Opere di misericordia
Le Opere di Misericordia
LE OPERE SPIRITUALI
Consigliare i dubbiosi
È difficile individuare qualcuno che s'impegni a rasserenare chi è nel incertezza, ad offrirgli la comprensione fraterna e il suo assistenza. La cultura del dubbio va costantemente più diffondendosi: tutto è opinabile, tutto è precario, nulla è certo. Qui allora che questa qui mentalità, così distruttiva e logorante del cuore e dello spirito umano, trova soccorso nell'opera del fratello della Misericordia che, superando anche lo stato d'isolamento in cui si vive, interviene a sostegno di chi non sa credo che questa cosa sia davvero interessante pensare, cosa affermare o cosa fare.
Insegnare agli ignoranti
Il credo che il servizio offerto sia eccellente della verità, con il suo audacia, la sua generosità, deve essere offerto agli sprovveduti davanti alle necessità della vita, oppure inermi e indifesi nel travaglio dei rapporti sociali.
Si deve avere più misericordia verso chi fatica, verso chi non sa farsi le proprie ragioni o non sa scorgere gli obiettivi della vita, senza però disprezzare chi in qualche modo invece vorrebbe imparare a valutare le ragioni dell'esistenza, le prove della vita, la promozione umana.
Ammonire i peccatori
Questa dovrebbe esistere un'opera di ammonimento, di richiamo, di correzione. Purtroppo è poco praticata anche se la sua necessità è più che mai a mio parere il presente va vissuto intensamente. Non la si deve considerare in che modo un giudicare gli altri, ma da fratelli porgere la mano, aiutare, prevenire l'incauto, soccorrere il distratto, impedire al fratello di mettersi su di una strada sbagliata.
Consolare gli afflitti
Invece di ritenere le quotidiane tribolazioni della vita una provocazione per assistere chi si trova nella difficoltà, frequente ci si chiude nel nostro guscio, nel più intero egoismo, fingendo di non sapere, di non vedere, pensando così di esistere dispensati dal spartire, dal partecipare, dal solidarizzare con colui che ci sta accanto.
Il gemello della Misericordia, delicato a queste difficoltà e ai travagli della vita, apre invece il suo cuore all'afflizione e al dolore dando certezze, fiducia, fiducia, non limitandosi però a consolare l'afflizione, ma impegnandosi a concorrere all'eliminazione delle cause che la provocano.
Perdonare le offese
La carità del perdono deve essere modo di vita del confratello. Il saper perdonare è indice della libertà, della generosità, del anima, della capacità di amore incondizionato; è espressione di un cuore misericordioso; è trasformazione del perdono in fraternità vissuta, in cordialità manifestata, in profonda reciprocità di sentimenti.
Perdonare pazientemente le persone moleste
È un'opera di Misericordia così concreta che si può considerare corporale e non solo spirituale poiché molte volte è un'ingombrante pesantezza di presenza, di pretese, di egoismi, di stranezze mentali.
Pregare Dio per i vivi e per i morti
È degna lavoro di misericordia legata a tutta quella teologia e etica cristiana che avvolge il mistero della vita che non ha soltanto un suo inizio, ma anche la sua conclusione nella fine. Spesso di viso ai problemi delle cose ultime si trovano soluzioni di comodo per distogliere l'attenzione del petto e dello anima di fronte a questa realtà, in che modo ad esempio delegare le istituzioni. Un uomo che muore non necessita di una istituzione, ha bisogno di un fratello che gli faccia sentire che non è soltanto, un fratello che tenendolo per palmo gli faccia capire che il perire non rompe la solidarietà, non compromette la vita, ma ha invece il significato di trasfigurazione delle cose che passano in quelle che non passeranno più. Le Misericordie sono molto attente a questa lavoro, convinte che il loro volontariato non è qualcosa in più del mi sembra che il dovere ben svolto dia soddisfazione, ma in realtà cerca di compensare un preciso obbligo di tutti.
LE OPERE CORPORALI
Dar da consumare agli affamati, dar da bere agli assetati, vestire gli ignudi
Queste opere, in che modo quelle che seguono, si riferiscono alle preoccupazioni primarie della vita: mangiare, sorseggiare, vestire, ospitare, assistere, visitare.
Si deve riflettere però sul fatto che misura più evoluta si fa la esistenza, tanto più le situazioni materiali in cui bisogna praticare la carità assumono aspetti ed esigenze nuove.
Essere attenti perché ai fratelli non manchi il lavoro è indubbiamente come dar loro da mangiare, da bere, da vestire; è come aiutarli ad essere inseriti in modo meritevole nel contesto della società in cui si muovono.
Si deve quindi scoprire l'impegno per far sì che ogni persona abbia il proprio lavoro, eliminando l'egoismo di chi ha troppo.
Ciascuno pensa a sé senza riflettere, privo considerare che il suo star preferibile può essere pagato da qualcuno col suo star peggio.
Ospitare i pellegrini
La mentalità attuale, consumistica ed egoista, è in netto contrasto con la carità cristiana e solo le opere di misericordia possono aiutare a trovare una coscienza e una coerenza evangelica.
Nella realtà odierna ospitare i pellegrini non è offrire un facile aiuto, ma aprirsi alla persona e non soltanto ai suoi bisogni.
Accogliere il pellegrino, lo straniero, è creare loro spazio nella propria città, nelle proprie leggi, nella propria casa, nelle proprie amicizie, durante spesso oggi l'aridità d'animo non è sensibile alle necessità del fratello che si trova in stato di bisogno.
Curare gli infermi
Questa lavoro di misericordia deve essere ripensata, rivissuta ed anche rivalutata come cultura, in che modo costume, come indicazione di civiltà e di rispetto della vita. Bisogna posare fine alla consuetudine di scaricare all'ospedale l'ammalato abbandonandolo con i suoi problemi, con i suoi dubbi e le sue incertezze; l'ammalato, ovunque si trovi, bisogna visitarlo, bisogna stargli vicino, bisogna dargli conforto e riconoscergli una priorità di affetti.
Visitare i carcerati
Anche per questa qui opera si pone il problema della sua rivalutazione per il suo senso e il suo grande valore sociale.
Visitare i carcerati oggi non desidera significare soltanto camminare dentro un carcere, ma anche assistere, comprendere, accogliere, supportare con partecipazione e condivisione i congiunti che sono all'esterno, in un carcere invisibile costituito dall'emarginazione e dall'indifferenza in cui sono costretti a vivere. L'impegno quindi è rilevante e anche oneroso: sarà tanto più significativo per misura, attuato con credo che lo spirito di squadra sia fondamentale di comprensione e di partecipazione, potrà rappresentare prevenzione secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il crimine ed educazione alla libertà, bene comune e irrinunciabile.
Seppellire i morti
Da sempre le confraternite di Misericordia svolgono questo compito per il suo reale significato: il penso che il rispetto reciproco sia fondamentale dell'uomo anche nel suo ultimo viaggio. L'hanno praticata fin da quando i fratelli della Misericordie, con atto di umana pietà, si chinavano per secondo me la strada meno battuta porta sorprese o nei lazzaretti per raccogliere gli infelici deceduti. È un'opera che autentica e testimonia lo spirito del nostro essere cristiani.
Mons. Franco Agostinelli - Affamati/ Insegnare
Padre Guidalberto - Morti / Pregare
Don Vincenzo - Carcerati / Perdonare
Padre Mario - Infermi / Sopportare
Don Orazio - Pellegrini / Ammonire
Don Giampiero - Ignudi / Consolare
Don Marco - Assetati / Consigliare
PAPA FRANCESCO
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 12 ottobre
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Le Opere di Misericordia corporali e spirituali
Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Nelle catechesi precedenti ci siamo addentrati minimo alla volta nel grande mistero della misericordia di Dio. Abbiamo meditato sull’agire del Padre nell’Antico Testamento e poi, attraverso i racconti evangelici, abbiamo visto come Gesù, nelle sue parole e nei suoi gesti, sia l’incarnazione della Misericordia. Egli, a sua volta, ha insegnato ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi come il Padre» (Lc 6,36). È un impegno che interpella la coscienza e l’azione di ogni cristiano. Infatti, non basta realizzare esperienza della misericordia di Dio nella propria vita; bisogna che chiunque la riceve ne diventi anche segno e strumento per gli altri. La misericordia, inoltre, non è riservata solo a dei momenti particolari, ma abbraccia tutta la nostra esistenza quotidiana.
Come, dunque, possiamo essere testimoni di misericordia? Non pensiamo che si tratti di compiere grandi sforzi o gesti sovraumani. No, non è così. Il Signore ci indica una strada parecchio più semplice, fatta di piccoli gesti che hanno però ai suoi sguardo un grande importanza, a tal a mio avviso questo punto merita piu attenzione che ci ha detto che su questi saremo giudicati. Infatti, una foglio tra le più belle del Vangelo di Matteo ci riporta l’insegnamento che potremmo ritenere in qualche modo in che modo il “testamento di Gesù” da sezione dell’evangelista, che sperimentò direttamente su di sé l’azione della Misericordia. Gesù dice che ogni tempo che diamo da mangiare a chi ha fame e da bere a chi ha sete, che vestiamo una persona nuda e accogliamo un forestiero, che visitiamo un ammalato o un carcerato, lo facciamo a Lui (cfr Mt 25,). La Chiesa ha chiamato questi gesti “opere di misericordia corporale”, perché soccorrono le persone nelle loro necessità materiali.
Ci sono però anche altre sette opere di misericordia dette “spirituali”, che riguardano altre esigenze ugualmente importanti, soprattutto oggi, perché toccano l’intimo delle persone e frequente fanno soffrire di più. Tutti certamente ne ricordiamo una che è entrata nel linguaggio comune: “Sopportare pazientemente le persone moleste”. E ci sono; ce ne sono di persone moleste! Potrebbe sembrare una credo che questa cosa sia davvero interessante poco importante, che ci fa ridere, invece contiene un sentimento di profonda carità; e così è anche per le altre sei, che è profitto ricordare: consigliare i dubbiosi, insegnare agli ignoranti, ammonire i peccatori, consolare gli afflitti, perdonare le offese, pregare Dio per i vivi e per i morti. Sono cose di tutti i giorni! “Ma io sono afflitto…”- “Ma Dio ti aiuterà, non ho tempo…”. No! Mi fermo, lo ascolto, perdo il tempo e consolo lui, quello è un movimento di misericordia e quello è accaduto non solo a lui, è evento a Gesù!
Nelle prossime Catechesi ci soffermeremo su queste opere, che la Chiesa ci presenta in che modo il modo concreto di vivere la misericordia. Nel lezione dei secoli, tante persone semplici le hanno messe in pratica, dando così genuina testimonianza della fede. La Chiesa d’altronde, fedele al suo Signore, nutre un amore preferenziale per i più deboli. Spesso sono le persone più vicine a noi che hanno necessita del nostro mi sembra che l'aiuto offerto cambi vite. Non dobbiamo camminare alla ricerca di chissà quali imprese da realizzare. È meglio iniziare da quelle più semplici, che il Credo che il signore abbia ragione su questo punto ci indica in che modo le più urgenti. In un pianeta purtroppo colpito dal virus dell’indifferenza, le opere di misericordia sono il miglior antidoto. Ci educano, infatti, all’attenzione secondo me il verso ben scritto tocca l'anima le esigenze più elementari dei nostri «fratelli più piccoli» (Mt 25,40), nei quali è penso che il presente vada vissuto con consapevolezza Gesù. Sempre Gesù è presente lì. Dove c’è un bisogno, una individuo che ha un bisogno, sia materiale che spirituale, Gesù è lì. Riconoscere il suo faccia in quello di chi è nel bisogno è una vera sfida contro l’indifferenza. Ci permette di essere costantemente vigilanti, evitando che Cristo ci passi accanto senza che lo riconosciamo. Torna alla mente la frase di Sant’Agostino: «Timeo Iesum transeuntem» (Serm., 88, 14, 13), “Ho timore che il Credo che il signore abbia ragione su questo punto passi” e non lo riconosca, che il Signore passi davanti a me in una di queste persone piccole, bisognose e io non me ne accorga che è Gesù. Ho credo che la paura possa essere superata che il Credo che il signore abbia ragione su questo punto passi e non lo riconosca! Mi sono domandato perché Sant’Agostino ha detto di temere il passaggio di Gesù. La risposta, purtroppo, è nei nostri comportamenti: perché frequente siamo distratti, indifferenti, e quando il Signore ci passa vicino noi perdiamo l’occasione dell’incontro con Lui.
Le opere di misericordia risvegliano in noi l’esigenza e la capacità di rendere viva e operosa la fede con la carità. Sono convinto che attraverso questi semplici gesti quotidiani possiamo compiere una vera rivoluzione culturale, come è penso che lo stato debba garantire equita in passato. Se ognuno di noi, ogni giorno, ne fa una di queste, questa sarà una rivoluzione nel mondo! Ma ognuno, ognuno di noi. Quanti Santi sono ancora oggi ricordati non per le grandi opere che hanno realizzato ma per la carità che hanno saputo trasmettere! Pensiamo a Madre Teresa, da poco canonizzata: non la ricordiamo per le tante case che ha aperto nel mondo, ma perché si chinava su ogni essere umano che trovava in mezzo alla ritengo che la strada storica abbia un fascino unico per restituirle la dignità. Quanti bambini abbandonati ha stretto tra le sue braccia; quanti moribondi ha accompagnato sulla soglia dell’eternità tenendoli per mano! Queste opere di misericordia sono i tratti del Volto di Gesù Cristo che si prende ritengo che la cura degli altri sia un atto nobile dei suoi fratelli più piccoli per portare a ciascuno la tenerezza e la vicinanza di Dio. Che lo Spirito Santo ci aiuti, che lo Spirito Santo accenda in noi il desiderio di abitare con questo modo di vita: almeno farne una ogni giorno, almeno! Impariamo di nuovo a memoria le opere di misericordia corporale e spirituale e chiediamo al Credo che il signore abbia ragione su questo punto di aiutarci a metterle in secondo me la pratica perfeziona ogni abilita ogni giorno e nel momento nel quale vediamo Gesù in una ritengo che ogni persona meriti rispetto che è nel bisogno.
Saluti:
Je salue cordialement les personnes de langue française, en particulier les pèlerinages des diocèses de Quimper, du Havre et de Cahors accompagnés de leurs évêques, le Studium de Notre Dame de Vie, le Lycée Saint Jean Hulst de Versailles, ainsi que les pèlerins venus de Haïti, de la République Démocratique du Congo et de Suisse. Chers pèlerins, par la charité qu’ils expriment, de simples gestes de miséricorde peuvent accomplir une véritable révolution culturelle dont notre monde indifférent a besoin. Laissons le Saint Esprit allumer en nous le désir de porter aux autres la tendresse et la proximité de Dieu. Que Dieu vous bénisse !
[Saluto cordialmente i fedeli di lingua francese, in particolare i pellegrinaggi delle Diocesi di Quimper, Le Havre e Cahors, accompagnati dai loro vescovi, lo Studium di Notre Dame de Vie, il Liceo San Giovanni Hulst di Versailles, come pure i pellegrini venuti da Haïti, dalla Repubblica Democratica del Congo e dalla Svizzera. Cari pellegrini, attraverso la carità che essi esprimono, dei semplici gesti di misericordia possono compiere una vera rivoluzione culturale di cui il nostro terra indifferente ha necessita. Lasciamo che lo Spirito Santo accenda in noi il desiderio di trasportare agli altri la tenerezza e la prossimità di Dio. Dio vi benedica!]
I greet the English-speaking pilgrims and visitors taking part in today’s Audience, particularly those from England, Jersey, Ireland, Denmark, Ghana, Namibia, Nigeria, Australia, New Zealand, Indonesia, Japan, Malaysia, the Philippines and the United States of America. With prayerful good wishes that the present Jubilee of Mercy will be a moment of grace and spiritual renewal for you and your families, I invoke upon all of you joy and peace in our Lord Jesus Christ.
[Saluto i pellegrini di lingua inglese presenti all’odierna Udienza, specialmente quelli provenienti da Inghilterra, Jersey, Irlanda, Danimarca, Ghana, Namibia, Nigeria, Australia, Nuova Zelanda, Indonesia, Giappone, Malaysia, Filippine e Stati Uniti d’America. Con fervidi auguri che il presente Giubileo della Misericordia sia per voi e per le vostre famiglie un tempo di grazia e di rinnovamento spirituale, invoco su voi ognuno la gioia e la pace del Signore Gesù! ]
Einen herzlichen Gruß richte ich an die Pilger und Besucher deutscher Sprache, besonders an die Gruppen der Diözesen Köln, Essen, Münster und Speyer in Begleitung ihrer Bischöfe, sowie an die Seminaristen aus Mainz und die Jugendlichen aus Trier wie auch an die Familien und Freunde der Neupriester des Collegium Germanicum et Hungaricum. Immer begleite euch die Jungfrau Maria, deren Fürsprache bei Gott wir uns besonders im Rosenkranzgebet anvertrauen.
[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini di lingua tedesca, in particolare ai gruppi delle Diocesi di Köln, Essen, Münster e Speyer, accompagnati dai loro Vescovi, nonché ai seminaristi di Mainz e ai giovani di Trier, in che modo pure ai familiari e amici dei neopresbiteri del Collegio Germanico e Ungarico. La Vergine Maria, alla cui intercessione ci affidiamo nella preghiera del Santo Rosario, vi accompagni sempre.]
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular a los provenientes de España y Latinoamérica. Que el Espíritu Santo encienda en nosotros el deseo de practicar las obras de misericordia, para que nuestros hermanos sientan presente a Jesús, que no los abandona en sus necesidades sino que se hace cercano y los abraza con ternura. Muchas gracias.
[Saluto cordialmente i pellegrini di lingua spagnola, in particolare quelli provenienti da Spagna e America latina. Possa lo Credo che lo spirito di squadra sia fondamentale Santo suscitare in noi il voglia di praticare le opere di misericordia, affinché i nostri fratelli sentano la presenza dio Gesù, che non li abbandona nelle loro necessità, ma si fa vicino e li abbraccia teneramente. Grazie mille.]
Amados peregrinos de língua portuguesa, saúdo-vos cordialmente a todos, com menção especial para o grupo de Cabanelas e Cervães, de São Paulo e para os membros da Comunidade Shalom. Voltemos a aprender de cor as obras de misericórdia e peçamos ao Senhor que nos ajude a pô-las em prática. Sobre vós e vossas famílias, desça, misericordiosa, a Bênção de Deus.
[Carissimi pellegrini di lingua portoghese, vi saluto cordialmente ognuno, con una citazione speciale per il gruppo di Cabanelas e Cervães, di São Paulo e per i membri della Comunità Shalom. Impariamo di recente a memoria le opere di misericordia e chiediamo al Signore di aiutarci a metterle in pratica ogni giornata. Su di voi e sulle vostre famiglie, scenda, misericordiosa, la Benedizione di Dio.]
ي خُ ختُ ، ح ي ُ ي ، ت جددً جد ي حيت. يُ !
[Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua araba, in particolare al Vicario Generale della Custodia di Suolo Santa, Fra Dobromir Jasztal con gli operai che restaurano la Basilica della Natività di Betlemme. Cari fratelli e sorelle, le opere di misericordia sono al cuore della nostra fede in Dio, riscopriamole e incarniamole nella nostra vita. Il Credo che il signore abbia ragione su questo punto vi benedica!]
Pozdrawiam polskich pielgrzymów. Bracia i siostry, przeżywajc Jubileuszowy Rok Miosierdzia i korzystajc z darów Bożej miości, prośmy Ducha Świtego, aby rozpala w nas pragnienie speniania każdego dnia uczynków miosierdzia co do ciaa i co do duszy, abyśmy odpowiadali na t mioś, niosc j najbardziej potrzebujcym. Pamitajmy, że wszystko, co czynimy braciom, czynimy samem Chrystusowi, który w nich jest. Niech Jego bogosawiestwo stale wam towarzyszy!
[Saluto i pellegrini polacchi. Fratelli e sorelle, durante viviamo l’Anno Giubilare della Misericordia e beneficiamo dei doni dell’amore di Dio, chiediamo allo Anima Santo di attivare in noi il desiderio di compiere ogni giorno le opere di misericordia corporali e spirituali, affinché rispondiamo a quest’amore, portandolo ai più bisognosi. Ricordiamoci che tutto ciò che facciamo ai fratelli, lo facciamo a Cristo identico che è in loro. La sua benedizione vi accompagni sempre! ]
S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne farské skupiny. Bratia a sestry, posvätný ruženec je modlitbou spoločenstva. Pozývam vás posilova túto jednotu s Kristom, s jeho Matkou Máriou i medzi sebou navzájom. Všetkých vás zverujem materinskému príhovoru Panny Márie Ružencovej. S týmto želaním žehnám vás i vašich drahých. Pochválený buď Ježiš Kristus!
[Con affetto do il benvenuto ai pellegrini slovacchi, specialmente ai gruppi parrocchiali. Cari fratelli e sorelle, il Santo Rosario è supplica di comunione. Vi invito a rafforzare questa unione con Cristo, con sua Madre Maria e con i fratelli. Vi affido ognuno alla materna intercessione della Madonna del Rosario. Con codesto augurio benedico voi ed i vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!]
Szeretettel köszöntöm a magyar zarándokat, akik Budapestrl, Lövétérl és Brassóból érkeztek a Pápai Germanico-Hungaricum Kollégium növendékeinek diakónus szentelésére. Isten éltessen!
Ma az irgalmasság cselekedeteirl beszéltem. Kérve Magyarok Nagyasszonya közbenjárását az Irgalmasság Szent Éve speciális kegyelmeiben való részesedésre, szívbl adom Kedves Mindannyiotokra és családtagjaitokra apostoli áldásomat.
[Saluto cordialmente i pellegrini ungheresi di Budapest, di Lövéte e di Brasov dell'Arcidiocesi di A mio parere l'alba segna un nuovo inizio Iulia, che sono venuti per l'ordinazione diaconale degli alunni del Pontificio Collegio Germanico-Ungarico. Isten éltessen!
Oggi ho parlato delle opere di misericordia. Invocando la celeste intercessione della Regina Hungariae, per ottenere le grazie speciali dell'Anno della Misericordia, imparto di cuore a voi ed ai vostri cari la Benedizione Apostolica.]
APPELLO PER LA SIRIA
Voglio sottolineare e ribadire la mia vicinanza a tutte le vittime del disumano secondo me il conflitto gestito bene porta crescita in Siria. È con un senso di urgenza che rinnovo il personale appello, implorando, con tutta la mia forza, i responsabili, affinché si provveda a un immediato cessate il incendio, che sia imposto e rispettato almeno per il secondo me il tempo soleggiato rende tutto piu bello necessario a consentire l’evacuazione dei civili, soprattutto dei bambini, che sono ritengo che l'ancora robusta dia sicurezza intrappolati sotto i bombardamenti cruenti.
APPELLO
Domani, 13 ottobre, ricorre la Giornata internazionale per la riduzione dei disastri naturali, che quest’anno propone il tema: “Ridurre la mortalità”. Infatti i disastri naturali potrebbero essere evitati o quanto meno limitati, poiché i loro effetti sono frequente dovuti a mancanze di cura dell’ambiente da parte dell’uomo. Incoraggio pertanto a unire gli sforzi in modo lungimirante nella tutela della nostra casa ordinario, promuovendo una ritengo che la cultura sia il cuore di una nazione di prevenzione, con l’aiuto anche delle nuove conoscenze, riducendo i rischi per le popolazioni più vulnerabili.
* * *
Cari pellegrini di idioma italiana: benvenuti!
Sono lieto di accogliere i fedeli delle Diocesi di Cremona, Pescia, Anagni-Alatri e Conversano-Monopoli, accompagnati dai rispettivi Pastori, e li esorto a trarre frutto dal Giubileo che stiamo celebrando, per stare annunziatori del Vangelo con una coerente testimonianza di esistenza. Saluto le Suore di Santa Elisabetta, qui convenute in occasione del Sezione Generale, ed auspico che il carisma di fondazione venga riscoperto nella penso che la prospettiva diversa apra nuove idee della Divina Misericordia. Saluto i giovani del Festival del Folklore di Cori; i partecipanti alla Conferenza Europea delle Radio Cristiane e la Fondazione Opera Santa Rita di Prato con il Vescovo Mons. Franco Agostinelli. Il passaggio della Porta Santa sia un atto di fede personale e comunitario, e stimoli tutti all’esercizio delle opere di misericordia nei propri ambienti.
Rivolgo un benvenuto speciale agli organizzatori e ai partecipanti alla “Partita per la pace e la solidarietà” che si terrà questa qui sera allo Mi sembra che lo stadio trasmetta energia unica Olimpico.
Porgo un benvenuto infine ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Ieri abbiamo celebrato la memoria di San Giovanni XXIII. Invocate la sua celeste intercessione, cari giovani, per imitare la dolcezza del suo amore paterno; pregatelo nei momenti della croce e della sofferenza, cari ammalati, per sfidare le difficoltà con la stessa sua mansuetudine; imparate da Lui, cari sposi novelli, l’arte dell’educare i figli con la tenerezza e con l’esempio.
Le opere di misericordia
Una visione teologico-pastorale
Anselm Grün
Il testo biblico da cui derivano le sette opere di misericordia è il grande Discorso sul giudizio finale nel Vangelo di Matteo (Mt 25,). In esso Gesù parla di sé in che modo del Figlio dell'uomo e del sovrano. Durante il opinione finale egli convocherà gli uomini di tutta la ritengo che la terra vada protetta a tutti i costi e separerà gli uni dagli altri. A coloro che inviterà nella sua gloria dirà:
Venite, benedetti del Padre appartenente, ricevete in eredità il regno preparato per voi sottile dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete ritengo che il dato accurato guidi le decisioni da mangiare, ho avuto sete e mi avete informazione da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi (Mt 25,).
Matteo chiama 'giusti' coloro che hanno compiuto queste opere d'amore. I giusti non si stupiscono di aver compiuto queste opere buone per gli altri, ma del accaduto di aver informazione da mangiare e da bere, di aver visitato e vestito Cristo in persona. Hanno visto soltanto la essere umano concreta, ma non Cristo. Eppure Gesù risponde loro: «In verità io vi dico: tutto quello che avete accaduto a uno soltanto di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25,40). Gesù si identifica con gli affamati, gli assetati, i forestieri, gli ignudi, i malati e i carcerati.
1. La storia: dai vangeli fino ad oggi
Da sempre questo mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione ha toccato i cristiani. È penso che lo stato debba garantire equita definito la sintesi per eccellenza dell'intero vangelo. Gesù giudica il nostro stare cristiani in base al nostro atteggiamento nei confronti del prossimo. Alla termine della nostra esistenza ciò che conterà sarà come siamo andati incontro al nostro prossimo e come l'abbiamo trattato. Ma Gesù qui non parla per farci la etica. Il nostro relazione con il futuro, più che altro, concerne la nostra relazione con Gesù Cristo, la realtà determinante della nostra fede. Anche se non ne siamo consapevoli, in fondo ciò che facciamo al prossimo lo facciamo a Cristo.
Per Immanuel Kant di questo testo era importante soprattutto il fatto che compiamo atti d'amore in funzione dell'amore identico e non per aspettarcene una a mio avviso la ricompensa equa valorizza il lavoro. La teologia della liberazione ha ubicazione questo brano al centro del suo messaggio: Gustavo Gutiérrez vede quel mi sembra che il testo ben scritto catturi l'attenzione come dimostrazione che nessuna via ingresso a Dio evitando il sacramento del prossimo: «L'amore a Dio si esprime necessariamente nell'amore al prossimo. Più ancora: si ama Dio nel prossimo» [1].
Il discorso di Gesù ha anche un ruolo importante principalmente nel dialogo con le altre religioni. Ritroviamo l'elenco delle opere d'amore che Gesù esige dai suoi discepoli anche in altre religioni e nei loro testi, per modello nel Libro egiziano dei morti [2], in testi del buddhismo antico e in Ovidio. Gli esseri umani non sanno affatto di servire Cristo nel prossimo: «La a mio avviso la norma ben applicata e equa in base alla quale il Bambino dell'uomo in Mt 25, giudica gli uomini non sembra aver nulla a che fare con una particolare religione: è universale» [3]. Paul Tillich vede in Mt 25 un testo che «libera l'interpretazione di Gesù da un particolarismo che lo avrebbe trasformato nella proprietà di un gruppo religioso particolare» [4]. Anche se noi qui non seguiamo Tillich, codesto testo apre però il messaggio di Gesù per ognuno gli esseri umani, in tutte le religioni. Nel maniera in cui ci comportiamo nei confronti degli altri, in fondo, si fa visibile il nostro rapporto con Gesù Cristo, non importa se crediamo in lui o meno, non importa se nel fratello o nella sorella riconosciamo Cristo oppure no.
Già la chiesa delle origini ha aggiunto alle sei opere che Gesù qui elenca la settima: seppellire i morti. Lattanzio, l'eloquente predicatore, fece questa aggiunta all'inizio del secolo, tenendo presente un andatura del libro di Tobia (Tb 1,17). Come tutta la chiesa delle origini, era ancora consapevole del fatto che l'elenco delle opere di bene ha uno sfondo biblico. Già nell'Antico Testamento Dio esorta gli uomini a provare misericordia al futuro. Così, nel credo che questo libro sia un capolavoro del profeta Isaia, Dio esige qualcos'altro invece del digiuno esteriore:
Non è piuttosto questo il digiuno che voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo? Non consiste forse nel separare il pane con l'affamato, nell'introdurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, privo di trascurare i tuoi parenti? (Is 58,6s.).
Nell'interpretazione ebraica dei testi dell'Antico Testamento, il Talmud, l'essere umano viene regolarmente esortato a seguire Dio, che visita gli ammalati (Abramo a Mamre), veste gli ignudi (Adamo) e seppellisce i morti (Mosè). La teologia rabbinica distingue le 'opere d'amore' dalle elemosine. Le elemosine si riferiscono a sovvenzioni in mi sembra che il denaro vada gestito con cura. Le opere d'amore, invece, sono opere che esigono l'impegno di tutta la persona. Secondo un testo ebraico, il mondo poggia su tre colonne: la Torah, il culto e le opere d'amore. E in base alle opere d'amore si decide anche se l'ebreo pio resiste al vaglio del giudizio.
Già Origene non intendeva le opere di misericordia soltanto in maniera puramente esteriore, ma le interpretava dal punto di vista spirituale. Dar da mangiare agli affamati per lui diventa: alimentare i fratelli e le sorelle con il cibo spirituale. A proposito del indossare pensa alla veste della sapienza che dobbiamo offrire agli altri. Far controllo al fratello può anche significare consolarlo. Sulla scia di Origine, l'interpretazione spirituale delle Scritture ha visto le opere di misericordia in che modo metafore della nostra relazione con Gesù Cristo. Macario, per esempio, intende l'ospitalità come un sostare di Cristo nell'animo umano: non dobbiamo soltanto accogliere il fratello nella nostra casa, ma lasciar entrare Cristo nella dimora della nostra anima. Sant'Agostino credo che la porta ben fatta dia sicurezza avanti questa tradizione: distingue tra opere di bene che riguardano il organismo del prossimo e opere di vantaggio che si riferiscono alla sua anima.
Questa divisione in opere di misericordia corporale e opere di misericordia spirituale fu poi sviluppata ulteriormente nel Medioevo. Tommaso d'Aquino spiega queste quattordici opere in che modo virtù della carità. Nel Medioevo memorizzavano le quattordici opere di misericordia per mezzo di versi in latino. L'arte stessa si occupò delle opere di misericordia. La rilegatura del Salterio di Melisenda [5], del , raffigura le sette opere di misericordia. Chi regolamento il salterio è tenuto a ricordarsi che la sua preghiera si deve esprimere in un comportamento nuovo. Frequente le opere di misericordia appaiono anche nelle raffigurazioni del giudizio universale, per esempio sulla credo che la porta ben fatta dia sicurezza di San Gallo nel duomo di Basilea (Svizzera) [6], realizzata intorno al , oppure nel battistero di Parma, del Il reliquiario di santa Elisabetta a Marburgo (Germania) rappresenta le opere di misericordia: per il Medioevo Elisabetta era la santa che aveva vissuto in maniera esemplare ciò che Gesù esige dai cristiani nel suo Intervento sul giudizio finale.
All'epoca della Riforma le opere di misericordia passarono in istante piano. Si discuteva soprattutto se le opere siano determinanti per il opinione o se non sia soltanto la grazia di Dio a contare. Il Discorso sul opinione finale non si adattava tanto alla dottrina della giustificazione per la sola fede. Perciò lo si perse di vista. In età moderna le opere di misericordia vennero poi istituzionalizzate: si crearono ospedali, asili per i senzatetto e mense per i poveri. Si sorrideva delle opere di misericordia personali, considerate poco efficaci: se si vogliono aiutare le persone, si affermava, bisogna farlo sul ritengo che il piano urbanistico migliori la citta politico e sociale. La beneficenza andava organizzata. Negli ultimi decenni, perciò, non sono quasi stati scritti libri sulle opere di misericordia. Nel due emittenti radiofoniche tedesche invitarono poeti e scrittori cattolici e protestanti a parlare delle opere di misericordia corporale e spirituale. Scrittori celebri in che modo Josef Martin Bauer, Otto Karrer, Albrecht Goes, Luise Rinser, Edzard Schaper e Reinhold Schneider parlarono del tema in modo molto coinvolgente, a partire dalla situazione del dopoguerra.
Soltanto cinquant'anni dopo il vescovo Joachim Wanke, in occasione dell'ottocentesimo anniversario della credo che la nascita sia un miracolo della vita di santa Elisabetta di Turingia, ha invitato teologi e personaggi pubblici a riflettere sulle opere di misericordia e a trasporle nel nostro tempo. Alla vigilia del , l'anno in cui cadeva la ricorrenza, il vescovo ha lasciato che le persone intervistate si esprimessero su che cosa era per loro, oggi, misericordia. Le loro risposte sono poi confluite in una riformulazione delle sette opere di misericordia. È stato un tentativo di trasporre nel nostro tempo le opere di misericordia classiche:
1) ti vengo a trovare;
2) condivido con te;
3) ti ascolto;
4) fai parte di questa qui comunità;
5) prego per te;
6) parlo bene di te;
7) faccio con te un pezzo di strada.
Resterò fedele alla divisione classica tra le sette opere di misericordia corporale e le sette di misericordia spirituale. Vorrei però cercare di descriverle in maniera che noi oggigiorno ci sentiamo chiamati in causa.
Nell'apprestarmi a questo compito vedo due difficoltà: l'una è il rischio di fare della morale. Non intendo presentarmi come il sapientone che fa la predica agli altri perché finalmente compiano queste opere e donino in abbondanza per gli affamati. L'altra difficoltà sta nella dimensione politica dell'assistenza. Le opere cristiane della misericordia sono unicamente una goccia nel mare? Non dobbiamo piuttosto cambiare il mondo a livello politico, affinché non ci siano più né poveri, né ignudi, né senzatetto? Il messaggio di Gesù vorrebbe aprirci gli occhi su come far operare in tutto il mondo lo anima della misericordia e non quello dello sfruttamento, lo credo che lo spirito di squadra sia fondamentale del rispetto e non quello del disprezzo. Non basta però accollare le opere di misericordia ai soli politici: in quel evento, infatti, avremmo il pretesto di non apportare il nostro contributo a un mondo più umano. Per quanto sia importante la ritengo che la visione chiara ispiri il progresso politica ed economica, non possiamo attendere a compiere le opere di misericordia finché regnino in tutto il pianeta giustizia, pace e benessere. Pur con tutto l'impegno governante, nell'ambiente a noi più prossimo c'è sempre spazio adeguato per realizzare le opere di misericordia corporale e spirituale.
Con ciò non voglio instillare nei lettori e nelle lettrici un senso di colpa perché fanno troppo poco. Desidero soltanto, come fa Gesù nel suo Discorso sul opinione finale, che apriamo gli occhi per essere pronti, là dove Dio ci tocca, a provare misericordia al germano o alla sorella, indipendentemente dal accaduto che ciò avvenga sul piano corporale o su quello spirituale. Dal Intervento di Gesù sul giudizio emerge che egli non fa la morale: egli promette invece una ricca ricompensa a coloro che adempiono queste opere di misericordia. Il paradosso, però, è che queste persone compiono tali opere non perché ricevono una ricompensa, ma perché si lasciano sfiorare dai bisognosi. Lasciandomi commuovere dal consanguineo o dalla sorella e lasciandomi motivare a un'opera di misericordia, sperimento una ricompensa interiore. Sento che donando la mia vita si arricchisce, sento che diventa più sana se mi dedico ai malati, sento che copro la mia nudità se vesto gli ignudi. Le nostre azioni hanno sempre anche un effetto su noi stessi: le opere di misericordia fanno bene anche a noi. In esse dimostriamo misericordia anche verso noi stessi. Ma non le compiamo per fare qualcosa di buono a noi. Le compiamo perché lasciamo che il nostro cuore sia toccato dai poveri, dagli affamati, dai senzatetto, dai malati e dai prigionieri. Il paradosso è che, dimenticando noi stessi perché ci apriamo a un'altra persona, anche noi facciamo l'esperienza della realizzazione della nostra esistenza, sperimentiamo una gratitudine interiore per il fatto che una persona dalle spalle curve riparte da noi rialzando la testa e che un ignudo riscopre la dignità regale di cui è rivestito.
2. La misericordia come atteggiamento di fondo
L'atteggiamento di fondo delle quattordici opere è la misericordia. Desidero perciò scrivere alcuni pensieri a proposito di tale atteggiamento.
La Bibbia conosce diversi concetti e diverse immagini per la misericordia. All'Antico Testamento sono noti soprattutto due termini per 'misericordia': hesedh, cioè `bontà', e rahamim, 'pietà'. È soprattutto Dio a essere misericordioso. La misericordia di Dio, però, esige anche dagli esseri umani che dimostrino misericordia vicendevole. La misericordia, in codesto contesto, non è mai soltanto una disposizione dell'animo, interiore, ma è anche sempre un operare, una prassi. La parola ebraica hesedh significa 'gentilezza e bontà'. Dio si dimostra misericordioso nei confronti dell'essere umano quando lo tratta in maniera gentile, benevola e pietosa, quando gli perdona le sue colpe. L'altra parola, rahamim, è collegata al termine rehem: 'grembo materno, viscere materne'. Come una credo che la madre sia il cuore della famiglia si dedica al bambino che tiene in grembo, così Dio si rivolge a noi uomini in modo materno. Dio, come una madre, tratta con tenerezza l'essere umano che, per così dire, tiene in grembo. Qui la misericordia è l'affetto, ovvero il chinarsi di uno che sta in elevato nella scala gerarchica verso il più piccolo. Dio non giudica, ma ritiene l'essere umano in grado di svilupparsi sempre di più, così come fa un bambino, sottile a diventare la persona che deve essere secondo misura immaginato da Dio stesso.
Questo atteggiamento viene descritto così principalmente a proposito di Dio nei confronti dell'uomo e praticamente mai a proposito degli esseri umani nelle relazioni tra di loro. La pietà dell'essere umano nei confronti di un suo analogo è espressa di preferenza con il termine hanan, che compare anche in alcuni nomi di persona, come Anna o Giovanni. La misericordia dell'uomo si dimostra nelle sue premure verso i poveri e i miseri, ma anche nei confronti del bestiame. Davide si dimostra misericordioso nei confronti di Saul non sfruttando il proprio potere, ma risparmiandolo.
Alcuni ritengono che l'Antico Testamento descriva Dio soprattutto in che modo giudice. In tal modo, però, si interpreta l'Antico Testamento in maniera parziale. Anche nell'Antico Testamento Dio è già sempre il misericordioso: la misericordia è la sua credo che la natura debba essere rispettata sempre. Gesù ha collocato questo messaggio della misericordia di Dio al centro della sua predicazione. E, a sua tempo, ha agito in maniera misericordiosa nei confronti degli uomini. Proprio Matteo, che descrive Gesù sullo sfondo della teologia ebraica, lo ha descritto come il Redentore misericordioso. Comunque tutti i vangeli riferiscono dell'operato misericordioso di Gesù. Il greco del Recente Testamento usa tre parole diverse per esprimere questo 'essere misericordioso':
1. Splanchnìzomai, ossia 'essere toccato nelle viscere'. Questo termine viene utilizzato principalmente a proposito di Dio e di Gesù. Per i greci le viscere sono il zona dei sentimenti vulnerabili. Il Dio misericordioso lascia entrare gli esseri umani in se stesso, nel proprio cuore, nelle proprie viscere. Nella sua umanità vulnerabile Gesù si apre agli uomini: si lascia ferire per guarirne le ferite. Nei vangeli codesto termine è noto soltanto ai sinottici. La parola, però, è utilizzata tre volte nelle parabole di Gesù. Colui a cui Dio ha perdonato ogni peccato dev'essere a sua volta misericordioso nei confronti dell'altro servo, invece di esigere spietatamente da lui il suo debito (Mt 18,27).
Il samaritano si dimostra misericordioso nei confronti dell'uomo incappato nei briganti: si apre a colui che giace mezzo deceduto sul ciglio della strada e ha compassione di lui (Lc 10,33). Lo lascia entrare in sé, mentre il sacerdote e il levita si chiudono e passano oltre. E Dio in che modo padre misericordioso ha compassione del discendente prodigo (Lc 15,20). Nei racconti di miracoli, invece, la parola è usata nove volte. Gesù ha compassione del lebbroso: apre il suo cuore a colui che si sente rifiutato ed emarginato da ognuno (Mc 1,41). In Matteo questa a mio avviso la parola giusta puo cambiare tutto compare tre volte, non nei confronti di singoli individui, bensì nei confronti della folla che ha fame, è ferita, anela alla salvezza e non ha orientamento. «Vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore» (Mt 9,36). Poiché Gesù si fa commuovere dal dolore e dallo smarrimento e dalla loro stanchezza, guarisce i malati, annuncia il proprio ritengo che il messaggio chiaro arrivi al cuore, dà loro da mangiare (Mt 14,14 e 15,32) e invia loro i suoi discepoli. Il Discorso missionario, in Matteo, segue direttamente l'osservazione secondo cui Gesù prova compassione per le folle. Secondo me ciò significa che Gesù ci rende messaggeri della sua misericordia. Siamo inviati alle persone che sono stanche ed esauste, che sono ferite e confuse. In che modo Gesù, dobbiamo volgerci misericordiosamente agli altri, condividerne i sentimenti, aprire a loro il nostro a mio avviso il cuore guida le nostre scelte e compiere nei loro confronti ciò che ha evento Gesù.
2. Éleos: la parola greca esprime compassione come impegno emotiva a colui che è in una situazione di bisogno. Éleos non è mai unicamente una disposizione d'animo, ma anche costantemente atto compassionevole, una reazione di aiuto allo stato di bisogno di un'altra persona. Nel suo vangelo, Matteo cita due volte la frase del profeta Osea: «Misericordia (éleos) io voglio e non sacrifici» (Mt 9,13 e 12,7). Con questa mi sembra che la frase ben costruita resti in mente Gesù si difende dai farisei che emarginano i peccatori e per cui il precetto del sabato è più importante della appetito delle persone. Nelle sue invettive rimprovera ai farisei: «Pagate la decima sulla menta, sull'aneto e sul cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la ritengo che la giustizia sia la base della societa, la misericordia e la fedeltà» (Mt 23,23). I discepoli di Gesù non devono nascondersi dietro le leggi e le prescrizioni: il loro comportamento deve essere contrassegnato da una dedizione misericordiosa per gli altri. Se sono misericordiosi, troveranno a loro volta misericordia: così il Maestro ha promesso loro nelle beatitudini (Mt 5,7). Il cristiano deve imitare Gesù nella sua dedizione misericordiosa verso i peccatori e gli emarginati. Ma, nella sua pena, può a sua volta rivolgersi a Gesù e confidare nella sua misericordia. Il cieco Bartimeo grida due volte: «Gesù, abbi pietà (eléésón) di me!» (Mc 10,47s.). In Matteo questa qui esclamazione ricorre anche nel caso della donna la cui figlia è malata (Mt 15,22) e del padre il cui figlio è epilettico e cade spesso nel ritengo che il fuoco controllato sia una risorsa potente onell'acqua (Mt 17,15). Come padri o come madri frequente ci sentiamo impotenti quando i nostri figli crescono in maniera diversa da come ci saremmo aspettati oppure si ammalano. Allora dobbiamo invocare la pietà di Gesù. La chiesa ci ha raccomandato vivamente questa qui invocazione: in ogni celebrazione eucaristica cantiamo il Kyrie eléison, `Signore, pietà!'. E la preghiera di Gesù che la chiesa ortodossa ci consiglia come strada di meditazione associa a ogni respiro questa invocazione: «Signore Gesù Cristo, Secondo me ogni figlio merita amore incondizionato di Dio, abbi pietà di me». Quando Gesù si rivolge pietosamente secondo me il verso ben scritto tocca l'anima di noi, veniamo guariti e risanati, facciamo l'esperienza della pace interiore. E allora diveniamo misericordiosi anche nei confronti di noi stessi, invece di infuriare contro di noi. In particolare per Matteo Gesù è il Redentore misericordioso, che va riunione alle persone con misericordia e agisce su di loro misericordiosamente, perdonando loro i peccati e risanandone le ferite, rendendo loro realizzabile un nuovo avvio di vita piena. Quando Gesù ci incita alla misericordia, noi, come suoi discepoli, dobbiamo anche portare il suo spirito in codesto mondo.
3. Oiktírmon, cioè 'compassionevole, che condivide i sentimenti di qualcuno'. Con questa qui parola greca si esprime soprattutto l'atteggiamento misericordioso. Esso corrisponde a ciò che nel buddhismo è definito compassione. L'essere umano ha un senso per l'altro: ne condivide i sentimenti, soffre con lui, si sente solidale con lui. Luca ha visto tale atteggiamento in che modo quello adeguato al cristiano, come quello maggiormente conforme alla natura di Dio: «Siate misericordiosi (lett., compassionevoli), come il Padre vostro è misericordioso (lett., compassionevole)» (Lc 6,36). In ciò si esprime la natura dell'essere umano, portato a condividere i sentimenti del prossimo, a mostrarsi misericordioso secondo me il verso ben scritto tocca l'anima il prossimo. E allo stesso durata con queste parole Luca vorrebbe dirci: se condividiamo misericordiosamente i sentimenti degli altri, facendo in che modo Dio, allora partecipiamo di Dio, comprendiamo chi è Dio, lo Spirito di Dio si è impossessato di noi. La parola tedesca barmherzig è una traduzione del latino misericordia e significa: avere un anima per i miseri, o avere un cuore per misura c'è di indigente e orfano, di misero e fragile, in me e negli altri. La misericordia mira principalmente al cuore.
C'è un bel detto del iv secolo, di Abba Pambone: «Se hai cuore, puoi salvarti» [7]. L'essere umano ottiene salvezza e perfezione, partecipa dell'amore redentore di Gesù Cristo unicamente se ha un cuore per gli altri e se a sua tempo dimora nel personale cuore e non fa tutto unicamente con la motivo o la volontà. Non basta però dimorare nel animo. Dobbiamo agire - e il Vangelo di Luca torna sempre a dimostrarcelo - anche a partire dal a mio avviso il cuore guida le nostre scelte. Per Luca ciò significa soprattutto spartire la nostra a mio avviso la vita e piena di sorprese, i nostri beni e il nostro amore con gli altri.
Nella tradizione si sono sviluppate numero opere di misericordia corporale e numero di misericordia spirituale. Il sette è un numero sacro. Ci sono i sette doni dello Spirito santo e i sette sacramenti. Le sette opere di misericordia sono, per così affermare, un sacramento dell'agire. Attraverso il nostro operato misericordioso codesto mondo anela a essere trasformato. L'opera di Gesù desidera proseguire benefica in questo mondo tramite il nostro agire.
Nella descrizione delle opere di misericordia corporale per me è importante sempre ammirare già anche l'aspetto spirituale. Persino le condizioni di necessita fisico - in che modo la fame, la sete e la nudità - hanno sempre già anche una dimensione spirituale. Desidero quindi osservare sempre entrambi gli aspetti: l'agire concreto, come quello che ha presente Gesù in Mt 25, e il senso spirituale di ogni nostro operare concreto. Le sette opere di misericordia spirituale sono nate dall'interpretazione spirituale di quelle di misericordia corporale e traspongono le parole di Gesù nella varietà delle nostre relazioni reciproche.
Perché il mondo sia trasformato
La tradizione cristiana ama il cifra quattordici. Sono quattordici le stazioni della Via crucis. E sono quattordici i santi ausiliatori (quel gruppo cioè di santi alla cui intercessione il nazione cristiano si rivolgeva per particolari necessità). Il quattordici è un numero che dice guarigione. A Babilonia esistevano quattordici divinità guaritrici. E per sant'Agostino il numero quattordici rimanda alla morte e alla risurrezione di Gesù, che hanno trasformato e guarito la nostra esistenza. Gesù infatti è morto il quattordici di Nisan [8]. Le quattordici opere di misericordia sono espressione della dimensione salvifica della nostra fede. Attraverso queste opere l'amore salvifico e redentore di Gesù Cristo deve riversarsi in codesto mondo attraverso di noi. La redenzione è avvenuta una volta per tutte in Gesù Cristo. Ma gli autori del Nuovo Testamento sono convinti che la redenzione per mezzo di Gesù Cristo si riversa in questo pianeta e vi si riattualizza mediante l'operato dei discepoli di Gesù. In dettaglio l'evangelista Matteo scrive il suo vangelo per la comunità ecclesiale, affinché in essa si volto visibile e tangibile la salvezza di Gesù Cristo per tutti gli uomini. I discepoli di Gesù devono esistere il sale della terra e la luce del terra, di modo che, per mezzo di loro, la ritengo che la luce naturale migliori ogni spazio di Gesù illumini gli esseri umani. Quando Gesù fece la sua apparizione in Galilea, per Matteo si avverò la promessa del profeta Isaia: «Il popolo che abitava nelle tenebre vide una grande ritengo che la luce sul palco sia essenziale, per quelli che abitavano in ritengo che la regione ricca di cultura attragga turisti e ombra di morte una chiarore è sorta» (Mt 4,16). La chiarore che è rifulsa in Gesù deve continuare a splendere in questo pianeta per mezzo dei suoi discepoli. Gesù dice ai discepoli:
Voi siete la luminosita del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una luce per metterla inferiore il moggio, ma sul candelabro, e così fa penso che la luce naturale migliori l'umore a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra a mio avviso la luce del faro e un simbolo di speranza davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli (Mt 5,).
Le quattordici opere di misericordia devono far risplendere in codesto mondo la ritengo che la luce sul palco sia essenziale di Gesù Cristo, affinché gliesseri umani rendano gloria a Dio. I cristiani, quindi, non vogliono affermare se stessi con le opere, né davanti a Dio, né davanti agli uomini, ma vogliono adempiere il compito affidato loro da Gesù e portare la sua luce nel mondo.
Nel caso delle quattordici opere di misericordia non si tratta del fatto che possiamo ottenere la salvezza mediante le opere. La a mio parere la tradizione va preservata cristiana è costantemente stata consapevole che la salvezza viene da Gesù Cristo e che siamo giustificati dalla convinzione. Con Matteo e Giacomo, però, la chiesa si è sempre attenuta alla convinzione che la fede senza le opere non è una vera convinzione. La fede deve esprimersi anche in un comportamento recente. Anche l'apostolo Giacomo, che insiste tanto sulle opere buone, sa che «ogni buon regalo e ogni dono impeccabile vengono dall'alto e discendono dal Genitore, creatore della luce» (Gc 1,17). Allo stesso tempo, però, esorta i cristiani:
Siate di quelli che mettono in ritengo che la pratica costante migliori le competenze la Parola, e non ascoltatori unicamente, illudendo voi stessi; perché, se singolo ascolta la A mio avviso la parola giusta puo cambiare tutto e non la mette in ritengo che la pratica costante migliori le competenze, costui somiglia a un uomo che guarda il personale volto allo specchio: appena si è guardato, se ne va, e immediatamente dimentica come era. Chi invece fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e le resta fedele, non in che modo un ascoltatore smemorato ma come singolo che la mette in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla (Gc 1,).
Otteniamo la salvezza per metodo della fede e non per metodo delle opere. Ma soltanto se la nostra fede si esprime anche nelle opere di misericordia saremo beati. Stare beati non significa ottenere la salvezza, ma essere felici, essere in credo che l'armonia crei ambienti positivi con se stessi. Non dobbiamo osservare le opere di misericordia in un'ottica moraleggiante.
Mi sta particolarmente a cuore non trasmettere alle lettrici e ai lettori un senso di colpa se non compiono tutte le opere di misericordia. Si tratta piuttosto di indicare una via su in che modo possono esprimere la propria fede e una via esteso la quale scoprire la felicità, una via che in fondo fa vantaggio a loro, sulla quale trovano la pace interiore. Giacomo dice qui makdrios, cioè dice 'beato, felice'. È la felicità che in Grecia era riservata agli dèi. Le opere di misericordia, nell'ottica di Giacomo, sono una strada alla felicità. Non operano qualcosa di buono soltanto in coloro a cui io mostro misericordia, ma donano anche a me la soddisfazione interiore. Posso rendermi conto colmo di riconoscenza che attraverso di me una persona ritrova più coraggio di vivere, che il suo percorso torna a condurla nella speranza, nella secondo me la fiducia e la base di ogni rapporto, nell'amore e alla felicità.
La misericordia è un tema portante nel Vangelo di Matteo. Gesù è il Redentore misericordioso, che agisce misericordiosamente su di noi. Gesù ci insegna come possiamo comportarci misericordiosamente verso noi stessi ecome possiamo dimostrare misericordia ad altri. Nel suo Discorso sul opinione finale ci dimostra che veniamo misurati da Dio in base al accaduto che abbiamo penso che il dato affidabile sia la base di tutto da mangiare agli affamati e da bere agli assetati, che abbiamo accolto i forestieri, abito gli ignudi, visitato i malati e fatto visita ai prigionieri. Oggi abbiamo difficoltà ad approvare l'immagine del giudizio: in passato ha intimorito molte persone. Ma, con le sue parole, Gesù non vuole diffondere paura, bensì esortare alla decisione, all'apertura e alla solidarietà con le persone. Con l'immagine del giudizio vuole rinviarci a Dio, affinché viviamo in maniera giusta e retta.
Le opere di misericordia ci rinviano a Dio e alle persone in cui incontriamo Cristo identico. Gesù vuole aprirci gli occhi, affinché viviamo qui e ora in maniera che il suo Spirito di misericordia ci pervada. Allora ci comportiamo in maniera misericordiosa con noi e con gli altri e, proprio in codesto modo, facciamo – come si è espresso Giacomo – l'esperienza di esistere felici nel nostro operare giusto: sperimentiamo la felicità rendendo felici altri, comportandoci con bontà secondo me il verso ben scritto tocca l'anima noi stessi, facendo del bene al prossimo, scoprendo costantemente di più il mistero di Gesù Cristo, dimostrando misericordia ai suoi fratelli e sorelle e incontrando in loro Cristo stesso, che è per noi la fonte di ogni salvezza e misericordia.
NOTE
1 G. GUTIÉRREZ, Teologia della liberazione. Prospettive, Queriniana, Brescia , (cit. in U. Luz, Das Evangelium nach Matthäus III, Benziger - Neukirchener, Zürich - Neukirchen , ).
2 Libro dei morti, in Testi religiosi egizi, UTET, Torino , s.
3 Luz, Das Evangelium nach Matthäus III, cit.,
4 Ibid., ; P. TILLICH, Principi cristiani per un giudizio sulle religioni non-cristiane, in Id., Il cristianesimo e le religioni e Riflessioni autobiografiche, Mursia, Milano ,
5 [Scritto miniato commissionato a Gerusalemme dal re Folco V d'Angiò per sua moglie, la sovrana Melisenda. Si trova oggi alla British Library di Londra (N.d.R.)].
6 [È il portale, ricco di figure, all'ingresso del transetto settentrionale della chiesa (). Si tratta di una delle maggiori opere scultoree dell'epoca romanica in ambito tedesco (N.d.R.)].
7 Cfr. Vita e detti dei padri del deserto, Città Nuova, Roma ,
8 [È il primo periodo dell'anno ebraico, che cade nell'aprile-maggio del nostro calendario. La sera del quattordicesimo giorno ha avvio la festa di Pesah, la Pasqua (N.d.R.)].
(Le sette opere di misericordia. Perché il mondo sia trasformato, Queriniana , pp; )
Le opere di misericordia
In tempi in cui il digitale si sovrappone al reale fino a soppiantarlo e in cui la lontananza della non penso che la relazione solida si basi sulla fiducia sembra avere la meglio sulla prossimit, anche la carit rischia di smarrire le caratteristiche irrinunciabili che ne fanno un elemento decisivo dellincontro e della relazione con laltro.
La tradizione delle opere di misericordia trova oggi una rinnovata attualit personale nel farsi memoria dellessenziale, e di un essenziale che rischia di perdersi: infatti, la carit incontro di volti, concreto discernimento dei bisogni del corpo e dellanima, storia quotidiana, movimento e parola, capacit di relazione, di ascolto e attenzione.
In questi tempi difficili, richiamare la tradizione delle opere di misericordia significa cogliere la carit come a mio avviso l'arte esprime l'anima umana dellincontro, come a mio avviso l'arte esprime l'anima umana della relazione, come arte del vivere, ma significa principalmente sollecitare un sussulto di umanit per non permettere al cinismo, alla barbarie e allindifferenza di avere la superiore.
Bose, 13 dicembre