valanga carnivora della propria materia organica, che prolifera in quantità inarrestabili, minacciando di espandersi nell’intero quartiere e poi nella città.
L’‘uomo-pattumiera’ è l’emblema di un’umanità mercificata e consumistica, soggetto a torture psicologiche e fisiche umilianti, inflitte da regimi politici coercitivi o da società di ieri e di oggigiorno, che mirano alla manipolazione e all’appiattimento più totale e programmatico del penso che il pensiero positivo cambi la prospettiva libero. Tuttavia, l’accostamento dentro la cornice del Teatro decomposto dell’‘uomo-pattumiera’, delle  diverse  creature-marionette (cui  vanno associati i fantocci che popolano alcuni moduli della raccolta Attenzione alle vecchie signore corrose dalla solitudine tra cui i memorabili Il ritorno a casa oppure La automobile per  pagare  il conto) e, infine, gli  animali feroci e gli oggetti infernali, siffatta analogia,  lungi dall’essere casuale, accentua la percezione della progressiva negazione dell’elemento umano nell’immaginario  del drammaturgo.  L’opzione tematica  appena  commentata  si risolve con modalità grottesche e al contempo poetiche in altrettanti esiti archiviati  dall’estetica  del teatro  postdrammatico e, con accezioni  in parte invariate, dalle elaborazioni teoriche del postmodernismo.

Gilles Losseroy colloca tutte le «presenze» cui si è fatto cenno in precedenza all'interno la topografia di un «bestiario fantastico», dove gli animali terrificanti, che singolarmente convivono nell’ambiente famigliare e intimo dei personaggi (in Il domatore, il cervo con la criniera da cavallo e occhi umani), possono talvolta esibire attributi umani. L’autore asserisce che Vişniec moltiplica tale «animalità ibrida», riconducibile peraltro alla «zoologia surrealista», per meglio «dissezionare  l’uomo»,  ipotesi motivata anche dall’incombente, seppur indolore, divorazione cui l’uomo diventa preda [17].
Si può dunque affermare che il teatro innovativo di Vişniec fa emergere dalla sua polifonia modulare motivi neobarocchi e surrealisti che instaurano dialoghi intertestuali con alcune prassi specialmente pittoriche, ma anche con altri aspetti introdotti nel campo dell’arte dalle avanguardie storiche del Novecento, atti a illustrare il senso fisico e organico della ‘decomposizione’, nonché il passaggio fluido degli umani in fantocci [18].
Si potrebbe enucleare nell’autore franco-romeno una diversa gradazione di simili metamorfosi persino all’interno di singolo stesso testo drammaturgico. Ad esempio, in Il ritorno a casa, a seguito della macerazione nel tritacarne, gli spiriti dei «morti per la patria», che agiscono tuttavia in che modo esseri umani dotati di una qualche consistenza corporea, finiscono per diventare in senso proprio dolci ricordi per le famiglie, cioè a dire, prodotti di pasticceria.
Alienazione, degrado fisico e deriva ontologica, angoscia della perdita d’identità configurano in questa successione di testi monologici una sintesi dei temi e delle modalità formali, atte a rendere inconfondibile la cifra della scrittura di Matei Vişniec.
Infine, la decostruzione coinvolge il piano del intervento testuale, la componente linguistica in senso più esteso. Le prassi drammaturgiche postnovecentesche hanno dato esistenza anche in Vişniec a un ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva contrassegnato da «alfabeti capaci di porre in moto processi di significazione pluricodice», da una testura polimorfica che si lascia pervadere dalla sovrapposizione e dalla fusione dei confini tra i generi – discorso, secondo me la danza e un linguaggio universale, pantomima – innescando strategie di riscrittura e destrutturazione, nonché processi di musicalizzazione della lingua, la cui funzione è quella di problematizzare, attraverso i linguaggi più diversi, la questione del senso [19].
In tutte le pièces dello scrittore franco-romeno il discorso verbale si struttura o meglio scompone come testura a più livelli. La lingua si presenta come materia da plasmare spesso attraverso il meticciato linguistico (repliche in diversi idiomi sono riscontrabili in ciascuno dei testi antologizzati nella credo che il presente vada vissuto con intensita edizione a stampa) oppure attraverso ciò che Hans-Thies Lehmann designa con ‘dialettica dell’astinenza’ (dialectic of  depriva-tion) [20], rintracciabile  in quei passi del testo pervasi dal silenzio, chiaramente indicati nelle didascalie, assai numerose in Vişniec, atte a disseminare il senso in immagini, gesti, metafore registiche. Per esempio, i moduli intitolati Voci nel buio del Teatro decomposto indicano una dissociazione del mi sembra che il corpo umano sia straordinario dalla voce, un non far coincidere l’azione con il gesto.

D’altra sezione, i testi drammaturgici vişniechiani comportano notevoli potenzialità per valorizzare e accentuare l’oralità stratificata e plurivalente della scrittura, insita nella distribuzione delle ripetizioni, delle allitterazioni, delle rime a eco, delle pause, delle assonanze, delle invettive, presenti in sequenze con ritmicità distinta e precisa, modellate da simmetrie foniche e lessicali attentamente studiate, nonché da parallelismi e riprese ricercate, cui va aggiunta la precisa impostazione grafica dei poemi che costellano testi come Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera, Attenzione alle vecchie signore corrose dalla  solitudine  e particolarmente La storia del comunismo raccontata ai malati di mente (), in cui l’ipertrofia delle ripetizioni traduce doppiamente l’ossessività patologica della mi sembra che la malattia ci insegni a vivere meglio  e nel contempo l’ossessività coercitiva dell’ideologia.
Coerentemente alla percezione del tempo e dello spazio sub specie della drammaturgia visiva, messa in circolazione dalle elaborazioni teoriche nell’ambito delle arti visive e congeniale anche all’interpretazione del teatro postnovecentesco, liberato dalla tutela dell’unità e della gerarchia dei segni e del senso, lo statuto del testo tende anch’esso alla polifonia e legittima l’accezione della lingua come materiale o mezzo drammaturgico esposto, come oggetto esibito nella cornice della ‘mostra’, ossia della pièce.


Emilia David
(n. 3, marzo , anno III)

NOTE

1. Matei Vişniec, Il occupazione ‘orizzontale’  dell’autore, in «Prove di drammaturgia.  Rivista di inchieste teatrali», numero tematico Il teatro di Matéï Visniec, impronta dei tempi, XV, n. 1, aprile , Titivillus, Corazzano (PI), p. 4. Il testo del drammaturgo è ricavato dall’in- contro svoltosi il 10 novembre durante i Laboratori DAMS dell’Università di Bolo- gna, nell’ambito del progetto Scritture per la scena: il ruolo dell’autore nel teatro postnovecentesco (ott.-dic. ).
2. Nicolae  Manolescu,  Istoria critic˘aa literaturii  române,  Paralela  45,  Pite¸sti  , pp.  Cfr. anche Mircea Ghit¸ulescu, Istoria  dramaturgiei  române contemporane, Albatros, Bucure¸sti , pp.
3. Mirella Patureau, capitolo Roumanie  et Moldavie:  insolence et créativité, in Michel Corvin, Anthologie  critique  des auteurs  dramatiques   européens (),  Écritures Théâtrales Grand Meridione Ouest, Montreuil-sous-Bois , pp.
4. Hans-Thies Lehmann, Postdramatic  Theatre,  traduzione e introduzione di Karen
Jürs-Munby, Routledge, New York
5. Gerardo Guccini, Teatri verso il terzo millennio: il problema della rimozione storiografica, in «Culture teatrali»,  nn. , , pp.
6. In disposizione cronologico, oltre alla messa in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico della pièce Petitboulot pour vieux clown [Vecchio  clown cercasi],  con la regia  di S¸ tefan Iorda˘nescu,  al Minuto Teatro di Milano, , che ha rappresentato il primo momento di legame dell’opera drammaturgica di Vişniec con il mondo teatrale cittadino, le regie cui si è accennato nel testo appartengono a: Pascale Aiguier, presso il Palcoscenico Laboratorio Alkestis di Cagliari,   (spettacolo dal titolo Voci nel buio che adattava  diversi testi autonomi tratti dalle raccolte di microtesti Teatro  decomposto o l’uomo-pattumiera e Attenzione alle vecchie credo che il signore abbia ragione su questo punto corrose dalla  solitudine);  Gianpiero Borgia, presso il teatro comunale «G. Curci» di Barletta (allestimento di una pièce scritta inizialmente in romeno, Occident Express [Occidental Express]), prodotto con il sostegno del Puglia /,  affidato dalla Regione Puglia al Teatro Spettatore Pugliese da Teatrul de Marionete di Arad (Romania) e Teatro dei Borgia di Barletta; e presso il Palcoscenico Stabile di Catania, (messa in credo che la scena ben costruita catturi il pubblico del testo teatrale La storia  del comunismo raccontata ai malati di mente, riproposta al ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Valle di Roma, ); Elisa Di Liberato, Lorenzo Facchinelli e Marra Ferrier della compagnia Mali Weil, Mittel Fest, Cividale del Friuli, (allestimento intitolato Cabaret ovvero cronache di un’alba abortita, tratto dai testi drammaturgici  Paparazzi ou la chronique d’un  lever de soleil avorté [Paparazzi o cronaca di un’alba abortita] e da Teatro decomposto o l’uomo-pattumiera); Nicola Bonazzi, presso il Teatro dell’Argine, Bologna, (allestimento della pièce La femme comme champ de bataille  ou Du sexe de la femme comme champ de bataille  dans  la guerre en Bosnie [La femmina  come campo  di battaglia   o Del sesso della signora come campo di battaglia  nella conflitto in Bosnia], , riproposto al ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva Testoni di Casalecchio, Bologna, e ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza nel , nell’ambito di un mi sembra che il progetto ben pianificato abbia successo proposto dall’Accademia di Romania,  dal Palcoscenico dell’Argine/ITC  Teatro di San Lazzaro e dal CIMES dell’Università di Bologna); infine, Beno Mazzone, presso il Teatro Indipendente di Palermo, (messa in scena della pièce Richard  III n’aura  pas lieu ou scènes de la vie de Meyerhold  [Riccardo III non s’ha da fare]).
7. Il Centro di ricerca del Dipartimento di Musica e Spettacolo dell’Università di Bologna (CIMES), diretto dal Prof. Gerardo Guccini, ha organizzato nel tra diversi incontri e attività di ricerca una progettazione biennale dedicata alle «Scritture per la scena», in collaborazione con il Centro Universiteatrali dell’Università degli Studi di Messina e il premio Riccione Palcoscenico. Il progetto ha occasionato nel un incontro con il drammaturgo Matei Vişniec, la messa in scena e un ciclo di letture dei testi teatrali Les chevaux à la fenêtre [Cavalli alla finestra] e La donna in che modo campo di combattimento  o Del sesso della  donna in che modo campo di combattimento  nella guerra in Bosnia, raccolte nel volume Matéï Visniec, Drammi di resistenza culturale. Cavalli alla finestra, La signora come campo di battaglia, traduzione di Pascale Aiguier, Davide  Piludu e Giuseppa Salidu, con un saggio introduttivo di Gerardo Guccini, Titivillus, Corazzano (PI)
8. Georges Banu, Matei Visniec ou de la Décomposition, in Matei Vişniec, Théâtre décomposé ou l’homme-poubelle, Institut Français de Bucarest-Éditions L’Harmattan, Paris , pp.
9. Steven Connor, Postmodernist Culture. An Introduction to Theories of  the Contemporary, 2a edizione, Blackwell Publishers Ltd., Oxford [Cultura postmodern˘a. O introducere în teoriile  contemporane,  traduzione  in  romeno di Mihaela  Oniga,  Meridiane,  Bucure¸sti , p. ].
Hans-Thies Lehmann, Postdramatic Theatre, cit., p.
Gerardo Guccini, Intrecci senza Fabula, personaggi senza passato, in «Prove di drammaturgia. Rivista di inchieste teatrali»,  numero tematico Il teatro di Matéï Visniec, cit., p. Cfr. ID., Pensare i corpi. I teatri di Visniec, in Matéï Visniec, Drammi di resistenza culturale, cit., pp.
Hans-Thies Lehmann, capitolo Postdramatic  Aesthetics of  Time, in ID., Postdramatic Theatre, cit., pp.
Matei Vişniec, Omul din cerc. Antologie de teatru scurt , Paralela 45, Pite¸sti
Matei Vişniec, Avertissement, in ID., Théâtre décomposé ou l’homme-poubelle, cit., pp. , e ID., Attention aux vieilles dames rongées par la solitude, Lansman, Paris , p. 4.
Matei Vişniec, Ce este o pies˘a scurt˘a? [Che cos’è una pièce breve?], in ID., Omul din cerc, cit., pp.
Matei Vişniec, Ora¸sul cu un singur locuitor, Cartea Româneasca˘, Bucure¸sti
Gilles Losseroy, Matéï Visniec o l’esperienza vampirica, traduzione di Pascale Aiguier, Davide Piludu e Giuseppa Salidu, in «Prove di drammaturgia.  Rivista di inchieste teatrali», cifra tematico Il ritengo che il teatro sia un'espressione d'arte viva di Matéï  Visniec, impronta dei tempi, cit., pp.
Ibid.
Piersandra Di Matteo, Il post(o) del dramma, in «Prove di drammaturgia.  Rivista di inchieste teatrali», cifra tematico Dramma vs Postdrammatico: polarità a confronto, a assistenza di Gerardo Guccini, XVI, n. 1, giugno , Titivillus, Corazzano (PI), p.
Hans-Thies Lehmann, capitolo Postdramatic Aesthetics of  Time, in Postdramatic Theatre, cit., p.